LIRICA: GRANDI VOCI PIEMONTESI a cura di Edoardo Ferrati

VALDENGO Giuseppe (Torino, 24 gennaio 1914: Aosta, 4 ottobre 2007), baritono-foto 1-

Dapprima studiò oboe al Conservatorio di Torino. Intraprese la carriera di cantante lirico con apparizioni in ruoli secondari. La prima affermazione a ventidue anni quando cantò ne La Traviata alla Scala (1938), Sviluppò una carriera prevalentemente statunitense durata un ventennio tra New York, Dallas, San Francisco, Los Angeles, Philadelphia. Rientrato in Europa si produsse a Parigi e al festival di Glyndebourne. Le non comuni doti interpretative e musicali, la pronuncia perfetta che consentiva di percepire ogni parola, lo portarono a focalizzarsi sul repertorio verdiano, diventando così il baritono preferito da Arturo Toscanini con cui nel 1949 realizzò le leggendarie registrazioni di Aida, Otello, Falstaff. Lasciò le scene nel 1966.

Toscanini è stato il mentore, l’ombra dell’esistenza di Valdengo, una sorta di sopravvissuto, tormentato da ombre lontane, quasi minacciose. Conobbi e frequentati il mitico cantante grazie a un suo allievo che mi lanciò l’idea di una visita alla villa di Saint Vincent dove resiedeva, a due passi dal casinò, sotto il monte Zerbion. Una sorta di prigione in cui i ricordi erano i protagonisti, intorno la sua musica, la sua vita, i suoi documenti, i suoi abiti di scena. Venni accolto con il tipico atteggiamento piemontese, cortese, ma diffidente, pronto a giocare d’attacco. La casa era sistemata con cura: al centro del soggiorno un grande pianoforte a coda, le pareti tappezzate di ritratti autografati da celebri colleghi come la Tebaldi, Bjorling, Del Monaco, Tucker, la Barbieri, naturalmente Toscanini. Quest’ultimo era ovunque con ritratti, cammei, busti medaglie, copertine di dischi, lettere.

Fu una giornata turbinosa disseminata di aneddoti, documenti, pesanti giudizi indirizzati a Di Stefano, Siepi, Pasero, Pertile, irripetibili quelli sulla Callas, Era un uomo amareggiato, nonostante i grandi successi e la gloria artistica per merito e non per raccomandazione. Non gli mancava nulla. Un caratteraccio, non la mandava a dire. Polemico anche nei riguardi dell’adorato Toscanini che, nel corso della registrazione di Falstaff lo colse in fallo: Fai meno recite e presentati più preparato! Valdengo replicò prontamente, Eh, maestro devo pur mangiare. Dopo la scomparsa di Toscanini, rientrò in Italia convinto di trovare dovizia di contratti: fu, invece, la più amara delle sue delusioni, trovò solo dicerie e maldicenze, porte chiuse. Questo atteggiamento provocò l’inchiesta avviata da un magistrato nei confronti di agenti e sovrintendenti corrotti (metà anni Sessanta). Tutto finì nel nulla, come tante cose italiane. Il carattere da battagliero mutò in depressione: detestava la natia Torino e riparò nella casa in valle d’Aosta.

Un docente di canto severissimo, ma dispensatore di utili consigli. Un gendarme del melodramma come si faceva una volta, rifiutando così i mutamenti di gusto e stile come avviene, da sempre, in ogni forma d’arte. Ora ha raggiunto il Maestro di cui potrà riabbracciare il fantasma. Povero Valdengo! Ha pubblicato l’autobiografia Ho cantato con Toscanini (1962) di cui conservo una copia e una fotografia (Rigoletto, Met di New York) entrambe autografate.

Oltre a Aida, Otello, Falstaff, dirette da Toscanini nel 1949, ha lasciato alcune opere integrali tra cui Rigoletto, Traviata

(Mexico City, 1948), Don Giovanni (Leporello, Napoli, 1958) tutte lives, Rigoletto (Sparafucile, Rca 1950), Pagliacci (Tonio, Columbia, 1951), Ballo in maschera (Cetra, 1956). Tre i documenti videografici: Aida, in forma di concerto, con Toscanini e prima opera ad essere trasmessa in televisione,Cavalleria rusticana (Rai, 1956) e La rondine di Puccini (Napoli, 1958).

TAJO Italo (Pinerolo, 25 aprile 1915; Cincinnati-USA- 28 marzo 1994)-basso-foto 2-

Dal 1940, anno in cui fiorì la sua fama internazionale, fino al ’66 si divise tra Europa e Stati Uniti. Docente alla Cincinnati University, esercitò anche il ruolo di regista; apparve con regolarità alla Metropolitan Opera House di New York dal 1948 al 1991 anche in ruoli di carattere fino all’età di settant’anni. Studiò canto a Torino dove esordì nel 1935 come Fafner ne L’Oro del Reno, l’anno successivo attivo al festival di Glyndebourne in ruoli comprimari mozartiani. Il suo repertorio incluse anche opere contemporanee come le prime italiane di Wozzeck di Berg (1942), Troilo e Cressida di Walton, Guerra e pace di Prokof’ev (1953) e Il naso di Sostakovic (1961), nonché prime esecuzioni di Lualdi, Malipiero, Nono, Berio. Alternò il repertorio comico a quello serio. Affrontò anche il musical a Broadway, rilevando Ezio Pinza nei titoli South Pacific e Kiss me Kate di Rodgers.

Dotato di magnifica voce, tra le più celebri del teatro italiano, ottenne successo incondizionato, affermandosi per autorità scenica e per capacità di approfondimento psicologico dei personaggi a lui affidati. Per oltre quarant’anni calcò le scene di New York, Chicago, San Francisco, Dallas, Los Angeles. Tajo rimase legato al modo antico dell’opera come Valdengo, ma con una differenza abissale perché seppe vivere il ritiro con grande serenità.

La discografia di Tajo è tutta live, citiamo:  Nozze di Figaro (1949), il celebre Macbeth scaligero diretto da Victor De Sabata con la Callas (1952), Rigoletto(Sparafucile, 1950), Requiem di Mozartacon ancora De Sabata sul podio (1939), Il Trovatore napoletano con Callas (1951),  un recital di arie da concerto e opere di Mozart, Verdi, Rossini per l’etichetta austriaca Preiser (1949-55)

(3.continua)