Biagio Riccio: Turismo ad Asti, che cosa non ha funzionato?
Biagio Riccio, candidato sindaco con la lista che porta il suo nome, ha diffuso, all’indomani delle notizie entusiastiche di stampa sull’incremento del flusso turistico ad Asti, alcune sue considerazioni su quello che si potrebbe fare per migliorare la situazione.
Così scrive Riccio:
Ho letto con attenzione un articolo apparso sulle pagine di una testata locale in cui vengono riportati alcuni dati relativi al turismo presente sul nostro territorio, ovvero a quello comparso su “La Stampa” di martedì 18 aprile 2017.
Mi permetto di fare alcune precisazioni e considerazioni.
Nel nostro territorio sono presenti 7.769 posti letto censiti che offrono un potenziale annuo di ben 2.835.685 presenze; se il 14% fosse il reale indice di riempimento dei suddetti posti letto vorrebbe dire che i turisti dell’Astigiano sarebbero 396.995,9. Magari!
Purtroppo a volte i dati vengono guardati con troppa superficialità generando un po’ confusione.
Con ordine, bisogna prima di tutto scindere tra alberghi, bed & breakfast ed agriturismi.
Per fare un esempio concreto, nella città di Asti sono presenti solo 14 alberghi, che hanno un coefficiente di riempimento vicino al 50% delle proprie potenzialità, coefficiente che non garantisce una redditività adeguata alle strutture.
I bed & breakfast sono normati per legge e possono esercitare per non più di 275 giorni all’anno che vuol dire circa 9 mesi su 12 pertanto, nuovamente il parametro va adeguato ai tempi effettivi di esercizio.
Ancora più articolato il combinato disposto per gli agriturismi, legati alla produzione autonoma ed ai tempi dell’agricoltura, che benché alcuni siano vere eccellenze indiscusse, normalmente lavorano 8/9 mesi anno.
Va sottolineato che il turismo ormai si configura come short break e per tanto si rischia l’intasamento nei week end relegando il resto della settimana a vuoto spinto, essendo per la nostra provincia, tramontato il cosiddetto turismo di lavoro.
Sono lontani purtroppo i tempi in cui aziende come la Morando, la Ceset o la Wayassauto muovevano rappresentanti, clienti e squadre di tecnici; male pure sul fronte del turismo congressuale, senza strutture adeguate e prezzi fuori mercato; ci sono solo due strutture piccole ma fruibili, ovvero il Salera e a Costigliole alle piscine, quest’ultimo con 70 camere ma senza un collegamento con il capoluogo che, fuori dal periodo scolastico si acuisce ulteriormente, per la sua posizione isolata resta fuori dai circuiti dei tour operator.
Il turismo ha ancora un’altra particolarità significativa che è la sua connotazione temporale, concentrandosi tra maggio e ottobre, rendendo la forbice ancora più stretta ove concentrare le risorse.
Ultimo dato, e qui mi riferisco a quelli del ministero, su 11 milioni di turisti che girano l’Italia, ben 6,5 milioni soggiornano in strutture di lusso, ovvero almeno 3 stelle di qualità per metà di loro e 4/5 stelle lusso gli altri.
Normalmente, conoscendo il problema, dovrebbe essere semplice trovare la soluzione e visto che i dati fin qui snocciolati sono fruibili da chiunque, c’è da chiedersi cosa non ha funzionato.
Non è semplice dare una risposta, ma alcuni spunti li posso dare: di fondo, manca un reale collegamento di territorio e una sinergia di chi detiene il bello da esporre; le cantine Bosca, in autonomia, si sono organizzate per attrarre i turisti ed hanno avuto un buon successo, legato alla stabilità degli orari di apertura permettendo una pianificazione adeguata ma questo non si è propagato alle altre splendide cantine che obbligano ad un controllo serrato da parte degli operatori per non trovare chiuso; mancano i collegamenti per chi vuole usufruire delle rotaie per viaggiare, e come esempio indico Moncalvo, e sfido chiunque a trovare un collegamento sensato scendendo alla stazione di Asti al mese di luglio.
Ma manca anche una strategia commerciale sugli orari di apertura degli esercizi commerciali ed al lunedì, giorno in cui sarebbe opportuno tenere aperto per i pullman che arrivano dalla Liguria carichi di tedeschi che comprano il pacchetto Monferrato, e sono 4/5 al giorno, in modo che possano spendere qualche soldo da noi. Mancano i bagni pubblici, che già dai tempi di Vespasiano, era noto che si poteva far pagare qualcosa per il servizio reso e peraltro, gli stranieri sono abituati a pagare per questo.
Mancano le biciclette elettriche, che devono essere noleggiate con la “reservation” sulla carta di credito per evitare danni e gestite da un ente come l’ATL, senza abbandonarle alla mercé di chiunque o spendere soldi in un bike sharing demenziale come quello attuato ad Asti.
Ma manca anche un coordinamento profondo delle potenzialità di tutto il territorio e di organizzazione che si faccia carico dei turni, dello smistamento e del suggerimento, che soddisfi le esigenze di prezzo e pianificazione dei tour operator in sinergia con gli attori privati e pubblici.
Manca un marketing di territorio sensato, operato da aziende efficaci e non dagli amici di turno, ma ciò sarà possibile solo se l’amministrazione darà l’esempio, lavorerà per crearla e la renderà vantaggiosa per i privati oltre che per sé stessa, occupandosi almeno di quanto per legge ne sarebbe obbligata, spronando gli imprenditori aiutandoli a fare business in maniera moderna e condivisa”.
Biagio Riccio