Stato di salute dell’editoria nazionale: la sfida del digitale

Calo delle vendite del cartaceo, diffusione di siti pirata con edizioni dei gironali distribuite illegalmente in forma gratuita, ma anche fake news, aumento di popolarità dei social network e crescente disaffezione verso il mondo del giornalismo da parte del pubblico: sono solo alcuni dei problemi che l’editoria italiana sta affrontando da ormai dieci anni. Si pensi che secondo i dati distribuiti dalla FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) il calo della distribuzione dei giornali cartacei ha avuto un crollo superiore al 50% dal 2005 al 2016.

Anche l’ultimo studio condotto dal Censis ha evidenziato uno scenario per certi versi disastroso: nel 2017, la percentuale di italiani che ha sfogliato un quotidiano almeno una volta  settimana non ha superato il 35%, e questo numero si riduce a meno del 10% se si guarda solo alle fasce più giovani. Del resto, sempre secondo il Censis, a prediligere la carta stampata come fonte di reperimento delle notizie è appena il 14,2% della popolazione.

Come ha reagito il mondo dell’editoria a questo cambiamento antropologico del lettore medio? Cosa fanno gli editori di fronte ad un utente che fino a 10 anni fa aveva bisogno di acquistare un giornale per essere informato, mentre oggi preferisce consultare le notizie sul suo smartphone connesso o sul pc del lavoro? E in termini prettamente economici e commerciali, cosa fanno per sopperire al calo delle vendite e rendere perciò ancora sostenibile il lavoro delle redazioni?

Le risposte incoraggianti per fortuna non mancano. Anche in Italia, sulla scia di quanto accade negli Stati Uniti dove oltre il 75% delle fonti di informazione online non offre consultazioni gratuite, i giornali online hanno iniziato a limitare il consumo gratis delle notizie, richiedendo la sottoscrizione di abbonamenti o l’acquisto di una copia in digitale. Per arrivare a questo, ovviamente, tutti i principali giornali hanno creato una versione online della testata, senza contare le testate registrate che sono nate direttamente sul web senza passare per il cartaceo.

Anche se l’acquisto di copie digitali non ha ancora colmato il calo delle vendite di copie cartacee, alcune iniziative di successo dimostrano come la strada sia percorribile. Nel febbraio 2016, ad esempio, Corriere.it è passato alla nuova modalità di fruizione quasi del tutto a pagamento e in poche ore ha raggiunto oltre 26000 utenti registrati.

Una nicchia di mercato importantissima è rappresentata da aziende e professionisti che hanno bisogno di informarsi sui giornali. Il passaggio al digitale ha offerto a questo tipo di pubblico degli strumenti di lavoro dal potenziale incredibile: sfogliatori online che permettono di eseguire ricerche su più giornali simultaneamente; sistemi di condivisione rapida di ritagli di giornali (sempre digitali); alert personalizzati, ma soprattutto immediatezza d’accesso a tutta l’informazione di alto profilo.  Per una maggiore tutela della clientela, alcune edicole on-line digitali si sono sottoposte in maniera spontanea alla revisione da parte di organismi associati alla Consob.

Tornando invece al grande pubblico, uno dei problemi più grandi che l’editoria si trova e si troverà ad affrontare nei prossimi anni è la crescita dell’informazione sui social network. Anche se in Italia la maggioranza della popolazione (oltre il 60%) dichiara di continuare a prediligere il telegiormale come fonte d’informazione, la quota di persone che si informa sul famoso social network Facebook è già al 35%. Non c’è niente di male ad informarsi tramite i social network, ma le piattaforme di questo tipo hanno consentito il dilagare di notizie bufala, così come l’illusione che la buona e corretta informazione possa essere sempre fruibile in forma gratuita.

Nei mesi scorsi è divampata la polemica sulle fake news (appunto: notizie bufala) e Facebook, nonostante sia solo la piattaforma di diffusione e non abbia responsabilità sul tipo di informazioni divulgate, ha iniziato a porsi il problema. Secondo indiscrezioni fatte trapelare dal New York Times in un articolo di fine novembre 2017, il social network di Zuckenberg avrebbe intenzione di istituire una commissione dedicata proprio al reperimento di fake news durante la prossima campagna elettorale. Questo dimostra come il tema delle bufale non sia indifferente nemmeno a chi ne trae grande guadagni, anche perché se vorrà continuare a rappresentare una fonte privilegiata di informazione, facebook dovrà imparare a distinguere la qualità dalla quantità.