Chieri, i conti della Fiera: polemiche su E-Twenty e Slow Food

 

san martino street foodI conti della Fiera fanno discutere come (e più) della Fiera stessa. Mentre comune, associazioni e operatori economici si interrogano su quale sia, per il futuro, la formula vincente per un evento che ha comunque spento 37 candeline, senza una interruzione dal 1979, si è scatenata la polemica sui costi: perché, se è vero che 32 mila euro a bilancio per un evento così possono sembrare pochi, è però inevitabile che, con la penuria di risorse che il Comune ribadisce in ogni circostanza, siano viste con particolare attenzione, soprattutto dagli addetti ai lavori, le singole voci di spesa. E non è sfuggita a molti di questi la cifra più alta, 10 mila euro di contributi dati alla Associazione E-Twenty per il suo “progetto di individuazione, in partnership con Slow Food, degli espositori agricoli e operatori di street food, la realizzazione degli allestimenti degli spazi espositivi nelle aree interessate san martino slow fooddalla manifestazione ed attività connesse”, come è scritto nella determina dirigenziale che autorizza la spesa. “E’ il tipo di lavoro che abbiamo fatto noi a ottobre per la Sagra del grissino – dice la responsabile dell’agenzia Il Quadrifoglio – su incarico della Pro Chieri. Abbiamo curato la pubblicità dell’evento, selezionato gli operatori di street food e pagato gli artisti che si sono esibiti in vari momenti di spettacolo. Senza prendere una lira né dal Comune, né dalla Pro loco: le nostre entrate sono state e sono solitamente quelle della quota che i singoli operatori di street food versano per partecipare all’evento. E ho verificato: i nostri operatori di street food erano gli stessi, nella stragrande maggioranza, che ho visto a San Martino.”

Quanto a Slow Food, secondo in classifica tra i percettori di soldi dal comune per la Fiera di San Martino, con un preventivo di 5 mila euro + iva, la cifra compensa “per la collaborazione nella realizzazione dell’evento, l’organizzazione del contest “Disfida del bonet”, l’utizzo del logo ed il coordinamento degli espositori”, si legge sempre nell’atto dirigenziale del comune. Anche gli espositori di Slow Food pagano(così, almeno, risulterebbe) una quota di partecipazione allo stesso Slow Food. “Se almeno – commenta amaramente Ferdinando Scimone, presidente dell’Ascom – Slow Food creasse un suo presidio per i nostri grissini rubatà, anziché portare in giro solo eccellenze non del nostro territorio…”