Cappella di S. Pietro Martire
Questa cappella fu certamente dedicata a San Pietro martire fin dagli inizi della chiesa, perché la sua immagine vi si trova raffigurata nel capitello trecentesco della semicolonna che separa questa cappella da quella del Rosario.
Un documento del 1448 la dice di patronato dei Dodoli, ma poi passò a Pietro e Andrea Villa: sui capitelli dell’arco d’ingresso, infatti, compare lo stemma di quella famiglia. Nel 1531 i frati la concessero ai Bernardi.
L’altare in marmo è ottocentesco. Le due statue che lo fiancheggiano, provenienti dalla chiesa di Santa Margherita (già delle monache Domenicane) rappresentano i domenicani San Ludovico Bertrand e il Beato Giacomo da Varazze (l’autore della “Leggenda Aurea”).
Sulla parete sinistra della cappella si può ammirare un delicata “Fuga in Egitto”, copia della “Madonna della Scodella” del Correggio conservata a Parma. Identici all’originale sono i gesti della Madonna, del Bambino e di San Giuseppe, ma molto semplificati sono il panneggio e lo sfondo, dove sono scomparsi gli angeli che nell’originale del Correggio affollano il cielo e dove, invece, sono messe in risalto le palme che giustificano il nuovo titolo dell’opera.
Probabilmente si tratta di una delle copie di capolavori famosi delle quali nel 1641 il priore Giacinto Broglia volle dotare la chiesa di San Domenico, facendole appendere lungo la navata centrale.
Sopra la “serliana” che separa questa cappella da quella della Madonna del Rosario è stato trasferito (dalla cappella di Santa Caterina, dove si trovava nel 1961, allorché il Guarienti scrisse la sua opera sulla chiesa di San Domenico) un quadro che raffigura La Sacra Sindone sorretta da Angeli (uno imponente al centro, con le ali spiegate, e due per parte ai lati).
Opera sicuramente uscita dalla scuola del Moncalvo, viene attribuita ad Orsola, una delle due figlie suore del pittore, che dopo la morte del padre ne perpetuò a lungo in Piemonte lo stile pittorico, molto apprezzata anche dagli ambienti della Corte di Torino. Caratteristiche del suo pennello sono una maggiore delicatezza dei volti e degli atteggiamenti e un uso molto insistito di fiori e di altri particolari minuti.
La pala dell’altare è opera del Moncalvo. Raffigura San Pietro da Verona, frate domenicano (il nome al secolo era Pietro Rosini), con un coltello piantato sulla testa e nell’atto di abbracciare il Crocifisso. Fu con un colpo sferrato sul capo, infatti, che nel 1252 venne martirizzato nei pressi di Meda (Como) dagli emissari di gruppi di eretici lombardi che andava a catechizzare.
Il Crocifisso è circondato da angioletti svolazzanti. Lo sfondo è costituito da un paesaggio montuoso con ai piedi un villaggio descritto con ricchezza di particolari: un castello, una chiesa, numerose case, il tutto all’interno di una cinta muraria.
Forse con eccessiva generosità questo quadro in passato è stato giudicato fra i capolavori del Moncalvo. Guarienti, infatti, riferisce di una relazione del 1650 (del padre R. Rossi, ndr.) secondo la quale “questa incona ossii quadro… è opera del Moncalvo ed è riputata delle più belle opere che lui in tutte le sue pitture abbia fatto”. Ma nemmeno lo studioso domenicano sembra essere di questo parere, anche se attribuisce i limiti dell’opera al fatto che “… circa il 1898 p. Rovej ritoccò il panneggio e un po’ anche i putti che però neppur prima erano troppo belli; inoltre vi aggiunse ex novo la chiesa che si trova in basso a sinistra copiando da una cartolina un oratorio della Liguria e dal vero il campanile della nostra chiesa”.
Alla stessa serie di opere appartiene la “Natività”, un quadro delle stesse dimensioni del precedente e collocato alla sua destra: è anch’esso copia di un originale del Correggio che si trova nella Gemäldegalerie di Dresda.
È diversa dall’originale in più di un particolare: come fa notare il Guarienti, gli angeli sono spostati da sinistra a destra. Inoltre, è molto più “povera” dell’originale: lo stesso gruppo degli angeli risulta molto ridotto e meno movimentato, molto più sommario è il panneggio, meno delicato è il volto della Vergine, meno espressivi quelli dei pastori, meno “vero” il loro gestire.
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