LE PERLE NERE DELLA MUSICA a cura di Edoardo Ferrati

BERLIOZ, Les Troyens, grand opera in due parti e cinque atti, libretto Compositore (da Virgilio)

Prima rappresentazione: Karlsruhe, , Hofoper, 6 e 7 dicembre 1890

Interpreti principali: Marie Nicole Lemieux (Cassandre), Joyce Di Donato (Didon), Michael Spyres (Enée).

Nicolas Courial (Narbal), Cyrille Dubois (Iopas), Stanislav de Barbayan (Hylios)

Orchestre Philarmonique de Strasbourg, cori dell’Opéra National du Rhin e Badischer Staatsoper diretti da John Nelson  reg. aprile 2017 Erato 01902957622209 (4 cd)

 

Il monumentale dittico de Les Troyens che, in vita Berlioz (foto) l’autore, non venne mai rappresentato: si tratta di due opere distinte La prise de Troie e Les Troyens à Carthage che vennero infatti divise in due spettacoli e che, nella cultura francese sono stati paragonati al ciclo wagneriano delle quattro opere che fanno parte de L’anello del Nibelungo. Il lavoro incontrò subito gravi difficoltà ad essere messo in scena: durata quattro ore, complessità dell’allestimento, impiego di grandi masse artistiche sono le principali ragioni della lunga latitanza dai teatri. La prima edizione integrale ebbe luogo solo a Londra nel 1957 diretta da Colin Davis, autentico apostolo di Berlioz che ne fece uno dei capisaldi del proprio repertorio. Questo grande direttore inglese, scomparso quattro anni or sono e che rischia la posizione del dimenticato, realizzò ben due incisioni in studio (1969,  1972) e quattro “lives tra cui quella del ’96 alla Scala. Fin dagli inizi del 1856 a Weimar, dove Berlioz si recò in visita all’amico Liszt, decise di realizzare un suo vecchio sogno di un grande poema drammatico-musicale dedicato all’Eneide  di cui era attento lettore fin dal periodo della giovinezza. Oltre a Liszt la sollecitazione esterna giunse dalla principessa Caroline Sayn Wittgenstein, fascinosa donna che stregò anche lo stesso Berlioz.

Rientrato a Parigi si mise alacremente al lavoro, creando così nell’arco di due anni un’opera dalle dimensioni soverchianti tanto da intimorire qualsiasi teatro, persino quello abituato a celebrare i fasti del grand opera, ossia l’Opéra di Parigi con la quale si crearono complicati ed estenuanti  contatti, ma senza esito. Tutto concorre a fare de Les Troyens, un gigantesco epicedio, grandemente tragico della storia dell’opera. Qui convivono dramma musicale, classicismo e romanticismo serrati in un enorme affresco dalla continua fantasia inventiva.

La discografia di Les Troyens non è molto vasta (una ventina di edizioni) ma affidata a bacchette di alto rango quali Davis, di cui si è già detto, Beecham, Pretre, Kubelik, Levine, Chung, Dutoit, Pappano, Gergiev. In cotanto gotha la direzione di John Nelson si colloca in un contesto in cui tutto è a posto con particolare cura al colore orchestrale e alle dinamiche: un indiscutibile “narratore” che merita lode. Manca, però, un’approfondita analisi che non indaga nella direzione dello spirito grandiosamente classico, epico. L’esito risulta un po’ generico, superficiale se si vuole; comunque non manca un saldo controllo dell’imponente massa orchestrale e corale.

Il tenore Michael Spyres è chiamato a sostenere la tremenda parte di Enea, messa a dura prova nel registro acuto, richiede sonorità di testa nella fascia centrale, nonché smorzature, rinforzi e legati, senza trascurare il fraseggio smorzato e dinamico. Spyres esce fuori impari al confronto di colleghi come Vickers, Del Monaco o Domingo. Un Enea non esaltante, troppo stilizzato ed elegante, un ruolo che si rivela al di sopra dei propri mezzi naturali. Fluviale la Cassandra di Marie Nicole Lemiuex, quasi al limite dell’eccesso. A suo modo affascinante Joyce Di Donato nella lettura di Didone resa senza timore, anche se si percepiscono alcune rigidità e disuguaglianze. Di buona qualità il resto del cast: Nicolas Courial un Narbal dalla voce scura, Cyrille Dubois (Iopas) e Stanislav de Barbayan (Hylios), forse, potrebbero venire voci importanti. Splendida la qualità della registrazione.

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