Cappella della Sacra Famiglia e dei Santi Innocenti martiri
Situata a destra dell’ingresso, prima del 1752 questa cappella non esisteva: è un prodotto dell’intervento di Bernardo Vittone sulla parte anteriore delle navate e sulla facciata.
Originariamente dedicata a San Bernardino da Siena, il Santo Francescano che, secondo la tradizione, nel 1418 aveva predicato sul piazzale antistante la chiesa, lo è stata poi a San Giuseppe. Nella seconda metà dell’Ottocento sopra l’altare era esposto il quadro dell’Immacolata Concezione, protettrice della Compagnia dei Fustanieri, dipinto nel XVII secolo da Antonio Andrietto e oggi conservato nella casa parrocchiale.
CACCIA ORSOLA MADDALENA, Sacra Famiglia e Strage degli Innocenti (1630 ca.)
Questa pala era collocata nella cappella dei Santi Innocenti, di patronato dei Valfredo di Vinadio, oggi cappella della Consolata. Venne trasferita sulla parete di fondo della chiesa, a destra dell’ingresso per poi, molto recentemente, trovare la collocazione attuale.
Sicuramente uscita dall’entourage del Moncalvo, attribuita alla figlia Orsola Maddalena, è divisa verticalmente in due parti, con due scene totalmente contrastanti nei soggetti e nelle atmosfere. In quella di sinistra è rappresentata la Sacra Famiglia, collocata in primo piano, con i consueti angioletti che le volteggiano attorno, uno dei quali, con vassoio e bicchiere, serve addirittura da bere ai protagonisti: un quadretto familiare dal clima intimo e sereno in un ambiente ristretto e raccolto.
Con esso contrasta fortemente la raffigurazione della Strage degli Innocenti della parte destra del quadro: una scena tragica, dal movimento convulso, sullo sfondo di una città la cui architettura caotica sembra volerne sottolineare la tragicità e il movimento.
CACCIA GUGLIELMO (Il Moncalvo), L’Eterno Padre (1615 ca.)
Sulla parete destra della cappella è stato collocato un quadro, in passato conservato nei locali della canonica, che raffigura il busto dell’Eterno Padre che emerge dalle nubi.
Nella parte inferiore un cartiglio riporta le parole che, secondo il Vangelo di Matteo (Mt, 17, 1-8) Dio Padre (citando il profeta Isaia, 42,1-4) pronunciò al momento della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor: “Hic est Filius meus dilectus in quo mihi bene complacui, ipsum audite”(“Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo”). Evidentemente, secondo una prassi molto frequente, questo dipinto era stato dipinto per essere collocato sopra un altro raffigurante la Trasfigurazione di Cristo.
Sotto la scritta, però, se ne intravede un’altra, che l’artista ha inteso cancellare ma che con il tempo è ricomparsa, che sembra la parafrasi di un passo del Cantico dei Cantici (5,2): “Immaculata mea, pete, quod vis impetra…” (“Immacolata mia, chiedi, domandami ciò che vuoi…”). Questo significa che l’artista ha avuto un ripensamento, e che prima di esso il quadro avrebbe dovuto sormontare, completandola, una pala dell’Immacolata Concezione.
Per le caratteristiche stilistiche l’opera viene attribuita al Moncalvo. Potrebbe esserne una conferma il fatto che nell’inventario delle opere del maestro che si trovavano nel suo atélier al momento della sua morte è elencato anche “Dio Padre dal mezzo in su”. Quel quadro, per vie che non conosciamo, potrebbe essere giunto nella chiesa di San Giorgio. Comunque, se è così, non sappiamo quando ciò sia accaduto né la data di esecuzione del bel dipinto.
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