LE PERLE NERE DELLA MUSICA a cura di Edoardo Ferrati

Gino Marinuzzi

La perla nera, tipica delle lagune degli atolli polinesiani, è legata a Tane, divinitĂ  che presiedeva i dieci livelli del paradiso e che, secondo la mitologia, produsse le prime scintille di luce. E’ talmente rara e preziosa da essere nota come “perla delle regine”. Da qui l’idea del titolo ii questa nuova rubrica che vuole proporre al lettore musica da ascoltare, vedere e leggere: CD, DVD e libri che si allontanano dai soliti percorsi, noti a chiunque abbia un po’ di dimestichezza con la musica.

 

Gino Marinuzzi- Sinfonia in La, Suite Siciliana

Orchestra Sinfonica e coro “Giuseppe Verdi” di Milano diretti da Giuseppe Grazioli

Decca 481 5423 CD, reg. 2016, durata 67.49

La Sinfonica “Verdi” e il direttore Grazioli si stanno facendo in quattro per riportare alla luce in sede concertistica e discografica una parte della musica del Novecento italiano (basti pensare al catalogo di Nino Rota). Grazioli ha affidato al disco due lavori di Marinuzzi una prima assoluta e una prima in studio, ossia la Sinfonia in La (1943) e la Suite Siciliana (1909).

Il palermitano Gino Marinuzzi, importante direttore italiano del Novecento quasi dimenticato, nacque il 18 marzo 1882. Il padre Antonio, avvocato di prestigio e grande appassionato di musica, non appena fu consapevole delle doti del figlio, lo affidò al maestro Guglielmo Zuelli, direttore del Conservatorio di Palermo. Studiò con eccellente profitto, ottenendo  successo con i suoi primi lavori: appena diciottenne una sua Messa da Requiem gli valse il riconoscimento di Cavaliere d’Italia. L’esordio sul podio ebbe luogo in modo fortuito a Palermo nel 1901 con Rigoletto in sostituzione del direttore titolare contestato. Accettò la routine dei teatri minori, come si usava a quei tempi. Conobbe la sua prima opportunità nel 1908 all’Opéra Comique di Parigi, poi per un breve periodo al Teatro Real di Madrid. Fu Walter Mocchi, geniale impresario milanese, a lanciare in campo internazionale Marinuzzi che effettuò una faticosa tournée sudamericana (Ballo in maschera, Wally, Aida, Traviata, Bohème) che raccolse entusiastiche accoglienze che si ripeteranno nel corso di numerose trasferte. Al ritorno in Italia si aprirono le porte della Scala dove diresse per un decennio a cominciare dall’arduo Oro del Reno wagneriano. Negli anni della prima guerra mondiale accettò, non senza esitazioni, la direzione del Conservatorio di Bologna, lasciata vagante da Ferruccio Busoni. Il ritorno alla direzione d’orchestra avvenne nel 1918 con un tour in Argentina cui seguì il trionfo negli Stati Uniti (1919-21) dove incise i suoi primi dischi, mentre nel 1920 accettò la direzione della Lyric Opera di Chicago. Poi direttore musicale per un triennio dell’Opera Reale di Roma. Rifiutata una cospicua proposta economica del Metropolitan di New York, preferì alternare tournées con un’intensa attività nei teatri italiani dove diresse numerosi lavori in prima assoluta. Il 21 aprile 1945 si congedò dal pubblico con una splendida edizione del “Don Giovanni” al Teatro Lirico di Milano. In agosto il maestro spirò stroncato da una crisi epatica nel volgere di soli tre giorni. E’ sepolto a Sanremo, città prediletta per tutta la vita, dove acquistò una villa, circondato dalla famiglia e dagli amici, e dove coltivò progetti di animazione e organizzazione musicale.

Marinuzzi ha lasciato una importante impronta nella storia della direzione d’orchestra: impressionante la mole delle partiture liriche e sinfoniche da lui affrontate senza alcuna preclusione e pregiudizio estetico. La Suite Siciliana si articola in quattro piacevoli movimenti tra pittura di genere e rievocazione nostalgica con l’inserimento di un coro femminile senza parole. Da uno dei quattro movimenti La canzone dell’emigrante, Fabrizio De André trarrà un suo famoso brano. La Sinfonia in La è più ambiziosa: l’impianto classico si colloca come un nobile richiamo a un passato ideale della “Natura Gran Madre creatrice” come si legge nella partitura all’inizio dell’ultimo movimento. Evidenti, soprattutto i richiami a Mahler e Richard Strauss, Un lavoro di grande interesse.

Grazioli rinuncia ad enfatizzare le frequenti indicazioni di cambio di tempo, preferendo la compattezza e puntando sull’essenzialità. L’Orchestra “Verdi” suona molto bene, confermando così la propria confidenza con il repertorio novecentesco. Un bel risultato complessivo nel dominio di una difficile partitura.

Per il lettore curioso consiglierei la lettura del libro Il signore del golfo mistico scritto dalla figlia Lia Pierotti Cei comparso per i tipi dell’editore fiorentino Sansoni nel 1982 in occasione del centenario della nascita del Maestro. Un testo singolare di rara efficacia dove i sentimenti personali sono posti nell’ombra, per focalizzare il più autentico Marinuzzi, il suo smisurato impegno sempre impostato sui ritmi e sulle ragioni più profonde della musica.