Villafranca d’Asti. Rischia di chiudere la sezione Avis locale con cinquant’anni di storia.

Dopo oltre cinquant’anni di attività rischia di chiudere la sezione Avis di Villafranca d’Asti. Non mancano i donatori ma mancano soci che vogliano impegnarsi nel direttivo. Per andare avanti l’Avis ha bisogno di una certa attività organizzativa ed essendo un’associazione, necessita di un gruppo di persone che curino la gestione amministrativa e funzionale.

Il vicepresidente, Giovanni Pelissetti, “avisino” dal 1965, si dice tranquillo sul numero dei donatori villafranchesi che, anche se ha visto alcune migrazioni verso altre sezioni, giustifica ancora la permanenza del gruppo di Villafranca.

Quello che manca – secondo Pelissetti – è un gruppo di persone che vogliano assumersi la responsabilità dell’associazione. Non si tratta di un compito gravoso. In genere si tengono 6 o 7 riunioni di direttivo all’anno e sono 4 le donazioni domenicali, sempre annuali, quelle richieste”.

Quali pensa che siano le cause di questa “disaffezione”?

Le cause possono essere diverse. Una è proprio il cambiamento del nostro sistema di vita, diciamo così. Quando io sono entrato in Avis, la donazione era una tradizione di famiglia. Venivano i vecchi soci e ci portavano i loro figli. Oggi non sarebbe possibile. I giovani escono il sabato sera e tornano a casa il mattino dopo, per cui sarebbe impensabile che si sveglino la domenica per venire a donare. Un’altra, ma questo è un mio pensiero, può essere la crisi economica. Chi ha problemi economici non ha la mente libera per impegnarsi in un’attività di volontariato”.

Non può essere solo questo il problema.

No. Come dicevo, abbiamo ancora un bel gruppo di donatori. Per quanto riguarda l’organizzazione siamo stati messi un po’ in difficoltà dalle nuove norme europee. Certo, sulla raccolta e trattamento del sangue, nulla da dire. Sulle norme che impongono di servire una colazione con prodotti confezionati, per evitare problemi e responsabilità su eventuali malori, c’è stato qualche malumore. Una volta avevamo il salumiere di fiducia, il panettiere che ci forniva il pane. Il vino, nelle nostre zone, non è mai stato un problema. Questo cambiamento, con una colazione a base di merendine, non contribuisce a soddisfare i donatori, abituati ad altro trattamento”.

 Ci sono problemi di fondi?

In realtà per gestire l’attività abbiamo bisogno di alcuni presidi: computer, stampante, fotocopiatrice. Abbiamo un contributo dalla Regione Piemonte che è appena sufficiente alla sopravvivenza. E siamo già fortunati perché la nostra regione riesce ancora a sostenere le nostre associazioni. In altre zone d’Italia non è così”.

Pensa che sia possibile invertire la rotta e trovare chi voglia ancora impegnarsi per portare avanti questa nobile attività?

Penso che non ci siano veri motivi per evitare la responsabilità della gestione di una sezione come la nostra. Le decisioni sono collegiali e, come ho detto, prevedono poche riunioni annuali. Il Presidente ha qualche compito in più, ma non lo considero un impegno impossibile. Ho l’impressione che se non si riuscisse a formare il nuovo direttivo, sarebbe più per cattiva volontà, che per veri ostacoli e difficoltà del compito”.

Ci auguriamo che l’appello del vicepresidente Pelissetti venga raccolto da chi abbia buona volontà.

Carmela Pagnotta