Asti. Billy Costacurta a FuoriLuogo: “Amo sempre il calcio ma preferisco l’NBA”

Billy Costacurta e Nicola Roggero

Se devo scegliere tra una partita di calcio ed una dell’NBA scelgo di guardare il basket”.

Sembra una boutade detta da chi ha vissuto di calcio e continua a frequentarlo come tecnico e opinionista tv. A dirlo però è Alessandro “Billy” Costacurta, celebrato difensore del Milan dei record, quello che ha vinto 7 scudetti e 5 Coppe dei Campioni.

Nell’intervista che il giornalista di Sky Nicola Roggero ha condotto ieri sera, venerdì 22 settembre, a FuoriLuogo Costacurta ha raccontato di sé e del suo rapporto con il calcio e non solo.

Il calcio mi piace sempre – ha aggiunto – soprattutto perché amo trovare le sfumature, capire il lavoro che c’è dietro l’impostazione di una squadra, chiedermi perché un giocatore cresce oppure rimane al palo. Mi chiedo se è responsabilità dell’allenatore o demerito del calciatore”.

Billy Costacurta, deve il suo soprannome proprio al basket (la Billy era lo sponsor dell’Olimpia Milano negli anni ’70), sport che ha praticato da ragazzino (e nel quale era anche “bravino”, precisa).

L’allenatore del Milan giovanissimi che mi fece il provino, vedendomi palleggiare mi disse in milanese: “Cosa fai qui? Vai a giocare con la Billy!” e da lì in poi sono stato Billy per tutti”.

Costacurta ha l’andamento leggero e rassicurante di chi nella vita ne ha viste tante. Ti guarda negli occhi quando risponde alle domande, come chi è sicuro di non dover nascondere niente. Tra le tante vittorie e le (poche) sconfitte, racconta delle cose difficili e dolorose come la morte di una sorellina e la prematura scomparsa del padre quando era adolescente: “le vere tragedie”, non certo una sconfitta sul campo da calcio.

Mi viene un po’ da ridere quando gli sportivi dicono che hanno fatto sacrifici per la loro professione. Quali sacrifici? Io ho fatto un lavoro entusiasmante. Ho sempre vissuto il ritiro come un momento di riflessione, non come una costrizione. Forse la mia famiglia mi ha aiutato in questo, perché avevo visto le vere sofferenze e la mia carriera è stata un’occasione di riscatto per tutti noi.”

Il racconto continua con le storie dei suoi compagni d’avventura, di chi aveva le crisi di panico nello scendere in campo, con quelle dei suoi allenatori, Sacchi, Capello, Ancelotti e del loro diverso approccio al calcio. Costacurta parla degli avversari, di quelli antipatici che sapevano fingere ed esagerare un fallo subìto. Ricorda di essere stato compagno di squadra di 14 palloni d’oro, di aver iniziato la sua avventura a fianco di Van Basten: “Uno che con una caviglia sola ha vinto tre palloni d’oro di fila”.

Quello che mi manca di più è lo spogliatoio. Chiunque abbia praticato uno sport di squadra sa di cosa parlo – continua Costacurta – E’ li che si fanno le esperienze umane più forti, che si cresce e si matura come persone. Non succede nulla di eccezionale, non ho grandi discorsi degli allenatori da ricordare. Qualche rissa, qualche scazzottata – aggiunge ridendo – ma in realtà è nello spogliatoio che si capiscono gli atteggiamenti mentali, l’approccio positivo o negativo dei tuoi compagni alle cose che vanno bene o male. E ti rendi conto che a volte basta poco per cambiare proprio quegli atteggiamenti: una frase buttata lì senza pensarci troppo che fa intravedere un’altra prospettiva. Per questo incoraggio mio figlio e i giovani a praticare uno sport di squadra. So che troveranno l’occasione per maturare”.

L’intervista volge al termine, ma Costacurta promette di tornare accompagnato dalla moglie, Martina Colombari, soprattutto per far gustare anche a lei i “magnifici agnolotti e il Ruché” consumati a cena. La platea apprezza con grandi applausi.

Carmela Pagnotta