PIEMONTE ARTE: SICCHIERO, MONDOVI’, CAMERA, MAZZONIS, BOCCHINO, CHIERI, COLLEGNO, BERNARDI, SALAMON…
IL CHIERESE SICCHIERO ALLA BIENNALE DI GRAFICA A PERUGIA
L’artista chierese Maurizio Sicchiero mercoledì 5 dicembre è a Perugia ad una interessante Mostra di incisione. E’ stato invitato a partecipare alla “Biennale di Grafica Contemporanea” nella sezione “Maestri”, organizzata dall’Associazione Diego Donati di Perugia. Sarà pubblicato il catalogo della manifestazione che ha come patrocinio anche il Ministero per i beni e le attività culturali.
MONDOVI’: KANDINSKIJ, L’ARMONIA PRESERVATA
Dietro le quinte del restauro
Museo della Ceramica di Mondovì (CN)
Sino a domenica 3 febbraio 2019.
La Fondazione CRC presenta nella sede del Museo della Ceramica di Mondovì un nuovo progetto espositivo realizzato in collaborazione con il Comune di Bergamo, la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo e il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Dopo il successo dello scorso anno, con la presentazione dell’opera “Il signor Arnaud a cavallo” di Edouard Manet, la mostra Kandinskij, l’armonia preservata. Dietro le quinte del restauro porta in provincia di Cuneo il dipinto Spitz-Rund, un olio su cartone realizzato nel 1925 dal celebre pittore russo, padre dell’Astrattismo europeo, in prestito dalla Collezione della GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. L’esposizione, allestita sino a domenica 3 febbraio 2019, è l’occasione per svelare gli esiti dell’intervento di studio e consolidamento realizzato sul dipinto dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. La mostra è pensata come un’esperienza immersiva, che consente al visitatore di scoprire l’opera sotto molteplici prospettive di investigazione: dalla poetica dell’artista alla tecnica esecutiva, sino alla lettura delle fragilità del dipinto che, a causa dei materiali costitutivi e della storia conservativa, ha richiesto un impegno attento e accurato. Wassilij Kandinskij (1866-1944) dipinge Spitz-Rund durante il periodo di docenza al Bauhaus di Weimar, incarico che svolse dal 1922 al 1925, chiamato da Walter Gropius. L’opera mostra tutta l’influenza della scuola, al punto di esserne considerata una sintesi: è il frutto dell’elaborazione di un nuovo linguaggio pittorico di Kandinskij che in questa fase della sua vita riconduce le linee, prima libere di fluttuare nello spazio pittorico, a forme geometriche elementari come rette, cerchi e triangoli. Un’importante campagna diagnostica riaccende ora i riflettori sull’opera, entrata a far parte delle Collezioni della GAMeC nel 1999, grazie alla donazione di Gianfranco e Luigia Spajani che includeva, oltre agli esiti maggiori della pittura italiana del Novecento – Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Alberto Savinio, tra gli altri – anche una selezione di artisti stranieri tra cui, oltre a Kandinskij, Hans Hartung, Hans Richter e Roberto Sebastian Matta. Il percorso espositivo, strutturato in tre differenti sezioni, offre al pubblico strumenti di approfondimento utili a scoprire il dipinto ma anche le diverse fasi che si celano dietro al restauro di un’opera d’arte. Ad accogliere il visitatore, una sequenza di pannelli esplicativi con una rassegna di immagini che permettono di osservare dettagli dell’opera non facilmente distinguibili a occhio nudo, per proseguire con il racconto delle diverse analisi condotte sul dipinto: la seconda sala dell’esposizione ospita infatti la perfetta riproduzione di un laboratorio di restauro, in cui saranno allestite le strumentazioni utilizzate per lo studio dell’opera. Il pubblico è quindi invitato a compiere una sorta di viaggio, passo dopo passo, nel lavoro di studio, osservazione tecnica, indagine diagnostica e restauro, sino allo svelamento dell’opera d’arte. La mostra è l’occasione non solo per far conoscere le tecniche e le strumentazioni di indagine più avanzate nel campo del restauro, ma anche per sensibilizzare il pubblico sulla fragilità di queste opere e, al tempo stesso, sulla loro resilienza.
TORINO, CAMERA: MOSTRA “1969. OLIVETTI FORMES ET RECHERCHE”
Inaugurazione ed apertura al pubblico: ore 18.00 del 6 dicembre 2018
Seguirà alle ore 19.00 l’incontro con il fotografo Giorgio Colombo
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia e l’Associazione Archivio Storico Olivetti presentano la mostra 1969. Olivetti formes et recherche, una mostra internazionale, una selezione di fotografie dell’omonima mostra che la Società Olivetti organizzò nel novembre del 1969 a Parigi, che proseguì a Barcellona, Madrid, Edimburgo e Londra, per concludersi infine a Tokyo nell’ottobre 1971. A cinquant’anni anni dalla prima esposizione, la mostra odierna, curata da Barbara Bergaglio, Marcella Turchetti e Giangavino Pazzola, e aperta al pubblico in Project Room a CAMERA dal 6 dicembre 2018 al 24 febbraio 2019, ricostruisce e restituisce non soltanto i contenuti di quella storica mostra, curata dall’architetto Gae Aulenti, ma anche la storia dei personaggi che gravitavano dentro e intorno alla società Olivetti e a quella cultura: da Giorgio Soavi a Lord Snowdon, da Ettore Sottsass a Mario Bellini, da Renzo Zorzi a Italo Calvino. Oltre 70 fotografie provenienti dall’Associazione Archivio Storico Olivetti offrono la possibilità di raccontare l’ormai leggendaria esposizione nelle sue diverse tappe, attraverso servizi fotografici di grandi maestri: da Ugo Mulas per l’edizione parigina, ad Alberto Fioravanti e Giorgio Colombo per Madrid e Barcellona, a Tim Street-Porter a Londra. Ulteriori documenti di approfondimento arricchiscono il racconto per immagini: il filmato per la regia di Philippe Charliat, con commento di Riccardo Felicioli, che è un vero e proprio viaggio di scoperta attraverso una città buia e misteriosa, dove Gae Aulenti guida il visitatore all’incontro con la Olivetti; il catalogo con testi di Giovanni Giudici – un anti-catalogo se inteso nel senso tradizionale del termine – che costituisce la chiave di interpretazione dei linguaggi e delle tecniche compositive che sono state approntate nel progetto dell’esposizione; il manifesto della mostra ideato da Clino T. Castelli, che ridisegna un nuovo e diverso uomo vitruviano generatore di una varietà di movimenti e forme, distante da soluzioni standard definitive. La mostra a CAMERA si sviluppa attraverso le immagini originali dell’Archivio di Ivrea con l’obiettivo, oltre che di rievocare la stagione effervescente e dinamica di quegli anni, anche di proporre un pensiero che, con incredibile e ancora attualissima modernità, coniugava arte, industria, design, produzione e creazione di valore, a partire dal mondo del lavoro.L’esposizione costituisce, quindi, anche un’occasione unica per il pubblico di conoscere un grande modello di impresa responsabile, la cui “immagine” è portavoce della cultura creativa più avanzata del tempo e oggi riconosciuta come patrimonio dell’UNESCO. La mostra, nella primavera del 2019, sarà trasferita ad Ivrea, negli spazi del Museo Civico “P.A. Garda”. A seguito dell’inaugurazione, si terrà un incontro di approfondimento sulla mostra alle ore 19.00 con il fotografo Giorgio Colombo al quale interverranno Pier Paolo Peruccio, docente del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino e Marcella Turchetti, Associazione Archivio Storico Olivetti. L’incontro, che si inserisce nel ciclo de “I giovedì in CAMERA”, per l’occasione sarà eccezionalmente gratuito.
“ANNUNCIAZIONE E NATIVITA’”, MOSTRA DI MAZZONIS ALLA REGGIA DI VENARIA
LICONI ARTE: “MOSTRA COLLETTIVA NATALE 2018”
da sabato 8 dicembre 2018 a sabato 14 gennaio 2019
Inaugurazione sabato 8 dicembre dalle ore 15:30
Dopo la recente mostra personale “Danzeconforme” di Pino Chiezzi, LICONI ARTE presenta una mostra collettiva che durerà per tutto il periodo natalizio, poiché crediamo che a Natale sia interessante regalare Arte e Cultura. Saranno presenti nell’esposizione gli artisti che hanno partecipato alle mostre precedenti, insieme a due artisti che per la prima volta espongono le loro opere in questa Galleria, il collettivo Delta N.A. e la scultrice Ebe Tirassa i quali entrano dunque a far parte degli artisti Liconi Arte.
Delta N.A.
L’arte Delta N.A. nasce dalla collaborazione di Neva Epoque ed Alessandro Vignola. I due artisti lavorano simultaneamente su ogni opera con uno sforzo creativo sinergico che ha inizio con le prime bozze e si protrae sino agli ultimi ritocchi. Questa tecnica pittorica unica, nata dal desiderio di unire nell’arte l’anima maschile e femminile, prevede una fusione senza limiti delle singole identità artistiche, attraverso la totale libertà di intervenire o approfondire il lavoro l’uno dell’altro fino a raggiungere la completa armonia. Le opere Delta N.A. con i loro colori ammalianti e le sfumature intense raccontano una realtà suggestiva in cui il linguaggio del cuore rivela il senso profondo e squisitamente intimo della vita dell’essere umano e in cui il significato di emozioni e sentimenti prevale sull’ effimera presenza della realtà concreta.
Le loro opere sono state esposte in mostre personali e collettive in Europa, Asia e Usa e sono attualmente presenti in numerose collezioni sia private che pubbliche.
Ebe Tirassa
Ebe Tirassa è una ceramista e scultrice, formatasi sotto il ceramista Gorgio Luciani che la avvicina alle tecniche del raku e della terra sigillata, prosegue in seguito la sua formazione con Luca Tripaldi da cui apprende e perfeziona le tecniche del naked, del pit-fire, del bucchero, della ceramica ad alta temperatura, approdando infine alla scultura. In occasione della sua partecipazione alla mostra collettiva della Galleria l’artista presenta una “Signorina”, piccola scultura in terracotta caratterizzata da una linea sinuosa e pulita, dai colori delicati. Nei pannelli che Tirassa crea per il progetto “Dillo con i fiori ”, la materia si coniuga con la pittura la luce e il colore, le tessere raku dei pannelli sono micro-opere che dialogano con le successive in modo armonioso e ciascuna rappresenta la corolla di un fiore. Da molti anni è ospite della mostra internazionale della Ceramica di Castellamonte ed ha esposto in molte gallerie nonché in numerosi musei
Gli artisti: Gianrico Agresta – Luisa Albert – Luigi Baratta – Giorgio Basfi – Paolo Bolla – Alessandra Carloni – Fabio Carmignani – Pino Chiezzi -Paula Dias -Delta N.A. – Tancredi Fornasetti – Sabino Galante – Romain Mayoulou – Daniele Mini -Marina Tabacco – Diego Testolin – Ebe Tirassa- Akira Zakamoto – Giulio Zanet presentano nuove opere, privilegiando il piccolo formato.
RIVOLI: «ERRORI APPARENTI» FOTOGRAFIE DI FABRIZIO BOCCHINO
Presso «ioCentro», Parco Turati a Rivoli, si inaugura sabato 8 dicembre, alle 17, la mostra di fotografia «Errori apparenti» di Fabrizio Bocchino (orario visita:10-13/14-19, sino 9 dicembre). Il colore è l’artefice della recente ricerca fotografica di Fabrizio Bocchino, di quel suo ricostruire una realtà quasi irreale, una visione che travalica il vero per stabilire una interiore connessione tra il pensiero e le cose che ci circondano. Il discorso fluisce, quindi, attraverso a una serie di scatti in cui il colore assume un valore essenziale, una possibilità di legare un magico paesaggio montano ai luoghi e alle storie che appartengono indissolubilmente ai suoi viaggi «in giro per l’Europa», in una sorta di inesausta narrazione per immagini. E così una veduta che tende all’astrattismo, che può ricordare le fotografie di Franco Fontana, una striscia di terra che emerge dall’acqua e i tronchi degli alberi accesi dalla luce, esprimono, di volta in volta, il senso di una personale «lettura» del mondo. Una lettura che dalle prime «Immagini metafisiche» al successivo tema intitolato «L’equilibrio», alle impressioni inserite nel volume per il 150 anni del CAI, stabilisce un determinante rapporto con gli aspetti culturali di questo nostro secolo caratterizzato dalla tecnologia avanzata, da una comunicazione sempre più rapida e invasiva, dai percorsi della società globalizzazione. La fotografia restituisce, in ogni caso, una propria misura espressiva attraverso le intuizioni, le riflessioni, le intime rivelazioni di chi scopre o riscopre un tempo di memorie, di silenzi, di colori. E la memoria è testimonianza, documento, racconto che affiora indelebile dalla progettualità di una umanità in cammino verso nuovi e affascinanti approdi conoscitivi.
Angelo Mistrangelo
COLLEGNO: QUELLO CHE TUTTI CHIAMAVANO MANICOMIO
Alla Sala delle Arti, Parco Gen. C.A. Dalla Chiesa, in via Torino 9 a Collegno, si apre venerdì 7 dicembre, alle 18, la mostra «Quello che tutti chiamavano Manicomio», che conclude un anno di manifestazioni del quarantennale della Legge «Basaglia» e l’abbattimento del muro di recinzione del Manicomio di Collegno. Per tale evento è confermata la presenza del Sindaco di Collegno Francesco Casciano, l’Assessore alla Cultura Matteo Cavallone Elia, la Consigliera Regionale Silvana Accossato e il Presidente dell’Associazione Gli Argonauti Renato Migliari (apertura dal martedì alla domenica 14,30-18, sino al 13 gennaio 2019). La memoria del tempo, dei padiglioni percorsi dalle storie e dalle figure dei ricoverati che «non hanno nulla da dire,/ odorano anch’essi di legno,/ non hanno ossa né vita,/ stan lì con le mani/ inchiodate nel grembo/ a guardare fissi la terra». E dai versi di Alda Merini emerge l’immagine dei malati mentali, dei volti anonimi, degli ambienti lontani dalla più scontata quotidianità. Ritorna, dopo la mostra «Fuori dal mondo» alla Reale Certosa di Collegno del 2014, la ricerca intorno a quanti hanno vissuto tra le mura dell’Ospedale Psichiatrico, espressa tra pittura e fotografia, riflessioni e sofferte narrazioni. Vi è, quindi, in questa nuova esposizione la volontà di testimoniare, ricordare, documentare la vita dei pazienti, che gli artisti hanno ripreso con una personale e singolare visione. E quel tempo, ormai lontano, consegnato alle pubblicazioni scientifiche e riletto attraverso le pagine di uno straordinario diario per immagini e appunti, si trasforma nel colore dei quadri e nei puntuali scatti fotografici. Nulla è affidato al caso o alla semplice definizione figurale, ma ogni gesto riconduce alle parole di Pier Maria Furlan: «Gli artisti intravedono mondi che solo con il tempo gli altri riescono a svelare». E sono sguardi persi nel vuoto, sorrisi beffardi, inespresse solitudini, che creano il clima di una rassegna segnata da interiori angosce esistenziali. In tale ambito, il discorso artistico lega la pittura di Rocco Forgione alle fotografie di Renzo Miglio, Michele D’Ottavio, Renzo Ricci, Donatella Pileggi, Francesco Scarciglia e Sergio Sut.
Il disagio mentale viene trascritto, con profondo rispetto per i malati, in un linguaggio del tutto particolare, in forme immerse nello spazio, in un alternarsi di emozioni che ci appartengono come un’intuizione, un racconto, un sogno. E così Rocco Forgione, abbandonate per un momento le cadenze pittoriche simbolico-surreali, trasmette la sua «lettura» degli Ospedali Psichiatrici attraverso una rappresentazione che mette in primo piano «Giustino con sigaro» disteso su una panca, il refettorio con la colazione del mattino e la compagna di Toni. Il tono è quello di un intenso espressionismo, di una pregevole resa della figura di Toju descritta insieme ai compagni di viaggio, permeati da un sottile sentimento che è affetto, condivisione, desiderio.
E dalle tele di Forgione l’incontro con l’«ex manicomio» si identifica con la sequenza delle fotografie, dell’attenzione con la quale l’immagine viene catturata, della capacità di fissare un impercettibile movimento, un sorriso, una luce negli occhi. In questa angolazione, Renzo Miglio si è inoltrato nel tessuto umano e sociale dei ricoverati, recuperando l’espressione del viso dell’uomo de «Il ritorno» o l’indicibile tenerezza dell’«Amicizia in OP» o, ancora, lo scorcio del refettorio della sezione 6 di via Giulio a Torino. Mentre rivela le sensazioni che affiorano osservando le persone, ripensando alla loro esistenza e alla forzata e appartata condizione umana. Una condizione che in Michele D’Ottavio si configura con la malinconia dell’uomo del Reparto 8 a Collegno, del lavoratore in cascina che fuma la pipa e la donna della «Comunità Serena». La sequenza degli scatti esposti mette in evidenza l’ipotetico suonatore di tromba immortalato da Donatella Pileggi, un dolcissimo abbraccio e il selfi di Mauri e Doni. Accanto si assiste al racconto di Renzo Ricci, che ha colto un istante di disperazione della donna seduta nel giardino, l’atteggiamento curioso dei due uomini nel cortile di Collegno e la luce che scopre le «città dolenti», come ha scritto Bruna Bertolo.
Gli scatti di Francesco Scarciglia consegnano, invece, a questo nostro tempo la raffigurazione metafisica della Certosa Reale, con gli edifici, lo sviluppo architettonico del chiostro e un grande e frondoso albero. E, infine, Sergio Sut affida alla fotografia l’urlo di Antonietta, l’incontro di Angelo e Valentino, e, tra la neve, Lucia Saltarin con il suo cane Toro.
E sono immagini, luoghi, ricordi, dipinti, scatti di una storia ridefinita attraverso poetiche interpretazioni, alle quali si uniscono e confrontano la puntasecca «Aquilegia: fiore della follia» di Pinuccia Cravero e la ceramica «Strizzacervelli» di Arianna Levetto Patron. Opere premiate ex aequo alla 33° edizione del concorso «Il Mito di Lissa» (La Pazzia) del 2018, promosso da
«Gli Argonauti». Una bambola di pezza, il laboratorio dei calzolai e i messaggi murali, riconducono, in qualche misura, a quell’antico ambiente con le frasi, le cantilene, le voci che si perdono nei padiglioni nel ricordo di una donna che fissa inconsapevole l’orizzonte.
Angelo Mistrangelo
CASTELLO DI RIVOLI: CICLO DI INCONTRI SULLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Milovan Farronato
Tra verità e menzogna: le muse ‘inquietanti’ di Chiara Fumai
Carolyn Christov-Bakargiev
Su Medea, le madri e la crudeltà Sabato 8 dicembre 2018, ore 16
Teatro
In occasione della mostra Nalini Malani: La rivolta dei morti. Retrospettiva 1969-2018. Parte II, in corso al Castello di Rivoli (fino al 6 gennaio 2019), sabato 8 dicembre alle ore 16 il Museo organizza un incontro con Milovan Farronato e Carolyn Christov-Bakargiev in omaggio all’artista Chiara Fumai. L’evento è parte del ciclo di incontri Sulla violenza contro le donne a cura di Nalini Malani e Carolyn Christov-Bakargiev e realizzato con il sostegno di Nicoletta Fiorucci. Interessata all’esoterismo, Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017) ha sviluppato la sua pratica artistica inglobando il lavoro di pensatori, scrittori, teoriche e figure chiave del pensiero femminista, personaggi freak e donne condannate pubblicamente per atti di stregoneria. L’artista realizzava performance che trasformava in rituali contemporanei, mettendone in luce il carattere di ribellione ed emancipazione dal sistema patriarcale ancora attuale.
ASTI, MOSTRA “PAOLO BERNARDI PITTORE IN SCENA”
Mostra dello scenografo Paolo Bernardi ad Asti, Palazzo Alfieri, ex sala della biblioteca. La mostra sarà visitabile fino al 2 febbraio. Scrive di lui Marco Meneguzzo: “Il rapporto tra scenografia e arti visive, di cui pure la scenografia fa parte, è controverso e sfaccettato, perché da un lato lo scenografo è parte di un team, e deve obbedire – con fantasia, estro e originalità, ma sempre con limiti ben precisi – a una struttura narrativa complessa e decisa da altri, dall’altro è costantemente tentato di far rientrare la sua opera tra le cosiddette installazioni, happening, “opere aperte” dove lo spettatore è immerso letteralmente nel contesto, come lo è il cantante o l’attore. Immediato antesignano di questo modo di sentire è l’opera dello scenografo-pittore, come potrebbe essere stato Leon Bakst con le rutilanti tele e cartoni delle scene dei “Ballets Russes” agli inizi del secolo o, partendo dalla parte opposta – il pittore-scenografo – gli esempi futuristi di Giacomo Balla o di Fortunato Depero, su su fino alle rare prove di Lucio Fontana o di Alberto Burri, per non parlare delle assidue frequentazioni scenografiche di Arnaldo Pomodoro: è inevitabile che territori affini e vicini vengano frequentati da artisti – e al contempo da scenografi – curiosi e particolarmente votati alla messa in scena di storie, di narrazioni, di eventi.Il comune denominatore di chi – artista o scenografo – si ritrova ad agire su entrambi i versanti è proprio quello dell’allusione narrativa, del concetto, cioè, che ciò che si sta guardando è, è stato o sarà il “luogo” di un accadimento, di cui ci vengono dati tutti gli indizi, i suggerimenti, le suggestioni perché ogni storia venga enfatizzata e portata all’acme della drammaticità, della tensione e poi della catarsi di aristotelica memoria (e, si badi bene, non è necessario che si tratti di teatro: molta arte e molta pittura si basa su questa attitudine). Tuttavia, guardando i quadri di Paolo Bernardi, qualcuno potrebbe obiettare che queste opere sono “altro” rispetto al lavoro di scenografo – e al suo in particolare – perché, per esempio, non rispondono a quanto si è appena detto sugli attraversatori di confini linguistici tra scenografia e arte visuale pura e semplice. Le opere di Bernardi – quelle che oggi espone, ma che ha sostanzialmente fatto per sé, nel chiuso del suo atelier – sono di fatto opere astratte e, come diceva (a torto) Picasso “nell’astrazione non riesco a vedere il dramma” e quindi, di conseguenza, non si riuscirebbe a vedere il legame con quella narrazione che abbiamo affermato essere il punto d’incontro tra arte e scena. Ma è proprio così? Le opere pittoriche di Bernardi non assomigliano a nulla di quanto abbia fatto in scena, da quando ha iniziato nei tardi anni Settanta, ma la vicinanza di cui si parlava non passa certo attraverso una similitudine formale così sciocca, come se ci si aspettasse che lo scenografo-pittore dipinga scenografie formato tela, o faccia quadri formato scena per essere classificato in questo modo! Quell’attitudine narrativa è molto più sottile e nascosta, e forse per questo non è semplice rilevarla. Ma procediamo con ordine.
Ci si trova di fronte a grandi “bianchi e neri”, a carboncino, oppure a tele coloratissime, tutti però costruiti secondo andamenti spigolosi, dinamici, tumultuosi – come in certi “scontri di situazioni” di Emilio Vedova – con elementi che quasi si accavallano per dominare il campo, e sono al limite dal diventare un frammento di qualcosa di riconoscibile – un po’ come accade nei disegni di Umberto Boccioni dal 1911 al 1914 -: padri nobili, certo, ma che a prima vista ci dicono solo di una scelta accurata di Bernardi nel campo di un’astrazione al contempo dinamica e costruttiva. Eppure, la scena è solo un poco più in là della superficie. Una certa disinvoltura nel segno e nella stesura, per esempio, abituale in chi è abituato alle grandi dimensioni del palcoscenico, rivela semmai il modo di trattare la tela da parte di Bernardi: quasi come un fondale, dove ciò che conta è la visione d’insieme piuttosto del rapporto del segno con se stesso e con gli altri segni…e così il colore, utilizzato più per conferire al tutto il valore di una emozione, che non l’idea di un rapporto ideale tra cromie in relazione tra loro. E’ il senso della pittura usata come catalizzatore di emozioni, come accentuatore di sentimenti nello spettatore, che devono scaturire da artifici chiari, immediati, istintivi e universali. Ecco allora il dinamismo, quell’idea vagamente espressionista e futurista, quelle scelte di forme semplici …e poco importa che siano astratte, perché l’astrazione è come una sorta di spiritualizzazione delle pulsioni, di purificazione dal superfluo, che non cancella le emozioni ma le pone al contrario in primo piano, anche in assenza di una storia definita. Non c’è la vicenda, dunque, ma c’è il senso della narrazione: una narrazione senza storia. Una narrazione che funziona comunque, che prepara lo spirito ad accettare emozioni forti da innestare in quel contesto visivo. E’ per questo che l’opera pittorica di Bernardi viene dalla scena: perché “è” una scena. E lui è un “pittore in scena”.
TORINO, SALAMON: MOSTRA DI NATALE 2018
Maestri antichi e moderni alla galleria “Elena Salamon – Arte Moderna” di Torino
Anche quest’anno la galleria “Elena Salamon – Arte Moderna” di Torino (Via Torquato Tasso 11 – Piazzetta IV marzo, tel. 011/7652619, cell. 339/8447653) ha allestito la sua consueta rassegna natalizia, con numerose opere di maestri incisori antichi e moderni. Elena Salamon, esperta ed attiva da tempo nel settore delle incisioni d’autore, continua l’importante attività che la famiglia Salamon sviluppa da molti decenni nel campo della ricerca, studio e offerta dell’arte incisoria, diventando così, nella stessa, vero punto di riferimento per appassionati, amatori, collezionisti. La mostra “Natale 2018” si presenta molto ricca, pur nello spazio ristretto della galleria. Vi sono rappresentate con opere significative un po’ tutte le tendenze artistiche dell’ultimo secolo e non solo. Ricordiamo tra i maestri figurativi e neofigurativi: Massimo Campigli (acquaforte), Felice Casorati (silografie su linoleum, acquaforte e acquatinta), Marc Chagall (litografie a colori), Edgar Chahine (acquaforte, acquatinta e puntasecca), Jean Cocteau (litografie a colori), Giullaume Corneille (litografie e serigrafia a colori), Valerio Adami (litografie a colori), Enrico Baj (calcografia a colori), Georges Braque (litografie a colori), Françoise Deberdt (acquaforte e acquatinta a colori), James Ensor (acquaforte), Alberto Guacometti (litografie), Marcel Gromaire (litografia a colori), Henry Guibal ((acquaforte, acquatinta e collage a colori), Keith Haring (serigrafia), Jiri Kolar (serigrafia), Aki Kuroda (litografie), Henry Laurens (litografia), Fernand Leger (litografia), Emanuele Luzzati (acquaforte, acquatinta e collage e serigrafia), Henri Matisse (litografie a colori), Mimmo Paladino (serigrafia a colori), Giulio Paolini (stampa offset), Max Papart (acquaforte, acquatinta e collage), Pablo Picasso (litografie, linoleografia e stampa litografica), Man Ray(litografia), Niki de Saint Phalle (serigrafia a colori), Saul Steinberg (litografia a colori), Graham Sutherland (litografia a colori), Thèo Tobiasse (litografia a colori), Henri de Toulouse-Lautrec (litografie), Pedro Uhart (serigrafia a colori), Alice Serafino (tecniche incisorie). Inoltre il surrealista Salvador Dalì (puntasecca e acquaforte a colori), il metafisico Giorgio De Chirico (litografia a colori), il concettuale figurativo Death Nyc (stampe su pagina di vocabolario), il concettuale David Ho (stampa offset) e i pop Roy Lichtenstein (serigrafie a colori) e Andy Warhol (litografia a colori). Gli astratti sono invece rappresentati da: Carla Accardi (serigrafie a colori), Max Bill (litografia a colori), Alexander Calder (litografie a colori), Giuseppe Capogrossi (litografia a colori), Sonia Delaunay (litografie a colori), Lucio Del Pezzo (litografie a colori), Piero Dorazio (litografie a colori), Sam Francis (litografia a colori), Hans Hartung (litografia a colori), Damien Hirst (carta da parati con effetto caleidoscopico), Jean Leppien (xilografie a colori), Joan Mirò (litografie a colori), Bruno Munari (litografie a colori), Serge Poliakoff (litografia a colori), Kimber Smith (litografie a colori), Antoni Tapies (litografia), Victor Vasarely (serigrafie a colori), Tom Wesselman (serigrafia a colori). Non mancano però alcune opere dei maestri antichi. Ricordiamo in particolare: Albrecht Altdorfer, Jacques Callot, Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto, Hendrick Goltzius, Francisco Goya y Lucientes, Georg Pencz, Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, Salvator Rosa, Allaert Van Everdingen. Infine è anche presente una selezione significativa di stampe dei, seguenti maestri giapponesi: Hokusai Katsushika, Ryuryukyo Shinsai, Utagawa Hiroshige I, Hiroshige II. Ricordiamo per la loro eccellenza tra i molti lavori presenti in galleria: il gruppo consistente delle litografie di Chagall e in particolare la litografia originale a colori: “Place de la Concorde” (1952-1953) perfettamente rappresentativa dell’immaginario chagalliano, le incisioni di Guillaume Corneille e soprattutto la serigrafia“”Nocturne (1978), la litografia a quattro colori di Giorgio De Chirico “Il trovatore, prima versione” (1972), l’acquaforte di James Ensor “Demons Me Turlupinant “(1895), la litografia a colori di Henri Matisse “Le tobogan” (1947), la litografia a colori di Bruno Munari “Negativo Positivo Red” (1995), la litografia di Pablo Picasso “L’ecuyere” (1960) e infine la splendida acquaforte di Rembrandt “Lo studente a lume di candela” (1642) e l’affascinante stampa giapponese di Hiroshige Utagawa I “Il monte Kyodai e la luna riflessa nei campi di riso a Sarashina nella provincia di Shinano”. Si ricorda infine che oltre alle opere ad incisione sono in mostra due sculture in filo di acciaio sagomato di Loredana Cordera, due terracotte figurative di Massimo Voghera e altre terracotte anch’esse figurative di Enrica Campi
La rassegna resterà aperta fino al prossimo 29 dicembre.
Enzo De Paoli
CHIERI: MOSTRA “POESIE ED EMOZIONI TRA I COLORI”
OULX, MOSTRA “3V…IMMERSI NELL’ARTE”
presso Malaika Cafè -Oulx
Inaugurazione domenica 9 dicembre 2018 0re 18.00
Dopo il grande successo , ad Almese presso Il Ricetto di S.Mauro, la mostra “3V…immersi nell’arte”, che vede impegnati tre artisti valsusini Vincenzo Caucci di Buttigliera Alta, Valentina Rossi di Caprie, e Virna Suppo di Almese, approda in alta Valle di Susa, ad Oulx presso il Malaika Cafè, locale noto per il suo legame con l’arte e il suo impegno nell’organizzare appuntamenti a questa dedicati. La mostra nasce semplicemente in una giornata dedicata all’arte presso la sede dell’Associazione Culturale Cumalè a Ferriera di Buttigliera Alta, quando confrontandosi sulle opere i tre artisti ( da qui il n. 3 del titolo)si sono detti: “abbiamo stili diversi, amiamo l’arte e ci divertiamo a farla insieme, perché non creiamo la nostra mostra”; la V del titolo deriva da un altro fattore che accomuna gli artisti, l’iniziale dei loro nomi e l’ultima parte del titolo dà l’idea di ciò che si può aspettare chi visita la mostra, una totale immersione nell’arte. I tre artisti nascono come autodidatti e crescono seguendo alcuni corsi da maestri dell’arte, quali Vinicio Perugia di Avigliana, o semplicemente indirizzati da maestri quali Marina Mercadante e Franco Rosa di Avigliana. Valentina Rossi e Virna Suppo, già note a Oulx per le loro partecipazioni al concorso Dipingiamo Oulx che si svolge tutte le estati nel mese di luglio, che nelle ultime due edizioni le ha viste classificarsi hai primi posti, esporranno anche i dipinti realizzati in quella occasione, scorci di Oulx interpretati con stili decisamente diversi dal moderno al classico, passando da una personalizzazione degli stili. Da non perdere anche la pittura di Vincenzo Caucci, che nella quotidianità lavora presso l’Azimut di Avigliana ,crea nel suo tempo libero come le altre due artiste emozioni colorate: “io che sono un sognatore e un creativo, mi sono appassionato all’arte per ogni sua forma e sfaccettatura e per tutto cio’ che è capace di regalarti” dichiara l’artista.
Valentina Rossi anche lei dipendente dell’Azimut di Avigliana, che in ogni frangente libero si dedica all’arte: “Amo i colori e li lego a ciò che sento, mettendoli su tele o tavole interpretando e liberando d’impulso le mie emozioni”. Virna Suppo, presidente dell’Associazione Culturale Cumale’, presso la quale tiene corsi di arte e manualità per adulti e bambini, amante della natura che la circonda e della montagna : “amo dipingere cio’ che mi circonda , amo la natura tutti i suoi colori e le emozioni che mi trasmette, che attirano l’occhio, passano attraverso il cuore e arrivano alla tela.” I tre artisti nel periodo dall’8 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019 avranno alcune delle loro opere in mostra presso la Galleria Maison Bleu a Bard (AO), presso La Burnia di Drubiaglio –Avigliana e Piazza dell’arte Torino. Domenica 2 dicembre 2018, l’iniziativa sarà presentata dal critico d’arte Giuseppe Misuraca. di Rivoli che descriverà le opere degli artisti a cui seguirà un apericena. La mostra sarà visitabile dal 9 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019 nell’orario di apertura del Malaika Cafè.
INCONTRO “BRUNO MARTINAZZI IN ACCADEMIA ALBERTINA”
CARAGLIO, TAVOLA ROTONDA SULLE MIGRAZIONI
Domenica 9 dicembre, ore 16:30
Filatoio di Caraglio – Via Giacomo Matteotti, 40, 12023 Caraglio (CN)
Il tema delle migrazioni è al centro della Tavola Rotonda che il Filatoio di Caraglio (CN) ospita il 9 dicembre alle 16:30. L’iniziativa è organizzata nell’ambito di MigrACTION, progetto sostenuto dall’Unione Europea all’interno del programma Interrreg Alcotra Italia-Francia 2014-2020.
Tre voci di primo piano, Gianfranco Crua, Marco Revelli, Enrico Calamai, dibattono sul tema della “vocazione umana allo spostamento”, flussi che non vengono spinti dal caso o dalle emozioni, ma che sono guidati da rapporti di potere legati al linguaggio della frontiera e del continuo travaso di forza lavoro. Un fenomeno che ha radici profonde e significati multiformi, che riguarda le comunità oggi in fuga dall’Africa o dal Sudamerica, ma che storicamente fa parte della vita, a volte della sopravvivenza, dei popoli.
Calamai, ex diplomatico, attento osservatore delle problematiche nei percorsi migratori verso l’Europa, tratteggerà un quadro delle migrazioni come conseguenza strutturale della situazione seguita alla fine della Guerra Fredda, dell’asimmetria che caratterizza quello che il presidente Bush senior aveva definito nuovo ordine mondiale, dell’affermarsi del neoliberismo. Il ghetto dell’invisibilità, la forma moderna di sterminio, oggi vera emergenza umanitaria, sarà al centro dell’intervento di Crua: con l’attivista torinese si parlerà dei desaparecidos di Libia, Balcani, Mediterraneo, centro-America…: corpi nelle fosse comuni e nel fondo del mare, che non esistono perché non si vedono. Si percorrerà la storia delle Madri centroamericane e mediterranee che si sono trovate per la prima volta a Città del Messico all’inizio di novembre; la storia della Caravana Migrante honduregna, che il 22 ottobre ha portato almeno 8.000 persone oltre la frontiera sud messicana per camminare ancora verso nord, verso il “maledetto American dream”. Di Crua sarà anche proiettato il documentario “Bon Voyage” di Marc Wilkins, in cui si racconta di due giovani che, mentre stanno godendo di una vacanza in barca a vela nel Mediterraneo, si imbattono in un barcone di rifugiati.
Revelli parlerà dei “Migranti di montagna di ieri, le montagne per i migranti di oggi”. La Tavola Rotonda non a caso è ospitata dal Filatoio di Caraglio testimone di un passato di cui non c’è memoria (la produzione di filati, l’allevamento di bachi da seta) e che fino al 6 gennaio, sempre nell’ambito di MigrACTION, propone il concetto di integrazione tra culture diverse attraverso la mostra: “Le fil du monde. Migrazioni e identità nell’opera di Elizabeth Aro”. Domenica 9 dicembre, dalle ore 15.30, Elizabeth Aro in persona sarà presente al Filatoio per guidare i visitatori nel percorso espositivo. MigrACTION interpreta infatti il tema dell’emigrazione, dell’abbandono e del ritorno attraverso un vasto programma di iniziative, con l’intento finale di incrementare l’attrattività del territorio alpino transfrontaliero attraverso la promozione del percorso un tempo utilizzato da chi emigrava dal Piemonte verso la Francia. Il progetto è promosso dal Comune di Vinadio in partenariato con la Ville de Barcelonnette (Alpes de Haute Provence), la Fondazione Filatoio Rosso, la Fondazione Nuto Revelli onlus (Cuneo) e A.C.T.I. Teatro Indipendente (Torino).
TORINO, PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI LUCA BUGGIO: “LA CITTÀ DELL’ASSEDIO”
Mercoledì 12 dicembre ore 17.30
Per la 96^ storica conversazione, Luca Buggio presenterà il recentissimo volume, secondo della trilogia romanzata della TORINO a cavallo fra il XVII ed il XVIII sec. Estate 1706: il Ducato di Savoia vive la stagione più drammatica della guerra contro la Francia del Re Sole nel corso della Guerra di Successione spagnola. Tutte le piazzeforti sono cadute, Torino resiste nella morsa di un assedio sanguinoso. Mentre la città vive il momento cruciale dell’Assedio nuove morti misteriose dentro le mura gettano nel terrore gli abitanti. Il colpevole è un uomo o, come dicono le leggende, qualcosa di molto più spaventoso? Luca Buggio è nato a Torino dove vive e lavora, laureato in ingegneria, è anche scrittore, regista e attore teatrale. Ha esordito quale scrittore nel 2009 con “la danza delle marionette”. Con “La città delle streghe”, primo romanzo per LA CORTE EDITORE ci ha trasportato nella Torino del 1700 e ha conquistato tantissimi lettori per la capacità di raccontare storie appassionanti e allo stesso tempo molto dettagliate storicamente. Con “La città dell’Assedio”, ci fa tornare nella Torino del XVIII sec., questa volta nel pieno della battaglia che segnò il destino dell’Italia intera.