CRONACA –  Asti, condannati i nigeriani responsabili dell’aggressione a colpi di machete per rapinare un connazionale

A giugno dell’anno scorso la città era stata scossa da una aggressione a scopo di rapina, in pieno giorno, di un cittadino nigeriano da parte di tre connazionali. Il video di tale aggressione, che riprendeva la parte offesa inseguita da tre soggetti armati di machete avvenuta in Corso Matteotti di Asti, fu pubblicato su molti siti web. Il primo intervento effettuato da una pattuglia dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia di Asti consentiva di soccorrere immediatamente la vittima, rapinata di €460 e un cellulare e di raccogliere i primi importati dati per risalire ai tre aggressori che si erano dati alla fuga. Una meticolosa attività investigativa fu condotta dall’Aliquota Operativa della Compagnia di Asti, coordinata dal P.M. della Procura della Repubblica di Asti dottoressa Laura Deodato, che consentiva in breve tempo di individuare ed identificare i tre malviventi, tutti domiciliati abusivamente in un appartamento di Corso Casale. Un primo intervento presso il domicilio degli aggressori consentiva di trarre tutti in arresto per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti ma consentiva altresì di raccogliere importanti indizi da avvalorare la tesi investigativa circa la loro responsabilità nell’aggressione a mano armata. Dopo pochi giorni i tre soggetti venivano scarcerati per la commessa violazione delle norme in materia di stupefacenti, ma poco meno di un mese dopo  il gip del Tribunale di Asti accogliendo la richiesta del pm, supportata dal materiale investigativo acquisito in fase di indagine dai carabinieri, emetteva tre ordinanze di custodia cautelare in carcere di cui solo quella a carico di Abudu Jelilu Muhammed Segiru, 24enne nigeriano, rimane attualmente inapplicata in quanto il soggetto è latitante. Ieri a conclusione del processo di primo grado, il Tribunale di Asti condannava i due nigeriani entrambi di 25 anni, Suleman Braimah e Ogieva Desmond, alle pene rispettivamente di 4 e 5 anni, confermando quindi il provvedimento cautelare che persisteva dall’estate dell’anno scorso.