Chieri, “Di Freisa in Freisa: “Due giorni di desolazione”, dice l’ex Assessore Rachele Sacco

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«Ma dove sono finite le bancarelle di degustazione, con i prodotti tipici e a km zero? Dove sono gli amanti del vino, che camminavano avanti e dietro per via Vittorio Emanuele con il loro calice, sgranocchiando di banchetto in banchetto, Rubatà e focaccia chierese? Ma soprattutto dove è sparita l’atmosfera tipica della Fiera, con luci, percorsi guidati e negozi aperti»

Per Rachele Sacco, capogruppo di Forza Italia ed ex assessore al commercio nella Giunta Lancione, sono stati “due giorni di amara desolazione quelli della settima edizione dell’iniziativa Di Freisa In Freisa”: «Sembra di essere tornati indietro di almeno cinque anni, quando agli esordi dell’iniziativa si cercava ancora di farla decollare – considera la Sacco – Alle 16 di sabato pomeriggio molti stand dovevano ancora essere installati e della sessantina di produttori del 2015, nell’edizione del 2016 si contavano si e no una ventina di bancarelle. Poche davvero in tema con l’evento. Piazze deserte, con qualche stand sparuto. In piazza Cavour i grissini Rubatà abbandonati a se stessi e di fronte gli stand istituzionali dove c’era solo il Comune di Pecetto. Poi fino sotto l’arco bancarelle disordinate….Nulla di effettivamente legato al tema o abbastanza sostanzioso per pareggiare gli effetti del vino e non rendere brilli già al secondo bicchiere».

Per i negozi, poi l’evento, più che una manna è stata una mannaia. «Chi ha la fortuna di trovarsi sul lato sinistro in direzione Arco, ha avuto la possibilità di restare aperto, ma quelli sul lato destro si sono trovati nascosti dietro le bancarelle e solo alcuni impavidi hanno scelto di rischiare con un’apertura straordinaria»

Sempre proseguendo la passeggiata lungo via Vittorio, dopo piazzetta San Filippo ormai tutto è finito. «Niente bancarelle, nessuna attrazione e da dopo il bar Tandem è come trovarsi a camminare in centro durante una qualunque domenica. C’erano poi banchi che facevano pensare più alla Fiera di San Martino versione estiva che a un’iniziativa di promozione del vino. Lo scontento trapela anche facendo due chiacchiere con alcuni commercianti».

Rachele Sacco arriva a chiedersi se la scelta di tagliare fuori Slow Food, proprio nell’anno del Salone del Gusto, sia stata lungimirante: «Potevamo essere l’evento di apertura del Salone, mentre invece abbiamo perso di qualità e prestigio, in cambio di cosa? – domanda Sacco   – Anche la partnership con l’Ente Fiera di Alba è discutibile, non tanto per la qualità e competenza dell’ente, ma per la coerenza. Come può un ente che sta già promuovendo un proprio prodotto locale, il tartufo, dare valore ai nostri grissini Rubatà? Che senso ha usare la loro vetrina, invece di essere noi stessi vetrina dei nostri prodotti locali?»

Diventa quindi difficile capire la strategia dell’amministrazione: «Il lavoro fatto negli anni scorsi si è bruciato in un’unica edizione. Hanno investito la stessa cifra, ma con un terzo di attrattive in meno. Mi dispiace un po’ perché avevo confidato nell’assessore Zopegni, lodandola anche per il suo impegno nell’edizione 2015, ma non riesco proprio a capire perché il Comune abbia scelto di affossare questa iniziativa togliendo dai partner enti che finora ci avevano sempre garantito tanta visibilità e ritorni»