CRONACA – Carte clonate, bancomat manomessi: 2 arresti e 40 denunciati
Al termine di un’articolata indagine durata circa due anni, la Polizia Postale e delle Comunicazioni è riuscita a dare un volto ai componenti di un’organizzazione che clonava carte di pagamento e manometteva sportelli bancomat e colonnine self-service per l’erogazione del carburante tra Torino, Cuneo e altri comuni piemontesi, portando a segno oltre un centinaio di sottrazioni illecite di denaro. Oltre ai 2 arrestati, gli investigatori del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Torino hanno denunciato oltre 40 soggetti, che hanno partecipato a vario titolo alle attività criminose del sodalizio. Due le piste seguite dagli uomini della Postale: la prima legata alla raccolta ed analisi delle denunce presentate dalle persone frodate, provenienti dalle varie località del Piemonte, la seconda concentratasi sugli sportelli bancomat ubicati in particolare nella zona limitrofa alla collina di Torino. Accanto alle tradizionali attività fatte di sopralluoghi, appostamenti e pedinamenti, anche con il prezioso supporto di personale del Commissariato Borgo Po della locale Questura, gli investigatori del Compartimento Polposta di Torino hanno attivato complesse indagini tecniche, ed effettuato un meticoloso incrocio di dati e immagini provenienti dalle telecamere di sicurezza degli ATM e delle postazioni POS delle colonnine self-service fornite dalle filiali e dai distributori di carburante oggetto di attacco, che ha consentito agli investigatori di identificare tutti i componenti della “banda” e ricostruire le tracce delle sue attività criminali. L’associazione criminale era composta da soggetti di nazionalità rumena, albanese e italiana, alcuni dei quali in possesso di elevate competenze informatiche e mezzi tecnologicamente sofisticati, che agivano in perfetta sinergia all’interno di una struttura ben organizzata. A seconda delle “competenze”, i membri del gruppo svolgevano il ruolo di esperto informatico, specialista nella clonazione delle carte di pagamento, autista, prestanome, addetto al posizionamento e alla rimozione degli skimmer (tra questi anche una donna, per dare meno nell’occhio nella fase di utilizzo del bancomat); ma c’era anche tra loro chi si occupava di ricostruire in maniera artigianale componenti degli ATM o, semplicemente, c’era chi forniva il supporto logistico ai vari soggetti.
A capo del sodalizio, 8 persone con precedenti penali e profili criminali ben delineati.
A carico di 6 di essi, sulla base delle risultanze investigative raccolte dagli uomini della Polizia Postale e delle Comunicazioni, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torino su proposta del Pubblico Ministero della locale Procura ha emesso altrettante custodie cautelari in carcere. Per quattro dei sei membri del sodalizio, destinatari delle misure coercitive, risultati irreperibili, sono in corso supplementi investigativi finalizzati al rintraccio. Nel corso delle perquisizioni all’interno di abitazioni, magazzini e laboratori in uso ai criminali, è stato rinvenuto materiale e componenti degli sportelli bancomat costruiti artigianalmente. I criminali, infatti, dopo aver sottratto dalle apparecchiature di erogazione del credito alcuni pezzi originali, riproducevano all’interno di questi laboratori, utilizzando calchi in “negativo”, gli stessi componenti apparentemente simili ma di dimensioni leggermente più grandi, così da poter contenere, al loro interno, l’hardware necessario alla clonazione delle carte e alla lettura dei codici PIN. Con questa procedura, la banda era riuscita a garantirsi introiti pari a circa 1.500/2.000 euro per ogni carta clonata, che da una ricostruzione al momento solo parziale, ammonterebbe ad alcune centinaia di migliaia di euro.
Queste le fasi tecniche di preparazione dei “colpi” messi a segno dal sodalizio criminoso, ricostruite dagli investigatori:
- una prima fase dedicata alla ricerca ed assemblaggio dei vari componenti elettronici necessari per costruire le apparecchiature idonee allo skimming[1];
- un’altra destinata alla fabbricazione con calchi di gomma “appositamente costruiti” per riprodurre profilati[2] in vario materiale (plastica, plexiglass e alluminio) del tutto identici all’originale dei terminali ATM;
- c’era poi quella rivolta alla clonazione delle carte magnetiche utilizzando i codici rubati su nuove tessere munite di banda magnetica;
- un’altra ancora indirizzata all’utilizzo di carte prepagate intestate a “prestanomi” su cui far confluire il denaro frodato con le carte clonate o utilizzandole per acquisti presso esercizi commerciali piemontesi.
- per passare poi a quella diretta alla fornitura del supporto logistico per le autovetture utilizzate e per la custodia degli strumenti necessari alla produzione degli skimmer e delle carte clonate.