PIEMONTE ARTE: RUFF, PAESAGGI D’ACQUA, VIGLIATURO, M.A.O., VENTURINI, CANALE CAVOUR, SACCOMANDI…

TORINO: DAVID RUFF GRAFICO, STAMPATORE, PITTORE: DA SAN FRANCISCO ANNI ’50 AL PIEMONTE LIBRI, OPERE GRAFICHE, DIPINTI

Inaugurazione venerdì 7 aprile 2017, dalle ore 18:00 La mostra sarà visitabile dall’8 al 26 aprile 2017

Al pubblico torinese è ben nota l’opera pittorica di David Ruff, artista statunitense vissuto e attivo per 36 anni in Piemonte di cui 14 a Torino. Pochi, tuttavia, conoscono la sua attività di grafico e stampatore nella San Francisco tra il 1950 e il 1955, dove diede vita a The Print Workshop (TPW), laboratorio di stampa d’arte dove Ruff stampa libri di poesia di Jonathan Williams, Kenneth Patchen, Holly Beye e Lawrence Ferlinghetti, opere che figurano tra i testi fondativi della poesia d’avanguardia statunitense del secolo scorso, così come stampa un libro delle proprie poesie e incisioni The Largest Living Bird, la cui produzione, tuttavia, si fermò ai fogli di stampa e solo oggi assume la forma compiuta di libro rilegato, ad opera di Marco Noire.   Quest’opera, una scelta di incisioni e di varie opere pittoriche verranno presentate presso la Libreria-Galleria Freddi, via Mazzini n. 40 – 10123, Torino.

 

dal lunedì al sabato 10:30-12:30 – 16:00-19:30

 

TORINO, GALLERIA D’ARTE PIRRA: PAESAGGI D’ACQUA

inaugurazione   venerdì   31 marzo 2017

È un elemento naturale, l’acqua, il filo conduttore che ci consente di proporre un interessante e curioso itinerario pittorico, accostando opere di personalità artistiche profondamente diverse, distanti tra loro anche geograficamente e cronologicamente.

Saranno, infatti, in mostra i maestri post impressionisti russi nati negli anni Venti e Trenta del Novecento, tra cui Georgij Moroz, Vladimir Joukov, Gleb Savinov, Marina Uspenskaya, il francese Henry Maurice Cahours (Parigi, 1889 – Vence, 1974), il torinese Edgardo Corbelli (1918 – 1989) e la danese Birgitte Lykke Madsen nata nel 1960.

Fiumi, laghi e mari sono talvolta i protagonisti assoluti delle opere esposte, talaltra sono la parte caratterizzante di un paesaggio, o inseriti in contesti più complessi e dinamici, arricchiti da figure.

I soggetti spaziano così dal mare tempestoso di Joukov o, all’opposto, calmo e mediterraneo di una rara costiera amalfitana di Corbelli, ai porti bretoni di Cahours, dai vivaci giochi d’acqua di Nikolai Tereshenko, alle barche solitarie di Birgitte Lykke Madsen, il cui sereno cromatismo dà voce a un paesaggio interpretato in chiave intimista.

La mostra rimarrà aperta sino al 7 maggio 2017.

Corso Vittorio Emanuele II, 82 – 10121 Torino – Tel. 011.543393 – www.galleriapirra.it

ORARI: da lunedì a sabato 9,30-12,30; 15,30-19,30. APERTI DOMENICA MATTINA

 

VIGLIATURO AL MUSEO DEL CRISTALLO DI COLLE VAL D’ELSA

A partire da sabato 8 aprile 2017, l’artista e maestro del vetro Silvio Vigliaturo (Acri, 1949, vive e lavora a Chieri) esporrà una collezione di oltre 20 maestose sculture in vetro presso il Museo del Cristallo di Colle di Val d’Elsa (Si). La mostra, curata da Boris Brollo e Francesca Mirabelli Giordano, è l’ultima tappa di un percorso lungo vent’anni che ha portato l’artista a esporre le proprie opere nei più importanti musei dedicati all’arte del vetro e all’arte in genere, in Europa, Asia e negli Stati Uniti.

 

 

TORINO, M.A.O.: GIADE CINESI. L’ARTE RIVELATA DALLA SCIENZA

MAO Museo d’Arte Orientale

via San Domenico 11 – Torino

Al primo piano di Palazzo Mazzonis, vengono esposte per la prima volta 14 giade cinesi che si collocano stilisticamente in un arco cronologico che va dal Neolitico al XVI secolo.

Dalla pluriennale collaborazione tra il MAO e i dipartimenti scientifici dell’Università di Torino, nel 2016 è nato il progetto di approfondimento storico-artistico e di diagnostica non invasiva di un gruppo di giade cinesi in possesso del Museo.

Finora questi manufatti non erano entrati a far parte del percorso espositivo a causa di seri dubbi di autenticità – la giada è uno dei materiali più difficili da datare e autenticare – e anche per questo motivo i falsi abbondano sul mercato.

Per gli antichi Cinesi il corrispettivo termine 玉 yu indicava genericamente una pietra di rara bellezza e dal particolare splendore: i manufatti erano spesso realizzati in altri minerali semi-preziosi, magari meno duri e compatti della vera giada. L’ideogramma yu è composto dal carattere 王 wang, “re”, con un puntino aggiunto: un’insegna regale, che denota qualità come bellezza, virtù, onore e purezza. Le caratteristiche visive e tattili della giada ne hanno da sempre fatto un perfetto talismano, carico di supposte proprietà magiche, curative, protettive. Nelle culture più antiche questo materiale, indice di status sociale, aveva un significato particolare in ambito funerario come segno di incorruttibilità e longevità. Si aggiunga che di certo la difficoltà di lavorazione della giada ha contribuito a rafforzarne la preziosità, il senso di ammirazione e l’aura di sacralità.

L’esposizione temporanea, che apre al pubblico il 6 aprile al MAO Museo d’Arte Orientale, presenta i 14 manufatti contemporaneamente ai risultati ottenuti grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino, lavoro che ha portato alla loro suddivisione in tre gruppi a seconda del periodo di realizzazione, spiegando come si è giunti a tali determinazioni incrociando il dato stilistico a quello diagnostico.

Le analisi effettuate sono state microscopiche e chimico-fisiche dell’intero oggetto, basate sull’interazione della materia con radiazioni elettromagnetiche, quali la radiazione luminosa (spettroscopie) o i raggi X (diffrattometria), interventi senza prelievi e quindi non distruttivi.

Le analisi sono state condotte da Gabriele Vellano sotto la guida di Eliano Diana e Roberto Giustetto (Università di Torino); lo studio è stato realizzato da Sara Bortoletto con il coordinamento di Marco Guglielminotti Trivel (MAO) che ne ha curato anche l’esposizione. Preziosi i contributi di Margaret Sax, del Dipartimento di Conservazione e Ricerca Scientifica del British Museum, e Jessica Rawson, Professore di Arte e Archeologia Cinese all’Università di Oxford.

Ingresso all’esposizione con biglietto del museo.

 

TORINO, MUSEO D’ARTE URBANA: UGO VENTURINI, “NOTHING HERE”

Venerdì 7 aprile 2017, dalle 18.30 alle 21.30, presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana, via Rocciamelone 7 c Torino, finissage della mostra personale di Ugo Venturini “Nothing here”, a cura di Edoardo Di Mauro. Nella serata performance musicale di Frankye Partipilo , lettura di poesie di Ludovico Lanni, rinfresco. Per Spazio Temporaneo # sei, opere di Idana Vignolo. a cura di Daniele D’Antonio e dell’Associazione Tribùdelbadnightcafè

 

La vita dell’uomo è connotata, in termini antropologici, da una incessante “ricerca del nuovo”. L’arte è evento collocato in un sito “ideale”, di speculazione intellettuale pur essendo imprescindibilmente correlata con l’ ambito “basso” della tecnica. Si trova quindi ad essere condizionata, nonchè a porsi come condizione dell’evoluzione di quest’ultima, talvolta la precorre, in altri casi vi si accoda pur mantenendo, a mio avviso, un distacco dalla materialità impercettibile ma sempre vigente. Inevitabile, quindi, che la realtà virtuale eserciti un forte potere sull’arte, sia esso di attrazione o di repulsione. La possibilità di creare cloni e mondi paralleli va di pari con l’aspirazione a dotare essi di un’anima, plasmandoli con il soffio vitale della creazione, sostituendosi a Dio come era già intento dell’uomo rinascimentale. L’arte non può quindi che fornire un importante contributo al dibattito vigente sulla dialettica organico/inorganico. Ai giorni nostri i termini della questione, gli elementi dialettici, sono rinvenibili all’interno di un diffuso tentativo di ricostruire un’identità individuale, sottraendola alla dispersione cui pare destinata dai molteplici effetti dell’innovazione tecnologica. Che si manifesta con le apparenze di un Giano bifronte in grado, da un lato, di migliorare la qualità della vita ed aumentare il tempo libero a disposizione, elementi che già Aristotele dichiarava necessari ad un innalzamento del livello culturale del singolo, dall’altro causa di una riduzione dell’esistenza alle esigenze prioritarie dell’immagine, le uniche in grado di certificare, nel flusso caotico della comunicazione, un attestato di identità. Una interpretazione positiva delle tematiche legate al corpo ed al suo dispiegarsi polisensoriale prevede la prevalenza del pensiero della “presenza”, contrapposto a quello dell’ “assenza”. Quindi all’identità dispersa e frammentata, pura forma e significante ridotto a monade incapace di intrattenere rapporti con gli altri da sé, con cui si limita a fugaci ed effimeri contatti, eteree toccate e repentine fughe, in un perpetuo movimento, si sostituisce il contenuto capace di dare significato all’esistenza, di coniugare la “res cogitans” alla “res extensa”, per approdare alla completezza di un essere pacificato in grado di fondersi con il mondo e l’ambiente esterni, di dare vita ad una materia inanimata ed inerte. Per dare corpo al dispiegarsi del libero arbitrio e concretizzarlo nella pienezza dei sentimenti e delle passioni che, tramite l’espressione artistica, possono approdare ad una catartica liberazione.

 

Questo incipit per introdurre la personale di Ugo Venturini allestita presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana, in quanto la sua proposta attuale va in direzione degli assunti teorici prima menzionati.

 

In un mio precedente testo del 2013, redatto in occasione della presentazione di un catalogo generale sulla sua opera scultorea mi soffermavo, invece, su una sintetica storia di questo linguaggio all’interno dell’avanguardia novecentesca, costantemente caratterizzata dalla volontà di superamento della staticità e della retorica di un monumentalismo di maniera, riscattato, da un lato, dalla rilettura della dimensione classica, dall’altro dalla contaminazione mondana e dalla ricerca di un equilibrio tra artificio e natura.

 

Così poi delineavo la storia e la personalità di Ugo Venturini, con considerazioni che ritengo di riproporre in quanto valide a tutt’oggiAggiungi un appuntamento per oggi :   “L’artista torinese è figlio della generazione anni Ottanta, che ben conosco perchè è quella in cui mi sono formato come critico, vivendone l’evoluzione con intensa carica esistenziale ed empatica. Il lavoro di Venturini è decisamente inseribile in quella linea di eclettismo stilistico che si sviluppa dopo il 1984 ed è vigente, con alcune varianti, fino ai giorni nostri. Un eclettismo che colloca il linguaggio dell’arte, come sottolinea anche il grande teorico americano Arthur Danto, recentemente scomparso, in una dimensione definitivamente post storica, in quanto non dipendente non solo dalla metafisica o dalla politica, ma anche dal recinto di uno stile unico ed uniformante. Le opere di Venturini si affiliano pienamente con quelle degli autori italiani che, dalla seconda metà degli anni Ottanta alla corrispondente fase del decennio successivo, hanno rinnovato il linguaggio della scultura e dell’installazione, trasportandolo dalla tradizione dell’avanguardia novecentesca in direzione di un confronto con l’universo tecnologico e mediale, nonché con le riflessioni sul rapporto tra naturale ed artificiale, in sintonia con la teorizzazione del Posthuman di Jeffrey Deitch. In Italia era attiva, in quegli stessi anni, una linea di tendenza sintonica, che il nostro sistema ha preferito ignorare, favorendo l’ascesa, più di immagine che di sostanza, di un neo concettuale debole e derivativo. Venturini, artista che adopera un materiale nobile e non semplice come il marmo, appare anche in sintonia con quella linea della nuova scultura inglese che, da Moore ed Antony Caro, discende fino a Woodrow, per approdare agli esiti di un artista come Marc Quinn. Il tutto con uno stile assolutamente personale, arricchito da quella dose di consapevole ed irriverente ironia che è peculiare al linguaggio dell’avanguardia italiana. Venturini realizza opere di varia fattura, con una predilezione per esiti in equilibrio tra l’icastico e l’aniconico : strutture biomorfiche inchiodate al suolo con chiavistelli, affinchè non perdano il loro essere “qui ed ora”, composizioni minimali arricchite da inserti polimaterici, icone bidimensionali metalliche con inserimenti oggettuali e brani di scrittura. Ma dove l’artista si esprime con maggiore dirompenza visiva è con le sculture che costituiscono, al tempo stesso, una violazione ed affermazione dei canoni classici della disciplina, come nel caso delle figure extraterrestri dotate di protesi e di ali, dalle fattezze assai poco rassicuranti, o delle mani perfettamente eseguite, come fossero immaginari reperti provenienti dall’antichità, ironicamente impegnate ad afferrare un topolino che pare uscito da un cartone animato, o le concessioni ad uno stralunato e stravolto neo pop.”

 

In questa personale l’autore presenterà una serie di lavori inediti che vanno in direzione di un annullamento, di un “nulla” che non significa, però, assenza da interpretarsi nella dimensione del vuoto e dell’azzeramento ma, al contrario, in una ambizione vitalistica di espressione di pura energia. Citando parole dell’artista : “Il mio nulla non è assenza o dimenticanza bensì l’esatto contrario quindi presenza e appartenenza….il mio nulla è lì dove l’energia trattiene e collabora con la materia per renderla tale”. Un’azione, quindi, che penetra nei gangli della materia per donarle vita con il tramite della consapevolezza interiore che si tramuta nell’atto creativo.

 

I quattro lavori inediti che, insieme ad altri, costituiranno il corpo di questa personale sono “Nothing is real (Energia del carattere)”, un ibrido mutante tra un uomo dotato di folta chioma di dread ed i tratti zoomorfi di un cavallo, “Absolutely nothing’s changed (Energia del concepimento o della nascita)”, dove l’artista evidenzia le dissimmetrie tipiche dei nascituri nei primi giorni dopo il parto, “Nothing here (Energia della mente)” in cui Venturini raffigura un’icona della sua e mia generazione, quel Zanardi, creatura grafica del grande Andrea Pazienza, simbolo di una gioventù in bilico tra la rivolta del’77, intrisa di creatività ma anche di angoscia per il futuro, ed il disimpegno individualista del decennio successivo. Zanardi viene proposto privo della parte superiore della calotta cranica, mentre una scritta luminosa appesa al soffitto recita “Nothing here”. Ultimo lavoro “My fair lady (Energia del trapasso o della morte”, dove un corpo femminile viene rappresentato seduto con una postura classica, simile a quella di una pin up intenta ad esibire la sua femminilità in una spiaggia, visione contraddetta con veemenza nella sua dimensione idilliaca dalla presenza di un teschio al posto della testa.

 

 

Edoardo Di Mauro

 

TORINO, REGIONE PIEMONTE: MOSTRA FOTOGRAFICA «IL CANALE CAVOUR – 150 ANNI DI BENESSERE»

Giovedì 30 marzo alle ore 18 nella Sala Mostre del Palazzo della Regione Piemonte in piazza Castello 165, a Torino, si inaugura la mostra fotografica «il Canale Cavour – 150 anni di benessere» di Irene Cabiati, realizzata in occasione del 150° della inaugurazione del Canale Cavour. Rimarrà aperta, ad ingresso libero, sino a sabato 22 aprile.

La mostra è un omaggio ai 14 mila uomini che, in meno di tre anni, dal 1863 al 1866, hanno scavato a manogli 86 chilometri del percorso del Canale e le opere sussidiarie.

Voluto da Camillo Benso conte di Cavour e realizzato all’alba dell’Unità d’Italia, il Canale portò beneficio immediato alle popolazioni rurali stremate dalle devastazioni delle guerre del 1845 e 1859 e pose le premesse per il futuro triangolo d’oro del riso, una delle più importanti aree agricole d’ Europa.

Il reportage fotografico, corredato da un catalogo, illustra il percorso del Canale nella piana delle risaie, ne racconta le peculiarità ingegneristiche, la storia e la relazione con il territorio ed è arricchita da immagini storiche, riproduzioni dei disegni originali e documenti forniti messi a disposizione dalle Associazioni di Irrigazione Est Sesia di Novara e Ovest Sesia di Vercelli che gestiscono il vasto comprensorio irriguo del Canale Cavour su concessione della Regione Piemonte.

L’esposizione, composta da un centinaio di fotografie, è suddivisa in quattro sezioni principali: “Dal Po alla Dora Baltea”, “Dalla Dora al Naviglio di Ivrea”, “Dal Naviglio di Ivrea al Sesia” “Dal Sesia al Ticino”.

Il catalogo fotografico, pubblicato dal Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, evoca la storia del Canale Cavour e le sue relazioni con il territorio, la funzione fondamentale nella gestione del Canale per irrigare i campi ma anche per produrre energia idrolettrica, da parte delle Associazioni di Irrigazione Est Sesia di Novara e Ovest Sesia di Vercelli, unite nella Coutenza canali Cavour. Fondamentale la custodia della memoria storica dell’Archivio Storico delle Acque e delle Terre Irrigue dei canali Cavour con sede all’Est Sesia di Novara.

L’evento sottolinea soprattutto il valore del territorio attraversato dal Canale, oltre che per la tradizione agricola, concentrata sulla coltura del riso, anche per le ricchezze storiche e culturali e per il fascino del paesaggio. Tutto ciò rappresenta anche una risorsa turistica che sarà sicuramente valorizzata dalla realizzazione del progetto di una ciclostrada che unirà Torino a Milano, percorrendo anche le alzaie del Cavour, promossa da: Regione Piemonte, Città metropolitana di Torino, Province di Vercelli e Novara con Ente Parco del Po e della Collina Torinese, Ente Parco del Ticino e Lago Maggiore, Associazione di Irrigazione Ovest Sesia, Associazione di Irrigazione Est Sesia e Coutenza Canali Cavour.

 

Mostra: il Canale Cavour – 150 anni di benessere

Periodo: dal 30 marzo al 22 aprile

Inaugurazione: giovedì 30 marzo, ore 18

Sede: Sala Mostre del Palazzo della Regione Piemonte, Piazza Castello 165, Torino

Orari: tutti i giorni, dalle 10 alle 18

Ingresso libero

 

CONDOVE, MOSTRA “INFINITO PRESENTE” DI SERGIO SACCOMANDI

Domenica 2 aprile alle ore 16, l’Associazione Amici di San Rocco, all’interno della navata centrale della Chiesa, inaugurerà la mostra di Sergio Saccomandi dal titolo “Infinito Presente”. Nel 2014 mons. Claudio Iovine, Parroco di Condove, volle fondare l’Associazione Amici di San Rocco che, formata e coordinata da Valter Vesco, valorizzasse la Chiesa proponendo attività di alto valore artistico e culturale. Ho chiesto a Don Claudio Iovine quali saranno i principi basilari di tale iniziativa, egli mi ha risposto che: ” …il fine degli Amici di San Rocco mirerà all’approfondimento delle tematiche sostanziali proprie della visione umanistica cristiana della cultura e dell’arte sacra…requisito fondamentale che caratterizzerà l’Associazione sarà l’apertura alla spiritualità…” ho poi invitato il Parroco a sottolineare in cosa consisteranno le caratteristiche estetiche che gli artisti dovranno individuare: “creare opere d’arte che porteranno, proprio attraverso il linguaggio della bellezza, un segno, gli artisti avranno il compito di far emergere il loro prezioso ruolo, particolarmente di quanti sono credenti o si lasceranno, comunque, ispirare e illuminare dalla bellezza del Vangelo di Cristo.… Architetti e pittori, scultori e musicisti, letterati, fotografi e poeti, saranno chiamati a far brillare la bellezza, annunciatori e testimoni del messaggio positivo per l’umanità contemporanea e per le generazioni future. Ho domandato quale sarà l’obiettivo degli Amici di San Rocco, egli in conclusione mi ha esposto che: “… Come Associazione sosterremo gli artisti così che possano davvero avere cura della bellezza… La cura delle mostre ed esposizioni e quant’altro, sempre in armonia con la sacralità del luogo pieno di fascino come la Chiesa di S. Rocco di Condove, dovranno tendere a incoraggiare e sostenere particolarmente i giovani, insieme a tutti coloro che nell’ambito delle diverse arti si impegneranno ad offrire un serio e valido contributo all’umanesimo cristiano”: il primo passo sarà la presentazione di alcune Opere dell’artista Sergio Saccomandi in una antologica che proporrà un’osservazione acuta e personale della Sacra Sindone. Per questa elevato progetto è di necessità ringraziare monsignor Claudio Iovine, Sergio Saccomandi, il Comune di Condove, la Pro Loco, tutte le Associazioni condovesi e La Cornice di Piazzo Patrizia.

La mostra sarà visibile fino a domenica 23 aprile 2017

Chiesa romanica di San Rocco Via Cesare Battisti – Condove Orari: Mercoledì 10/12 Venerdì ore 16/19 Sabato e domenica ore 10/12 -16/19 Domenica di Pasqua e Lunedi dell’Angelo ore 16/19 Ingresso libero

 

 

ROMANO CANAVESE: “GUSTO LIBERTY- I LUOGHI DELLA CONVIVIALITÀ NEL PRIMO NOVECENTO”

Dall’8 aprile al 9 luglio, la Fondazione Arte Nova di via Fiume,15 a Romano Canavese (To), propone la mostra dal titolo “Gusto Liberty – I luoghi della convivialità nel Primo Novecento”.

L’esposizione, curata da Elena Franco, documenta lo stile di vita che, a partire dall’inizio del XX secolo, influenzerà poi molti dei comportamenti che oggi diamo come scontati. Convivialità, cibo, marketing e pubblicità si trasformano in questo preciso momento in un affare “industriale” e il piacere di ritrovarsi a tavola o al caffè diventa, pian piano, un modo di vivere che riguarda non solo le classi più abbienti, ma, anche, la media e piccola borghesia in rapida ascesa.

È l’inizio dell’epoca dei viaggi e della villeggiatura. Il cibo non è più un aspetto della vita da risolvere solamente fra le mura domestiche. Picnic all’aperto, serate al caffè chantant o al cabaret, appuntamenti al ristorante, che siano in città, in nave, in treno o all’hotel poco importa, diventano occasioni di incontro e modi per trascorrere il conquistato “tempo libero”.

L’esposizione ci condurrà, attraverso sei sale, dedicate ciascuna a un luogo e a una modalità di consumo del cibo, ad esplorare, attraverso fotografie, oggetti e complementi di arredo, libri e menù, il periodo che più ci ha influenzato nel nostro rapporto con gli alimenti e la convivialità.

Tra le opere esposte, segnaliamo un buffet a doppio corpo di Louis Majorelle, alcune tazzine da tè del Grand Hotel Gallia e un tavolino da bistrot in pasta di vetro e ghisa di Hector Guimard.

Tra le curiosità che arricchiranno il percorso di visita, vi sarà una raccolta di scatti fotografici di inizio ‘900 dedicati ai pic-nic.

La mostra delle opere fotografiche degli studenti del corso Superiore Professionale di Fotografia a.a. 2016/2017 dell’Istituto Italiano di Fotografia di Milano, curata da Gigliola Foschi, contribuirà a contestualizzare ancor meglio la proposta, garantendone il giusto collegamento con la contemporaneità.

Un calendario di incontri a tema verrà programmato con l’obiettivo di fornire ulteriori contenuti all’esposizione.

La mostra è visitabile dal mercoledì alla domenica dalle 15 alle 19. Costo del biglietto 7 euro l’intero e 5 il ridotto.

Per informazioni o prenotare e concordare visite di gruppo, contattare la Fondazione Arte Nova al numero 0125 711298 o consultare il sito www.fondazioneartenova.org.

L’evento è realizzato in partenariato con l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano, l’Associazione per la fotografia storica di Torino, il Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino e l’Azienda Bosca.

 

Esposizione a cura di Elena Franco

Programmazione incontri a cura di Cristina Ariagno e Paola Gullino

 

TORINO, MARTINARTE: PRESENTAZIONE ROMANZO DI GIOVANNI CORDERO

Giovanni Cordero – L’Albergo dei Gatti – editore Albatros Giovedì 30 marzo 2017, ore 20.00

Presentazione romanzo presso martinArte di Paola Barbarossa corso Siracusa 24a – Torino – tel. 011.3433756 cell. 335360545 e.mail: paolabarbarossa@libero.it

Tre epoche diverse, uno stesso luogo, un intreccio spettacolare tra realtà e narrazione, ad opera del critico d’arte Giovanni Cordero, tra le onde di un tempo che ci trasporta, lieve ed intenso

Un filo temporale che va dal 1793 fino ai giorni nostri e a una apocalittica visione di un Nuovo Evo Rivoluzionario e quello attorno al quale si intrecciano le vicende narrate in questo romanzo. Fanno da palcoscenico varie localita, da Granville, in Normandia, a Lagačevo, in Russia, fino alla moderna New York. Tutto ha inizio con la scomparsa di Frances Cassignac, una appassionata e pericolosa anticonformista, la cui storia personale sarà poi oggetto della seconda parte del romanzo. Scopriremo pagina dopo pagina i limiti e i pericoli del potere, la ferocia e la bestialita umana e il grande valore dell’emancipazione femminile, mentre dalle pagine fanno man mano capolino dei bizzarri gatti i cui nomi, Thomas, Petra, Mozart, Sophie, ricorrono nel tempo. Tutto sembra scorrere come in un ciclo magico, personaggi che compaiono, scompaiono e poi ricompaiono trasversalmente in luoghi e momenti differenti, reincarnazioni di loro stessi in cerca della verità e della risposta a domande profonde e scomode che l’uomo si pone da intere generazioni sul senso della vita.

 

Giovanni Cordero, psicologo e critico d’arte, vive e lavora a Torino. Ha pubblicato nel 2012 il romanzo Silenzi, il destino alle 18 per l’editrice Psiche di Torino, selezionato al Premio Pannunzio 2013, e il racconto lungo “Il velo da sposa” all’interno del libro antologico Il gusto del Piemonte, Conti Editore, Morgex (AO) nel 2012, primo classificato al premio nazionale “Libri da gustare 2014”