Chieri: malasanità, prevenzione e casi legali nel convegno in Sala Conceria

Malasanità, prevenzione e casi legali. Questi gli argomenti al centro del congresso organizzato ieri sera, martedì, dall’Associazione Adelina Graziani in Sala della Conceria. A introdurre i temi Riccardo Ruà e Rachele Sacco, presidente e vice presidente del “sindacato per la tutela dei pazienti”, hanno esposto le problematiche legate alla gestione dei conflitti nella sanità attraverso le voci di numerosi relatori.  «Negli ultimi 15 anni le richieste di risarcimento sono aumentate del 250 per cento – apre il dibattito Mirto Bersani direttore del Corriere di Chieri e moderatore del convegno – Significa una media di 400 medici al giorno colpevoli di imprudenze nei confronti del paziente». Obiettivo: argomentare le ragioni dell’aumento di contenziosi per malasanità tra medici e pazienti, nelle Asl italiane, ipotizzando come superarli in un prossimo futuro. «I tagli stessi sono la malasanità – da inizio agli interventi Ruà – Ridurre l’assistenza a casa può voler dire una barella in più in pronto soccorso. L’errore umano può esserci: ricordo il caso di una figlia che ha accompagnato la madre in ospedale. La signora era spaventata, ma per legge la figlia non poteva restare in stanza con lei. Poche ore dopo che la vigilanza aveva accompagnato la donna fuori, la madre è deceduta. Esempi del genere ci portano a comprendere perché i medici vengano additati. Per ridurre il conflitto è importante attivare misure preventive associandole ad investimenti importanti». Spesso è un grande dolore a far scaturire l’impegno a combattere le ingiustizie e dar voce ai pazienti: «Mi sono trovata dalla parte del malato tra disperazione e smarrimento – racconta la Sacco – Chiedendomi cosa sarebbe successo alla mia famiglia se fossi morta di cancro. Quando ne sono uscita ho deciso di impegnarmi per condividere lo spirito dell’associazione. Un impegno contro le ingiustizie, ma anche a fianco dei medici che in alcuni episodi sono vittime a loro volta, subendo un sistema sanitario sempre più improntato sul fatturato e meno sulla cura e l’attenzione della persona». Ogni caso però è a se stante e va valutato per le sue caratteristiche: «La prima novità fornita dalla giurisprudenza italiana è la legge Gelli-Bianco – esordisce Vincenzo Pacileo, procuratore aggiunto di Torino- Che si prefigge di scongiurare denunce ‘fai da te’ e assicurare una maggior determinatezza di giudizio da parte del giudice». Prosegue il magistrato: «Il protocollo non sempre è applicabile; ci sono casistiche in cui è necessario venga disattivato. Il medico deve sempre scegliere il rischio minore per il paziente, nella massima trasparenza di informazione, anche se talvolta è difficile. Se la fabbrica fornisce protesi difettose e il medico non le controlla a dovere è poi lui a risponderne».  In caso di controversie è fondamentale la figura del medico legale: «Richiedere l’autopsia del defunto, è l’unico modo  per scoprire in tempo utile le cause senza incorrere in querele – non ha mezzi termini Roberto Testi medico legale e direttore di dipartimento della Città di Torino – Questo perché sono numerose le richieste di risarcimento che negli anni hanno attraversato le file degli ospedali italiani». In pratica non esiste un’unica causa: «Un fattore importante è la Prevenzione – interviene Massimo Uberti direttore generale dell’AslTo5 – Essa deve essere affrontata su due fronti: interno ed esterno all’ospedale. E’ importante puntare su una maggior formazione degli addetti, sopperire ai tagli e alla mancanza dei materiali con un’altra importante necessità: gli investimenti. Nei confronti dei cittadini, invece, la prevenzione si può attuare con la sensibilizzazione. La soluzione è promuovere una vita sana ed equilibrata facendo luce sui rischi che potrebbe comportare una eccessiva sregolatezza». Dati alla mano, la dottoressa Maria Antonia Leoni dell’AslTo5, Responsabile Servizio Gestione del Patrimonio, segnala fin da subito che il 44% degli episodi di risarcimento vengono archiviati senza seguito e gli indagati prosciolti. La stessa è fiduciosa nel constatare che in Italia, dopo il “boom” di atti legali avvenuto nell’anno 2010, la situazione è andata stabilizzandosi. Gli analisti riscontrano infatti un 43% di danni risarciti e solo un 13% di cause ancora aperte. Ma, tolte le statistiche, cosa può scatenare situazioni a rischio che fanno scattare il meccanismo del conflitto? Dai corridoi del pronto soccorso ai reparti è fondamentale migliorare anche il rapporto medico-paziente, sconfiggere la diffidenza dei pazienti tramite l’informazione come sostiene il dottor Domenico Martelli, dirigente medico Ospedale Maria Vittoria di Torino: «Ma anche comprendere la posizione dei dottori che spesso si trovano a far da intermediario del conflitto cittadino-amministrazione e dello scoglio della burocrazia, con la paura costante della magistratura». Marco Ronco, avvocato civilista, si sofferma sulla questione del consenso informato, portando in causa l’art.3 II comma della costituzione italiana secondo il quale la persona interessata deve essere consapevole del trattamento e dei rischi cui potrebbe essere soggetto, in modo da affrontare consciamente la terapia da intraprendere.  Come sottolinea l’avvocato penalista Stefano Tizzani in chiusura della conferenza: «E’ fondamentale che lo stesso legale si occupi di ogni caso con la giusta prudenza, evitando di entrare in causa di fronte alle possibili imperizie». Prevenzione, risorse e comunicazione possono essere dunque l’accoppiata vincente per gestire e, chissà, anche superare il conflitto.