Asti. Il miele di bosco astigiano conquista i mercati della svizzera Migros.

Giorgio Guasco (Cooperativa 3A), Sergio Miravalle, giornalista, Alessandro Valfré, apicoltore, Riccardo Civarolo (Cooperativa Abello), Mario Sacco e Piero Cavallero (Confcooperavive Asti-Alessandria)

Lo conoscono come miele di melata: scuro, denso e dal gusto deciso simile al caramello. E’ il miele di bosco e nell’astigiano sta conoscendo un momento di grande crescita produttiva. E’ infatti dalla cooperativa astigiana Abello, con sede in frazione Casabianca, il miele di bosco scelto per il proprio assortimento dal Gruppo Migros, una delle aziende più grandi della Svizzera e la maggiore catena di grande distribuzione elvetica.

L’offerta piemontese ha sbaragliato la concorrenza e ha avuto la meglio su quelle dei produttori del resto d’Europa: a convincere Migros sono state in particolare le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche certificate del miele Abello, in particolare l’elevato contenuto di sali minerali e il valore di conducibilità elettrica (dato che rivela la genuinità del miele e l’origine botanica del prodotto) più alto di tutti i mieli analoghi selezionati dalla catena svizzera.

Il miele di bosco è un particolare tipo di miele la cui caratteristica principale risiede nel processo di raccolta effettuato dalle api. Di norma le api raccolgono il nettare dai fiori di diverse varietà di piante, creando così molti tipi di miele con aromi e sapori differenti. Nelle zone in cui la produzione di nettare è scarsa, come i boschi o le foreste, le api ricorrono a un ingrediente alternativo per produrre il miele: la melata appunto, sostanza zuccherina che si forma sulle parti verdi delle piante.

È un miele ancora poco conosciuto in Italia ma da sempre molto diffuso nel nord Europa – spiega Riccardo Civarolo, a capo della cooperativa Abello –  in particolare in Germania è di gran lunga il miele più consumato e apprezzato, conosciuto da sempre come il miele tipico della Foresta Nera”. Per una fortuita coincidenza con l’arrivo in Italia di Metcalfa Pruinosa, al seguito di una partita di legname proveniente dagli Stati Uniti, gli apicoltori si sono trovati all’improvviso una nuova fonte di nettare. In Piemonte la Metcalfa ha trovato le condizioni ideali, aiutata sia dalle condizioni climatiche con estati calde e umide, sia dalla disponibilità di ampie aree incolte”.

Quella che era un’infestazione si è quindi rivelata una grande opportunità per tutta l’apicoltura piemontese, per di più in un periodo in cui tradizionalmente le api erano poco produttive per mancanza di fioriture rigogliose.

Questa nuova opportunità è stata subito colta da  Concooperative Asti-Alessandria, il cui presidente Mario Sacco e il direttore Piero Cavallero, hanno commentato:

In Piemonte ci sono diverse cooperative di produzione e commercializzazione di miele associate a Confcooperative e una di queste, tra le più importanti, è Abello di Asti. In questo settore la cooperativa ha un ruolo fondamentale e strategico perché dà la possibilità a tanti piccoli allevatori di api di avere uno strumento in grado di commercializzare la produzione di miele su segmenti di mercato singolarmente inaccessibili. Concentrare il prodotto in quantitativi interessanti anche per la grande distribuzione organizzata, ottimizzare i costi, un’unica politica di marchio, di packaging e di promozione e la possibilità di rappresentare un territorio: sono carte importanti che la cooperativa Abello può giocare. Abello lo sta facendo anche con la ricerca di nuovi prodotti e canali di commercializzazione attraverso questo progetto che può ottenere un incremento della produzione, uno sviluppo dell’apicoltura, un aumento dell’occupazione specie per i giovani, su un territorio particolarmente vocato come l’Astigiano”.

Dal punto di vista della commercializzazione il presidente della Cooperativa 3A (260 punti vendita in Piemonte, Liguria e Val d’Aosta, 150 associati, 1500 dipendenti e un fatturato di 250milioni di euro) Giorgio Guasco dice:

Nel 2016 noi abbiamo venduto 200 quintali di miele, per un valore economico di 240mila euro. Il miele più venduto è ancora quello di acacia (70%), a seguire il millefiori e via via i mieli più particolari che teniamo a corollario del nostro assortimento, come quello di castagno. Certamente siamo incuriositi dal miele di bosco”.

Il progetto raccoglie l’approvazione dell’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero:

Questo risultato è una nuova prova che qualità assoluta delle produzioni e radicamento sul proprio territorio sono le chiavi per un successo che va oltre i confini nazionali e, come in questo caso, supera le Alpi per soddisfare la richiesta di un cliente esigente e preparato, come il consumatore svizzero. Mi piace pensare che il successo commerciale del miele di bosco della Cooperativa Abello, scelto dal Gruppo elvetico Migros per l’assortimento della propria catena di negozi, sia frutto della stessa caparbietà e dedizione con cui le loro api hanno saputo sfruttare un problema in opportunità, realizzando il fantastico “miele di melata”.

Il consumatore italiano non è ancora abituato ad un miele così diverso da quelli attualmente sul mercato. Il miele di acacia, chiaro, dolce, poco aromatico, indicato per dolcificare, sempre liquido, è ancora il più diffuso. Il miele di bosco al contrario si presenta scuro, aromatico, poco dolce, indicato con i latticini e, anche se liquido, è molto denso. E’ poco indicato per dolcificare alimenti e bevande ma è ottimo se consumato con il pane (meglio quello integrale), con i latticini o come dessert miscelato a un formaggio fresco.

Tra i produttori associati alla cooperativa Abello c’è Alessandro Valfré dell’azienda Rovero di San Marzanotto. La sua è una storia molto contemporanea di “ritorno alla terra”. Ingegnere, 36 anni, ha abbandonato il suo lavoro dopo una crisi che ha colpito l’azienda per cui lavorava. L’apicoltura si è trasformata allora da hobby del fine settimana in attività a tempo pieno, insieme alla coltura della vigna.

Sono partito da poche arnie e con un piccolo investimento di 10.000 euro – ha detto – Le api producono già dal primo anno di impianto, a differenza delle colture agricole. Lavorare con le api presuppone una certa conoscenza del loro sistema. E’ un lavoro non meccanizzabile ma che impegna a tempo pieno solo in alcuni periodi dell’anno. Il miele di melata si è rivelato molto redditizio se si considera che un’arnia ne può produrre circa 30 chili, mentre per una produzione di acacia se ne ricavano solo 3 o 4 kg. Bisogna solo farlo conoscere al consumatore italiano che spesso si chiede se si tratti di una confettura o di una strana composta”.