ALLEGRO MOLTO a cura d Edoardo Ferrati
CHIERI (TO)- IL RITORNO DI DOMENICO TORTA-
Lo spettacolo Piccolo popolo fievoli fiabole frivole di Domenico Torta, andato in scena nel febbraio 2015 al Piccolo Regio di Torino, poi replicato per le scuole e in numerose località del Piemonte, è ritornato a casa. Lo spettacolo è rimasto sostanzialmente immutato con una significativa aggiunta finale che è l’esito di un percorso didattico. Ed è proprio dal finale che tento una sintesi circa gli obiettivi del lavoro compiuto. Entrano in scena, in un corteo che assomiglia a quello de Il pifferaio magico, i ragazzi delle classi 3D e 2D della scuola media “Oscar Levi”, allievi di Pasquale Campera e dello stesso Domenica Torta, in un colorito corteo in cui i protagonisti suonano cucchiai, campane tubolari, rastrelli, sega, pettini, cinture, sedie, bidoni, bottiglie che si animano trasformandosi in strumenti musicali. Una scommessa che poteva rivelarsi rischiosa.ma risultata vincente grazie all’impegno di un considerevole numero di forze locali. Un esempio di come attraverso il gioco i ragazzi possano entrare in contatto con gli oggetti, le sonorità e questo stimola la percezione e lo sviluppo delle loro competenze. L’adulto ha quindi la capacità di stare in ascolto (leggasi osservazione).Insomma, il piacere della scoperta sonora per imparare un nuovo modo di proporre la musica che va svincolato dalla pura performance, solo rivolto alla promozione del benessere attraverso il sonoro musicale. Che la musica arricchisca la crescita globale della persona ormai è noto, semmai è il modo in cui essa viene proposta è fondamentale rispetto al coinvolgimento, stimolando i processi cognitivi legati all’apprendimento, alla memoria e alla capacità di concentrazione. Avvicinare i ragazzi al mondo del suono favorisce in loro la costruzione di atteggiamenti positivi e comportamenti attivi, ma soprattutto li aiuta a sviluppare un loro linguaggio emotivo, un modo di ascoltare maggiormente se stessi e gli altri, in particolare migliora le loro capacità di porsi in relazione. Quanto sopraddetto, credo, sia l’obiettivo basilare che Torta ha voluto focalizzare con un’esperienza sul campo senza la mediazione di sterili manuali didattici che spesso fossilizzano la comunicazione e l’interazione docente-allievo. Ma, torniamo all’inizio. La partitura esordisce con un’introduzione definita ancestrale, riconducibile al mondo degli antenati, spesso con riferimenti sentiti come reconditi, inspiegabili. Protagonisti strumenti sconosciuti o quasi all’odierno ascoltatore: omenofono (macchina del vento), cilindri contenenti semi di granturco ben essiccati, brocheofono (lunghi bastoni rivestiti di plastica), macchina del suono (lastra rettangolare di alluminio). Tutti usati per ricreare suoni di natura come il sibilo del vento, la pioggia, la risacca del mare, il tuono, il fuoco con l’aggiunta di suoni che imitano i versi degli animali. Una sorta di “Sinfonia del Mondo” che vuole ricercare la nascita della natura del suono, non ancora una scala musicale, qualcosa elaborato culturalmente, ma un suono che potrebbe far pensare a un urlo o a un grido. Secondo il mito induista, il suono veniva definito prima parola ed elemento primordiale comune a tutto il cosmo, è la sostanza originaria dell’universo. In questa cosmogonia il suono rappresenta una sorta di elemento visibile primordiale che può correggere lo squilibrio tra l’uomo e le forze negative della Creazione. Non solo vento, mare, fuoco, tempesta e pioggia danno origine all’alba della vita, sono veicoli che consentono all’uomo di imparare, osservare e vedere, nonché ad ascoltare, sentire, immaginare e narrare. E sono proprio le quattro favole, scritte dallo stesso Torta (L’omino e la torre, Le sei principesse, I tre rastrelli e E un putà) che costituiscono un po’ il nucleo della partitura che si sviluppa per ben 253 pagine. I quattro scritti sono poeticissimi ed hanno per protagonisti il mondo dei semplici poco a poco inghiottito dalla globalizzazione aggressiva e dalla autoreferenzialità. Morte la tradizione orale e le semplici azioni, Torta osserva l’attuale situazione con sguardo retrospettivo e anche di recupero. Una capacità di raccontare dove la forza della parola è inserita in un contesto ricco di sorprese e di atmosfere coloristiche da scoprire e indagare. La partitura è complessa, bella anche da vedersi nella sua chiarezza di scrittura, accompagnata da una serie di disegni circa le disposizioni sceniche (sì proprio come faceva il grande Verdi nei bellissimi volumi pubblicati da Ricordi!). Un esempio di eclettismo nel senso positivo del termine dove evoluzione della struttura, intelaiatura drammaturgica ed espressione poggiano su solide basi.
Lo spettacolo, che fatto da prologo alla 17.ma edizione del Concorso Internazionale “Giovani Interpreti Città di Chieri” che si sta svolgendo in questi giorni e organizzato dal Circolo Cameristico Piemontese, ha riscosso un caloroso successo da parte di un pubblico che gremiva la sala Conceria e coinvolto nel finale a suonare i cucchiai sulle note della celebre Danza delle Ore di Ponchielli. Lo spettacolo corre via spedito, ha avuto per interpreti i Musicanti di Riva presso Chieri, ormai veterani collaudati come percussionisti e attori, l’Orchestra Musica Manens con l’aggiunta di alcuni membri della Chieri Sinfonietta diretti con cura da Andrea Damiano Cotti e naturalmente i ragazzi della scuola media “Levi”. Nel ruolo di narratore un sobrio Domenico Torta, soprattutto da osservare negli sguardi e nelle espressioni facciali da cui traspariva un palese piacere del raccontare: una specie di Prospero, il folletto shakesperiano, che si è congedato dal pubblico con la frase Un dono a tutti coloro che sanno guardare e ascoltare con la semplicità del cuore di un bambino.