Chieri, i resti della chiesa longobarda ‘smontata’: perché non ‘rimontarli’ in un museo nell’ex Tabasso?
Che fine hanno fatto, e come potrebbero essere utilizzati, i resti della chiesa longobarda rinvenuti nel 2007 in occasione dello scavo per costruire la nuova manica dell’ospedale di Chieri?
Laureata in lettere e specializzata in archeologia medievale, Laura Vaschetti, consigliera comunale Pd, è voce tra le più autorevoli per illustrare la questione. L’abbiamo intervistata per 100torri.it.
-E’ vero che presso i depositi dell’area ex- Tabasso sono tuttora conservati i resti della chiesa medievale rinvenuta in piazza Silvio Pellico?
“In effetti è così, la chiesa smantellata è da anni conservata presso i depositi. Come molti ricorderanno, due campagne di scavo archeologico preliminari alla costruzione dei nuovi padiglioni dell’ospedale di Chieri, la prima del 1999, la seconda eseguita tra il giugno 2007 e il settembre 2009, portarono alla luce un edificio di culto – di cui non si aveva notizia su base documentaria – rinvenuto nella quasi totalità solo in fondazione e ormai privo del piano di calpestio. La chiesa presentava una sola navata, con abside a semicerchio oltrepassato (lunghezza totale m 43, larghezza m 13); le murature erano state realizzate utilizzando ciottoli di fiume, frammenti di anfore e laterizi di reimpiego, alternati a corsi di argilla. Non fu ovviamente possibile stabilire in quale modo la struttura si sviluppasse in elevato, né sapere se presentasse caratteristiche monumentali; in ogni caso, secondo gli esperti della Soprintendenza, si trattava di un edificio altomedievale la cui distruzione era avvenuta anteriormente al X secolo.”
-Perché si è pensato a un edificio legato ai Longobardi ?
“Quando i Longobardi giunsero in Italia nel 568 d.C. erano già convertiti al cristianesimo ariano e nel corso del VII secolo aderirono completamente al cattolicesimo , sviluppando parallelamente l’uso di seppellire i defunti all’interno o nei pressi degli edifici di culto. La tomba più importante dell’edificio chierese , localizzata al centro dell’abside, ha restituito resti datati al radiocarbonio fra il 560 e il 700 d.C.. Anche nell’area esterna, lungo il perimetro dell’abside, si è individuata una serie di tombe, una delle quali apparteneva a una donna di circa 40 anni (la cosiddetta “dama” della Tomba 2) sepolta con orecchini in argento e con un pettine in osso. All’interno di un’altra sepoltura, il rinvenimento di una fibbia per cintura in bronzo di tipo “Aldeno”, collocabile nella seconda metà del VII secolo – una tipologia attestata in diversi esemplari nella necropoli longobarda di Testona – fornisce un’ulteriore conferma della cronologia e dell’appartenenza etnica degli inumati. La maggior parte delle tombe erano sepolture plurime, cioè utilizzate più volte probabilmente per soggetti della stessa famiglia; i resti scheletrici appartenevano a circa 120 individui (27 bambini e adolescenti, 92 adulti tra cui 53 uomini, 30 donne e 9 non determinabili) ed erano in cattive condizioni, anche perché risultavano rimaneggiati in antico e in parte dispersi. La maggior presenza di sepolture maschili si spiega con il costume funerario delle genti longobarde cristianizzate di inumare all’interno delle chiese cimiteriali o nelle loro immediate vicinanze i personaggi più importanti della comunità, quindi prevalentemente uomini adulti o di età avanzata a capo delle famiglie di rango. Studiati a cura della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, i resti ossei hanno fornito risultati interessanti. Presentano ad esempio alterazioni degli arti inferiori tipiche della pratica dell’equitazione, alterazioni della clavicola compatibili con l’ addestramento all’uso della spatha e della lancia in giovane età, patologie traumatiche, quali fratture agli arti, ma anche lesioni craniche con esiti mortali. Mostrano un quadro compatibile con uno stile di vita caratterizzato da un’attività fisica intensa e spesso violenta, perché probabilmente ancora legato alla conquista del territorio.
Le numerose patologie dentarie (la “dama” della Tomba 2 soffriva di ben 10 carie) erano invece probabilmente dovute al cambiamento di alimentazione di questo popolo, che al suo arrivo in Italia diminuì il consumo di carne e latte a favore dell’aumento dei carboidrati contenuti nei cereali e nel vino, fatto che comportò un minore apporto di proteine, ma anche di calcio.”
-Si può pensare alla ricostruzione dell’edificio in piazza Silvio Pellico ?
“Nell’alto medioevo, quando della città romana di Carreum Potentia restavano pochi resti soggetti a spoliazione, la zona in cui sorgeva la chiesa ( piazza Pellico , via Demaria , Duomo) era un’area cimiteriale, come già suggerito dalle sepolture rinvenute molti anni fa nell’area della fabbrica Gaidano e sotto il Battistero. In seguito il cimitero fu abbandonato , la chiesa distrutta, il materiale edilizio asportato e nello stesso sito si sviluppò la vita della città medievale e postmedievale creando realtà via via diverse, sino alla situazione attuale.
L’archeologo, quando opera in un sito pluristratificato qual è in particolare la realtà urbana, si trova di fronte a fasi di vita, di abbandono, di distruzione, di spoliazione e di ricostruzione. Il principale scopo della sua ricerca è proprio la restituzione di tali fasi e generalmente, per indagare le fasi più antiche, è costretto a distruggere quelle più recenti ad esse sovrapposte. La moderna archeologia è tuttavia dotata di tutti gli strumenti necessari per documentare al meglio ciascun periodo (scavo stratigrafico, rilievo, fotografia, georeferenziazione ..) e per recuperare e studiare in laboratorio i reperti. Al termine dello scavo stratigrafico della chiesa cimiteriale longobarda, non appariva pertanto grave agli addetti ai lavori immaginare che essa potesse essere demolita, ma si sviluppò un movimento di accesa protesta sostenuto da alcuni cittadini chieresi, i quali ritenevano più opportuno conservarla. Questo portò alla rimozione della struttura numerando ogni singolo elemento delle murature per rendere possibile una loro ricostruzione e tali elementi sono tuttora conservati presso l’area della ex-Tabasso. Il costo dell’intera operazione fu elevato e consideriamo che altrettanto costosi sarebbero l’eventuale rifacimento (se non erro alcuni anni fu stimata una cifra di 250.000 euro) e la successiva manutenzione delle strutture. In piazza Pellico la riedificazione comporterebbe inoltre problemi alla viabilità e non avrebbe molto senso, considerato anche il fatto che, come abbiamo visto, il contesto antico non ha alcun riferimento con quello attuale.
D’altra parte non è detto che i resti della chiesa non possano essere resi fruibili altrove, in una zona spaziosa, protetta, visitabile agevolmente: qui il pensiero corre ovviamente all’area ex-Tabasso, se fosse possibile allestirvi un Museo Civico. Devo però aggiungere che , in questo caso, le sottofondazioni della chiesa non sarebbero a mio parere la prima struttura da ricostruire. Dati i costi elevati, sarebbe preferibile partire da un reperto chierese estremamente interessante e raro : il pavimento in legno di epoca romana rinvenuto nel marzo del 2006 nel corso dello scavo di piazza Dante angolo via San Raffaele. Naturalmente però il dibattito è aperto.”
forse sarebbe opportuno chiedere cosa ne pensa anche allla Dott.ssa Gabriella Pantò della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Piemonte, che ha curato personalmente il recupero dei resti della Chiesa longobarda e che da molti anni segue lo sviluppo degli scavi archeologici nell’area dell’Ospedale.