LE PERLE NERE DELLA MUSICA a cura di Edoardo Ferrati
COPLAND, Sinfonia n. 3 / Three Latino American Sketches
Detroit Symphony Orchestra diretta da Leonard Slatink
Naxos 8.559844; reg. settembre 2015, durata 55:18
La figura di Aaron Copland (1900-1990), foto, occupa un ruolo importante in quella generazione di musicisti
Americani che volsero il loro sguardo in direzione dell’Europa, in particolare della Francia dove nel clima parigino ritrovarono il punto congeniale di una molteplice ricerca in tutti i generi artistici. Approdò all’Ecole de Fontainebleau, frequentando i celebri corsi di composizione di Nadia Boulanger, insegnante di alcuni musicisti che avranno un ruolo importante sullo scacchiere d’oltreoceano quali Elliot Carter, Walter Piston e Virgil Thomson. Tornato negli Stati Uniti (1926) si concentrò sull’uso di elementi jazzistici, ossia i mezzi che egli riteneva più autenticamente americani. Un paio d’anni dopo passò agli stilemi stravinskiani del soggiorno parigino che assunsero i toni di una fase intellettualistica, segnata da strutture ritmiche complesse, difficili nell’esecuzione e di non immediata comprensione al primo ascolto.
Con la comparsa (radio, fonografo, cinema) Copland avvertì l’esigenza di comunicare con un pubblico sempre più ampio, prosciugando la sua attività compositiva e prendendo la via dell’ uso di motivi folclorici e popolari. Prese forma così la sua grande stagione creativa che in breve lo condusse ad essere riconosciuto come il compositore americano più celebre di musica colta, sia per quanto riguarda il linguaggio e la tecnica di scrittura sempre più raffinata. Il motivo popolare non è una ricostruzione fantastica della creazione, bensì il mezzo per approdare alla comunicativa realizzata con la tecnica politonale, sottolineata da una marcata ritmica e dall’uso di una timbrica strumentale di giuoco percussivo. L’ecclettismo è la peculiarità della sua musica avvolto in una scrittura orchestrale scaltrita dove spesso sono presenti episodi di natura cameristica.
La Terza Sinfonia fu eseguita per la prima volta dalla Boston Symphony Orchestra diretta da Sergej Koussevitzky (ottobre 1948). E’ articolata in quattro movimenti, gli ultimi due sono senza soluzione di continuità Il primo tempo espone tre motivi tematici semplici i primi due, mentre il terzo è energico (espresso dai tromboni). Tali motivi ricompaiono in modo quasi ciclico nei successivi movimenti. Il secondo tempo è brillante, estroverso con effetti orchestrali di gusto russo (es. Sostakovic) Il movimento lento principia con i soli archi che anticipano il terzo motivo del
Moderato molto iniziale. L’ordito della trama orchestrale s’inspessisce progressivamente con l’aggressione sonora dei fiati. A conclusione dell’ Andantino quasi allegretto replicano la loro presenza le idee tematiche e melodiche già note che sfociano nel quarto tempo conclusivo maestoso e realizzato con vigorosa pregnanza.
Completano il disco i deliziosi Latin American Sketches, pagine staccate, nate tra il 1950 e il ’72, poi assemblate in un trittico.
La Detroit Symphony Orchestra, fondata nel 1897 e attiva dal 1914, ha avuto come direttori musicali figure di un certo rilievo come il francese Paul Paray, il magiaro Antal Dorati, l’estone Naeme Jarvi e, ora dal 2005 Leonard Slatink. Quest’ultimo licenzia un pregevole disco con un’orchestra in ottima forma: cura dei dettagli e varietà dei colori, mentre i ritmi dell’America Latina vengono restituiti con tutta la brillantezza necessaria.