PIEMONTE ARTE: G.A.M., GIORNO DEL RICORDO, ARMITAGE, BONGIOVANNI, VENTAGLI, NOVARA, DIMITRAKOPOULOU
G.A.M.: COLLEZIONI DEL CONTEMPORANEO
Pittura spazio Scultura
Opere di artisti italiani tra anni sessanta e ottanta
a cura di Elena Volpato
Dal 15 febbraio 2019
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Inaugurazione: giovedì 14 febbraio alle 18.00
La GAM di Torino presenta il nuovo allestimento delle Collezioni del contemporaneo. Si tratta della prima edizione di un programma di diversi ordinamenti che si succederanno su base biennale. Le diverse esposizioni permetteranno di far conoscere al pubblico la ricchezza delle collezioni del museo e di dare voce a molteplici letture e interpretazioni critiche. Questo primo ordinamento, a cura di Elena Volpato, si concentra su due decenni, tra gli anni sessanta e gli anni ottanta, in rapporto di continuità cronologica con quanto è esposto nelle collezioni del ‘900, il cui arco temporale termina con le esperienze dell’arte Pop. Lo fa scegliendo di raccontare aspetti rilevanti delle ricerche artistiche di quegli anni, perlopiù scarsamente riconosciuti dalla più diffusa interpretazione storica. Verso la metà degli anni sessanta, quando le ricerche artistiche si muovevano in direzioni per lo più tese a sovvertire i tradizionali linguaggi artistici e a disconoscere ogni debito con il museo e la storia dell’arte, alcuni artisti italiani continuarono a interrogarsi sul significato della scultura, della pittura e del disegno, sulla possibilità di superare i limiti che sin lì quei linguaggi avevano espresso. Lo fecero senza recidere i legami con la storia, ponendo mente alle origini stesse del gesto pittorico e scultoreo, aprendo le loro opere, come mai prima di allora, ad accogliere e nutrire al loro interno il respiro dello spazio e, con esso, quello del tempo. Gli artisti rappresentati non fanno parte di un unico gruppo. Alcuni dei loro nomi sono legati alle vicende dell’Arte Povera. Il percorso di altri si è intrecciato con quello della Pittura analitica. Altri ancora, dopo una stagione concettuale, hanno trovato nuove ragioni per tornare a riflettere su linguaggi tradizionali e su antichi codici espressivi. Tuttavia, se le loro opere sembrano dialogare qui con naturalezza, non è per mera cronologia, ma perché nel lavoro di ciascuno di loro c’è molto più di quanto le parole della critica militante avesse motivo di raccontare. In tutti loro, come spesso accade, c’è più personalità e indipendenza di quanto le ragioni di un raggruppamento o le linee di tendenza del mondo dell’arte possano dire. A distanza di decenni, ora che quelle storie d’insieme sono note e codificate, ora che sempre più mostre internazionali vengono tributate ad alcune di esse, possiamo concederci di guardare agli aspetti più personali del loro lavoro. Ed è proprio in quella cifra individuale che sembra risuonare con più chiarezza un insoluto legame con la storia dell’arte, con i suoi antichi linguaggi, per ciascuno in modo diverso, ma con simile forza. Se si dovesse provare a spiegare in una frase cosa avvicina tra loro queste opere e i loro autori, là dove sembrano esprimere la loro voce più personale, si direbbe che hanno in comune un autentico desiderio dell’arte, un senso di appartenenza, la consapevolezza di tutto ciò che quella parola aveva significato sin lì e tutto ciò che ancora poteva rappresentare in virtù di quel passato. Le opere in mostra provengono interamente dalle collezioni del museo. Tre opere provenienti dal Museo Sperimentale confluito nelle raccolte GAM nel 1967 (di Giulio Paolini, Marisa Merz e Alighiero Boetti) si uniscono al nucleo espositivo più rilevante, frutto delle numerose acquisizioni realizzate durante la direzione di Pier Giovanni Castagnoli, tra il 1998 e il 2008. Molte di esse sono state acquisite grazie al contributo della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, a cui si deve anche l’acquisto dell’opera di Marco Gastini, Macchie, 1969-70, e quello della Pietà di Ketty La Rocca, 1974, effettuati durante la direzione di Danilo Eccher (2009 – 2016), così come la recente acquisizione dei libri d’artista e delle due opere di Marco Bagnoli, Vedetta notturna, 1986 e Iris, 1987, avvenuta durante l’attuale direzione di Riccardo Passoni.Animale terribile di Mario Merz, del 1981, e Gli Attaccapanni (di Napoli) di Luciano Fabro, prime tra le opere acquisite dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT dalla sua costituzione, fanno parte di un ristretto gruppo di lavori provenienti dalla Collezione Margherita Stein, affidati in comune alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea e al Castello di Rivoli. A diciotto anni da quell’acquisto la GAM è felice di mostrare per la prima volta nei propri spazi l’opera di Luciano Fabro.
ALLA SALA MOSTRE DELLA REGIONE PIEMONTE IL «GIORNO DEL RICORDO»
Alla presenza di Sergio Chiamparino, Presidente della Regione Piemonte, e Nino Boeti, Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, di Antonio Vatta, Presidente del Comitato provinciale di Torino dell’Anvgd, e Andrea Russi, Consigliere del Comune di Torino e della giornalista Lucia Bellaspiga, figlia dell’artista Leonardo Bellaspiga, recentemente scomparso, si è inaugurata, in occasione del «Giorno del Ricordo 2019», la mostra «Sguardi d’amore: storia, immagini e arte» nella Sala Mostre della Regione Piemonte in Piazza Castello a Torino. L’ampia partecipazione del pubblico, di giornalisti e di esperti della comunicazione, ha decretato il successo e l’interesse intorno all’esposizione, che si apre con i versi di Giovanni Giuliani: «Alle mie spalle i monti/ Disegnavano onde tra le stelle/E la luna bassa sul mare/correva incontro alle lampare». E dai versi di Giuliani riemerge il ricordo di Fiume, del colle di Cosala, di un tempo ormai lontano che rivive nelle opere esposte, nelle immagini che rievocano le storie e i momenti dell’esodo, del dramma delle foibe e dei campi profughi. Una storia che l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Comitato di Torino (A.N.V.G.D.), con il Circolo Culturale Profughi e Rimpatriati Italiani dall’Estero (Circolo Culturale Istriani Fiumani Dalmati), promuove attraverso mostre, incontri, eventi, che mantengono vivo il confronto e il rapporto con le altre realtà culturali, con il discorso di un’arte legata a tradizioni ricche di sottili emozioni, di fremiti esistenziali, di immagini-memoria come il disegno della giovanissima Nina Stanich, nipote di Roberto Stanich, scrittore ed esule da Pola, che ha dedicato al nonno «L’Arena di Pola». E il suo disegno apre il «Giorno del Ricordo 2019», con la contemporanea presenza di tre mostre nella sala di Piazza Castello. Si parte dalla rassegna «L’Istria, l’Italia, il Mondo», storia di un esodo: istriani, fiumani, dalmati a Torino, curata da Enrico Miletto, con testimonianze, documenti fotografici, ricordi. Mentre le chine di Leonardo Bellaspiga trasmettono l’essenza di una puntuale interpretazione del tema «Su le ali della bora nel ruggito del leone»: da Trieste a Cattaro sulla rotta di Venezia. Mediante un segno calibrato e incisivo l’artista ha fissato coste, barche, palazzi, svettanti campanili, portali di chiese e fortezze, in una successione che ha fatto dire ad Antonio Paolucci: «Facendo conoscere la gloria di San Marco e del suo Leone, Leonardo Bellaspiga sta svolgendo un lavoro patriottico ammirevole». Il discorso prosegue con la collettiva «Sguardi d’Amore», che propone un ampio itinerario di raffigurazioni e luoghi profondamente amati dai pittori Giuliano-Dalmati che operano in Piemonte. E così si entra in diretto contatto con le realistiche nature morte di Giorgio Benci, il luminoso panorama di Orsera della poetessa e pittrice Maria Cervai e lo «Studio della Battaglia di Anghiari» di Sergio Bilucaglia, allievo di Gianni Sesia Della Merla. Impressioni, città, monumenti, appartengono alle esperienze di Luigi Buranello autore della «Torre Civica» di Fiume, di Luigi Cnapich con uno scorcio di Rovigno «La Grisa» e la sofferta tecnica mista «Addio…Pola…addio…! di Algerio De Luca. E dal quadro «Zara,Cattedrale Santa Anastasia e Torre della Guardia» di Piero De Gennaro, che ha studiato con Filippo Scroppo all’Albertina, si passa ai delicati e poetici acquerelli «Cesto di frutta» e «Dignano sotto la neve» di Antonio Donorà, alla pittura emotiva e interiorizzata di Gianfranco Gavinelli e al lieve volo dei gabbiani di Silvana Govich. Nelle opere esposte si coglie, quindi, il clima di un dipingere sensibile al variare della luce, caratterizzato da immagini liricamente essenziali come «Sogno n.26» di Pietro Municchi o il collage plurimaterico «L’abbandono» di Michele Privileggi, grafico e scultore, o, ancora, il pulsante cromatismo de «I fantasmi del passato Cava Valle d’Istria» di Aurelia Pusar. Sino alla piacevole tavola «Il tuo mare» di Gianni Rasulo e alla china «Rovigno, Gradinata Costantini» di Egidio Rocchi. Sempre una veduta di Rovigno è quella del quadro «Piazza dell’orologio» di Giovanni Rocchi, per poi giungere all’olio «Pola, Piazza del Foro» di Alfredo Sficco, che ha frequentato l’Accademia di Belle Arti, e alle barche di Parenzo descritte da Aldo Sponza. Di Tullio Tulliach, interprete di metafisiche e rarefatte nature morte, la Regione Piemonte conserva «Conchiglie», «Natura morta terminalista ricca e povera» e «Sabbia e rettili vegetali». E, infine, la mostra presenta i meditati e introspettivi acrilici «Lontani ricordi», «Io e il mio sax» e «Donna sulle scale» di Giusy Uljanic e l’intenso «Pensieri, omaggio al Gruppo Quattro» e «Ricordi marini» di Chiara Ziganto, allieva di Sandro Lobalzo. Durante l’inaugurazione Lucia Bellaspiga ha presentato la bella monografia «Sguardi», dedicata alle chine del padre, accompagnata dai testi del Cardinale Gianfranco Ravasi e del Professore di Estetica Stefano Zecchi
Angelo Mistrangelo
Torino, Sala Mostre Regione Piemonte, Piazza Castello 165, orario:
10-18 tutti i giorni, sino al 24 febbraio.
FONDAZIONE SANDRETTO RE REBAUDENGO: MOSTRA “THE PROMISED LAND” DI MICHAEL ARMITAGE
21 febbraio – 26 maggio 2019
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Inaugurazione 21 febbraio, ore 19
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta “The Promised Land”, prima personale in Italia di Michael Armitage (1984). La mostra include lavori esistenti insieme a nuovi dipinti, prodotti specificamente per l’occasione. Armitage, nato a Nairobi, rielabora nei suoi quadri dinamiche contraddittorie del Kenya contemporaneo. L’artista filtra attraverso il suo linguaggio pittorico le svariate sfere che scandiscono la vita collettiva e individuale del suo paese d’origine, dalle manifestazioni locali ai piccoli episodi di vita quotidiana, dalle declinazioni della cultura popolare alle implicazioni delle politiche sociali. I miti che circondano la narrativa africana vengono decostruiti tramite processi di astrazione che mettono in discussione il punto di vista unico facendo emergere limiti e taboo. La memoria personale, l’esperienza diretta in Kenya si uniscono alla stringente attualità narrata dai media, costituendo un immaginario fatto di violenza e disagio sociale, ma anche di speranza. La pittura di Armitage si sviluppa attraverso un sistema di riferimenti alla storia dell’arte, dalle manifestazioni rupestri, dai geroglifici egizi a Tiziano, Goya, Velazquez e Manet, arrivando a stringere uno stretto rapporto con Peter Doig e, soprattutto nei lavori esposti in “The Promised Land”, con Jacob Lawrence e Jack Katarikawe. Ripartendo da Paul Gaugin, l’artista si appropria dell’“esotico” sovvertendone la visione occidentale, invitando lo spettatore attratto dallo stile seducente dei suoi quadri a problematizzare l’attitudine coloniale. Guardando alla tela come un possibile luogo di emancipazione dalla tradizione europea, l’artista dipinge sull’irregolare tessuto di corteccia dell’albero di Lubugo, materiale appartenente alla cultura dell’Uganda utilizzato un tempo per sudari funerari e oggi venduto in mercati turistici sotto forma di souvenir. “The Promised Land” riunisce una serie di opere realizzate tra il 2014 e il 2019 in cui avvenimenti reali e fittizi legati al Kenya sono sovrapposti e stratificati in atmosfere surreali. Le nuove produzioni seguono la composizione di The Fourth Estate (2017), in cui vengono ritratti raduni politici dell’opposizione prima delle elezioni in Kenya nell’agosto del 2017. Ispirati a queste grandi manifestazioni, le opere svelano gli esiti di strategie in atto per la costruzione del consenso attraverso impianti di propaganda esibita che sfociano in episodi di violenza collettiva. I lavori precedenti raccontano episodi di vita dell’Africa orientale, in alcuni casi elevando i soggetti a paradigmi grotteschi di dinamiche non metabolizzate dalla società civile, come per l’intimo omoerotismo di Kampala Suburb (2014) o per la scena di turismo sessuale racchiusa in Mangroves Dip (2015). Al suo termine la mostra viaggerà al Museum of Contemporary Art Australia di Sydney. Michael Armitage ha studiato alla Slade School of Fine Art e alla Royal Academy of Arts di Londra. Vive e lavora tra Nairobi e Londra.
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
via Modane 16, Torino
www.fsrr.org
Intero 7 euro, ridotto 5 euro
M.A.O. : LA MOSTRA “SFUMATURE DI TERRA” PROROGATA FINO AL 3 MARZO
SFUMATURE DI TERRA
Ceramiche cinesi dal X al XV secolo
MAO Museo d’Arte Orientale
via San Domenico 11 – Torino
La mostra è compresa nel biglietto del museo.
La mostra Sfumature di terra espone al pubblico del MAO Museo d’Arte Orientale, prorogata fino al 3 marzo, preziose ceramiche cinesi che coprono un arco temporale di cinque secoli. Si tratta per lo più di eleganti pezzi monocromi databili tra la dinastia Song e la dinastia Yuan, esemplificativi delle produzioni delle maggiori fornaci del periodo. Opere, che, secondo il gusto estetico di quasi tutti gli intenditori e i collezionisti, rappresentano il massimo grado di raffinatezza mai raggiunto dall’arte ceramica in Cina.
“PURA FORMA”, LO SPAZIO NATURALE DI DANIELE BONGIOVANNI IN MOSTRA A TORINO
Ha inaugurato il 30 gennaio e rimarrà aperta fino al 9 marzo 2019, presso la Raffaella De Chirico Arte Contemporanea a Torino, ”Con Pura Forma” personale di Daniele Bongiovanni a cura di Francesco Poli. Il concept della mostra è un’accurata selezione di dipinti legati al ciclo ”Aesthetica”, oggi meglio riconosciuto come il ciclo dei cieli bianchi; ovvero un percorso che in questi anni ha permesso all’artista di perseguire, anche con nuove sperimentazioni cromatiche e stilistiche, uno studio sulla forma ”classica” del paesaggio, un’indagine che ha come costante l’esigenza di rendere rappresentato in forma onirica e a tratti imponderabile ciò che più può risultarci concreto e troppo previsto: lo spazio naturale. Tra le tante opere inedite e quelle più o meno recenti, realizzate tra il 2015 e il 2017, in questa mostra è presente uno dei lavori di Bongiovanni esposto alla 57.ma Biennale d’Arte di Venezia, ”Natura con Deus”, una composizione di trenta tavole di legno (15×15 cm ognuna) in cui si ritrova una natura vissuta e pensata dall’uomo, ma esente da corpi artificiali ed estranei. Il curatore Francesco Poli, sulla pittura di Bongiovanni, scrive – In questa serie di opere, che fanno parte del ciclo intitolato “Aesthetica”, iniziato nel 2015, Daniele Bongiovanni è arrivato alla nitida e rarefatta purezza di una materia pittorica costituita quasi soltanto da bianche suggestioni spaziali e luminose, appena animate da delicate tracce cromatiche indeterminate. È il risultato di una notevole evoluzione della sua ricerca in direzione di una radicale volontà di essenzializzazione, o se si vuole di sublimazione, del linguaggio figurativo. E cioè di una progressiva presa di coscienza dell’importanza di elaborare le sue composizioni non solo come rappresentazioni ispirate dalla realtà esterna ma anche, soprattutto, come espressione che emerge direttamente dagli elementi costitutivi della pittura, vale a dire dalla delicata e complessa interrelazione primaria fra lo spazio fisico bidimensionale del supporto e le modalità della stesura dei colori. Una tale stimolante ambivalenza è particolarmente efficace dato che si tratta di dipinti che, a prima vista, sembrano legittimamente rientrare nel tradizionale genere del paesaggio. Ma sono paesaggi sui generis perché ci troviamo davanti non tanto a pitture di paesaggio quanto piuttosto a vibranti e evanescenti “paesaggi” della pittura. Mentre Marzia Ratti, presente anche lei con un testo a catalogo, definisce le opere presentate da Daniele Bongiovanni in questa mostra come un’evoluzione naturale della sua ipotesi pittorica che parte dalla figurazione, intesa e filtrata da sue esigenze di progressiva destrutturazione che in parte coincidono anche con i suoi interessi di studio, per approdare a un operare minimo che raggiunge la dimensione del silenzio e del mistero per vie di sola luce colorata. I bianchi, la rarefazione, le atmosfere luminose, il trattamento nebbioso della materia racchiudono le riflessioni che con continuità Bongiovanni conduce sul senso della ricerca pittorica che, pur ricordando analoghi risultati di tanti autori contemporanei sui versanti della pittura analitica e del concettuale, attingono con sottigliezza alla tradizione storico-artistica, dando vita a un’astrazione che pare un frammento ripensato del ‘donatore in abisso’ di medievale memoria. Daniele Bongiovanni, laureato in Arti visive presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, nel corso della sua carriera ha esposto in numerose mostre personali e collettive. Tra gli spazi e i musei che hanno ospitato le sue opere si ricordano: MACIA – Museo d’Arte Contemporanea Italiana in America, Università Ca’ Foscari Venezia (nell’ambito della 53.ma Biennale d’Arte di Venezia), Fondazione Whitaker di Palermo, Officine Caos di Torino, Palazzo Bollani a Venezia, Caroline Spring Gallery a Melbourne, MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma, CD Arts Gallery di Lugano, Centro Svizzero di Milano, Palazzo della Luce a Torino, 57.ma Biennale d’Arte di Venezia, Ambasciata d’Italia a Londra, RISO – Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, Palazzo Sant’Elia di Palermo, Palazzo Broletto di Pavia.
Daniele Bongiovanni
Con Pura Forma
a cura di Francesco Poli Opening
30 gennaio 2019 18.30 – 21.00
Dal 30 gennaio al 9 marzo 2019
Raffaella De Chirico Arte Contemporanea Via Della Rocca, 19 10123 Torino
MUSEO DELLA MONTAGNA: VENTAGLI DELLE MONTAGNE
La collezione di ventagli promozionali del Museo della Montagna
CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE PALAZZO LASCARIS (via Alfieri 15, Torino)
7 febbraio – 8 marzo 2019
In contemporanea con la mostra VENTAGLI DELLE MONTAGNE, esposta fino al 4 aprile 2019 al Museo nazionale della Montagna (al Monte dei Cappuccini), la Galleria Spagnuolo di Palazzo Lascaris ospita dal 7 febbraio all’8 marzo una selezione di 40 ventagli, corredati da una trentina di carte da collezione, manifesti e fotografie da metà Ottocento agli anni ‘40 del ‘900 che mostrano il contesto storico e il gusto dell’epoca di produzione dei ventagli. Tutti i materiali esposti provengono dalla collezione del Museo.
La mostra sarà visitabile a Palazzo Lascaris fino a venerdì 8 marzo, orario 9 – 17. Ingresso gratuito.
Il ventaglio promozionale nasce in Europa a metà Ottocento come veicolo di promozione turistica per alberghi, luoghi termali ed eventi, come le grandi Esposizioni nazionali e internazionali. Con l’inizio del ‘900 il ventaglio diventa strumento per pubblicizzare le più svariate tipologie di servizi e prodotti: il produttore di scarpe, il droghiere, le sale da ballo e le imprese di servizi, prime fra tutte quelle di onoranze funebri che lo utilizzano come biglietto da visita.
La mostra è realizzata dal Museo nazionale della Montagna in collaborazione con il Consiglio regionale del Piemonte e la Camera di Commercio di Trento ed è esposta in due sedi: il Museo della Montagna di Torino e Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte.
L’esposizione sarà visitabile a Trento, Palazzo Roccabruna, dal 12 aprile all’11 maggio 2019 in occasione del Trento Film Festival.
PALAZZO MADAMA: CONFERENZA “GLI OGGETTI D’ARTE DALLE BOTTEGHE AL MUSEO”
Mercoledì 13 febbraio 2019 alle 17.30
Palazzo Madama – Gran Salone dei Ricevimenti, Piazza Castello – Torino
GLI AMICI DELLA BIBLIOTECA D’ARTE
Per il ciclo Vivere di (storia dell’) arte. Professioni, temi, strumenti
Presentano
Gli oggetti d’arte dalle botteghe al museo
Giampaolo Distefano, Gli smalti medievali: uso e riuso
Luca Giacomelli, Le ceramiche ottocentesche di Palazzo Madama
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.
Qual è la rete di oggetti di cui si occupa uno storico dell’arte? Quali lenti inforca per leggere le opere? E quali strumenti si possono trovare nella sua cassetta degli attrezzi? Oltre alle mostre e ai libri, l’Associazione Amici della Biblioteca d’Arte dedica un ciclo di incontri alla scoperta del mestiere dello storico dell’arte: Vivere di (storia dell’) arte. Professioni, temi, strumenti è un confronto a due voci sugli oggetti e gli strumenti che servono per conoscere un’opera. Smalti e ceramiche saranno al centro di questo incontro in cui Giampaolo Distefano e Luca Giacomelli si misureranno con il tema degli oggetti d’arte. Seppur guardando a materiali diversi, i due studiosi affronteranno il comune problema relativo all’importanza degli oggetti preziosi e del loro statuto nella storia dell’arte e nella museologia, in due momenti chiave come il Medioevo e l’Ottocento. Spesso relegati dalla storiografia al ruolo di arti minori, oreficerie e ceramiche raccontano, invece, una storia ininterrotta di dialogo e di contaminazione con le cosiddette arti maggiori.
NOVARA: CHIUDE “ECO. OPERE DI ENRICA BORGHI”
Oltre 12.000 presenze per l’antologica dell’artista
Un bilancio più che positivo: chiude al Castello Visconteo Sforzesco di Novara la mostra antologica Eco. Opere di Enrica Borghi. In quasi tre mesi di apertura sono state registrate più di 12.000 presenze, di cui oltre il 60% in arrivo da fuori Novara.
Un risultato confermato anche dall’ottimo riscontro e numero di testate giornalistiche ed emittenti televisive, locali e nazionali, che si sono occupate della mostra, così come dagli oltre 200 studenti che hanno partecipato ai laboratori e workshop.
Enrica Borghi è artista ben nota a livello nazionale e internazionale, con all’attivo personali e collettive al Castello di Rivoli, alla GAM di Bologna, al MAMAC di Nizza, al Musée des Beaux-Arts di Bordeaux e all’Estorick Collection di Londra. Il suo è un importante percorso artistico iniziato negli anni Novanta che prende vita da materiali che la società rifiuta e scarta. Un percorso, come quello proposto a Novara, che è un invito a riflettere sul perché gettare qualcosa che può rinascere, rivivere e trasformarsi in bellezza e opera d’arte.
“La mostra – commenta con soddisfazione il sindaco di Novara Alessandro Canelli – è stata un successo di pubblico ed è stata anche un successo per la nostra città che è stata valorizzata dall’evento e che ha potuto valorizzare il lavoro di un’artista novarese caratterizzato da una creatività innovativa e particolare. I riscontri e il gradimento da parte dei visitatori sono stati più che positivi, anche perché l’arte di Enrica Borghi non è stata semplicemente portatrice di un messaggio di bellezza, ma è stata anche un’occasione di riflessione sui temi e sulle problematiche ambientali che riguardano i materiali di scarto, che da materiale del quale liberarsi possono diventare oggetto di un riuso originale che, trasformandoli, riesce a conferire loro una nuova vita”.
Anche Maria Rosa Fagnoni, Presidente dell’Agenzia Turistica Locale della Provincia di Novara, si dichiara molto soddisfatta: “È stato raggiunto un ottimo risultato per il numero di visitatori, moltissimi da fuori Novara e anche parecchi stranieri. La concomitanza con la mostra Ottocento in Collezione ha fatto sì che il Castello offrisse una ricca proposta culturale, portando flussi continui di turisti sulla città e quindi uno sviluppo all’economia turistica novarese. Inoltre il Castello si è dimostrato un luogo adatto a ospitare la mostra Eco in un suggestivo dialogo tra le antiche mura tardo medievali e le opere contemporanee esposte, aprendo quindi la strada a future esposizioni d’arte contemporanea”.
L’antologica è stata curata da Lorella Giudici: “Una mostra di grande successo, visitata da migliaia di persone e capace di comunicare con tutte le generazioni”.
“È stata davvero una bella occasione, – aggiunge Enrica Borghi – si è creato un dialogo fecondo e originale tra il mio lavoro e gli spazi della mostra. Un connubio tra materiali molto diversi e distanti tra loro: le antiche pietre del castello e la plastica. Senz’altro la soddisfazione e il successo di Eco sono frutto dell’ottimo lavoro di squadra tra ATL, Comune, ASSA, Italgrafica, Asilo Bianco e Fondazione Castello di Novara”.
La mostra è stata organizzata dalla Città di Novara in collaborazione con Castello di Novara, Agenzia Turistica Locale della Provincia di Novara, Associazione Culturale Asilo Bianco, con il patrocinio della Regione Piemonte e con il contributo di Fondazione Cariplo, ASSA e Italgrafica.
TORINO: PROROGATA LA MOSTRA CHE CELEBRA I 90 ANNI DI EZIO GRIBAUDO
Prorogata fino al 17 febbraio la mostra che celebra i 90 anni dell’artista torinese Ezio Gribaudo. In programma venerdì 15 febbraio alle ore 16 un incontro con il maestro.
È stata prorogata fino al 17 febbraio la mostra che al Museo Nazionale del Risorgimento celebra i 90 anni del maestro Ezio Gribaudo. In Sala Codici sono esposte le tre opere monumentali che l’artista torinese realizzò nel 1964 proprio per il Museo: Sollevazione del popolo a Milano, Gli impiccati di Belfiore e Pier Fortunato Calvi. I tre grandi quadri di Ezio Gribaudo ricordano il Risorgimento in maniera non retorica. L’ attenzione si concentra sui momenti cruciali della lotta risorgimentale, rappresentando principalmente quell’idea nobile, che spinse in maniera eroica intere popolazioni e singoli patrioti a lottare e combattere contro un nemico più potente, l’impero d’Austria.
Venerdì 15 febbraio alle ore 16 il maestro Gribaudo incontrerà i visitatori del Museo Nazionale del Risorgimento per illustrare le opere esposte e firmare i cataloghi della mostra.
Info: www.museorisorgimentotorino.it
MUSEO PIETRO MICCA: 98^ STORICA CONVERSAZIONE: “GUARDIA NAZIONALE DI TORINO: DAL 1848 AL 1861”
mercoledì 13 febbraio ore 17.30
Il relatore ci accompagnerà alla riscoperta della Guardia Nazionale, definita Milizia Comunale nella legge istitutiva del 4marzo 1848.
Inizierà con una carrellata sui compiti che la legge istitutiva affidava alla G.N., come la difesa della Monarchia “… e i diritti che lo Statuto ha consacrati …”, sulla sua organizzazione, sugli uomini, i militi, che ne facevano parte e, più in generale, su tutti quegli aspetti della vita quotidiana in pace e in guerra che permetteranno di conoscere meglio questa istituzione. Porrà in evidenza il rapporto fondamentale con il Consiglio Comunale, momento decisionale e cassa di risonanza di molte delle problematiche inerenti la G.N., come ad esempio i temi dell’uniforme e della creazione e mantenimento del Corpo di Musica, senza dimenticare i problemi dei costi e del bilancio comunale.
Il relatore affronterà anche aspetti critici come l’armamento, il fenomeno dell’assenteismo e il calo, nel tempo, delle motivazioni originarie dei militi. La vita della G.N. sarà presentata con uno sguardo particolare e curioso per riscoprire i luoghi di Torino che ne hanno vista la presenza, come i posti di guardia e di riunione, il palazzo sede del comando, la chiesa utilizzata come magazzino per i fucili e le vie e contrade che hanno fatto da scenario alle pattuglie dei militi in servizio “… per mantenere l’obbedienza alle leggi, conservare o ristabilire l’ordine e la tranquillità pubblica …”
Le motivazioni della ricerca e della conferenza sono bene espresse da queste parole di Dina Rebaudengo: “..qualche volta è bene andarcelo a cercare questo nostro passato, sì da ritrovarci in esso ed in esso scoprirci..”.
Giovanni AIASSA, nato nel 1945, laureato in lettere a indirizzo storico, dirigente industriale in pensione, è un appassionato ricercatore e studioso di storia militare sabauda e piemontese del ‘700 e ‘800.
È membro di Associazioni culturali storiche torinesi e in particolare ricordiamo l’Associazione Amici del Museo Pietro Micca di cui è una Guida volontaria da oltre 10 anni.
GALLERY SANDRETTO, MOSTRA “VENIA DIMITRAKOPOULOU. FUTURO PRIMORDIALE – LOGOS”,
La Gallery della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino accoglie la personale “Venia Dimitrakopoulou. Futuro Primordiale – Logos”, seconda tappa della trilogia di mostre italiane della scultrice greca. L’esposizione, a cura di Afrodite Oikonomidou e Matteo Pacini, presenta una nuova selezione di lavori intorno al tema del ” Logos “, tra cui spiccano due imponenti installazioni inedite. L’inchiostro indiano, il pastello, l’acquerello e il collage danno vita a opere preziose su carte rare che vanno dal piccolo al grande formato e che spaziano dalla scultura all’installazione, dalla scrittura alla grafica.
Sede Gallery della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, via Modane 20, Torino
Orari giovedì ore 20-23; venerdì-sabato-domenica ore 12-19
Ingresso libero
MONDOVI’: PROROGATA FINO AL 24 FEBBRAIO LA MOSTRA “WHAT WOULD AN ARTIST DO? – COSA FAREBBE UN ARTISTA?”
Ospitata dal Museo della Ceramica di Mondovì, riguarda l’arte e la politica nell’opera di Nijolė Šivickas e di Antanas Mockus, il sindaco che ha trasformato Bogotà.
È prorogata fino al 24 febbraio “What Would an Artist Do? – Cosa Farebbe un Artista?”, la mostra sull’arte e la politica nell’opera di Nijolė Šivickas e del figlio Antanas Mockus, il sindaco che ha trasformato Bogotà. Curata da Christiana Fissore e Sandro Bozzolo, è allestita al Museo della Ceramica di Mondovì (Cuneo), nel centro storico del rione Piazza.
“Abbiamo preso questa decisione – dice Christiana Fissore, direttrice del Museo della Ceramica – visto l’interesse suscitato dalla rassegna, che è già stata visitata da più 1.500 persone e da 850 studenti del territorio che hanno partecipato alla proposta didattica a loro dedicata”. E’ la prima volta in Italia che vengono presentati la vita, le opere e l’impegno politico e umano dei due singolari artisti lituano – colombiani. Grazie a materiali multimediali e a un’installazione in Realtà Virtuale, nello spazio di un’ora è possibile conoscere il potenziale espressivo, la forza creativa e i meccanismi di partecipazione attiva alla vita cittadina proposti dai due protagonisti. Emigrata dalla Lituania in Colombia nel 1950, Nijolė Šivickas, partendo dall’arte ceramica, ha trasmesso al figlio strumenti inconsueti e estremamente innovativi nell’arte contemporanea e performativa che Antanas Mockus ha messo in pratica coinvolgendo otto milioni di cittadini. Sindaco di Bogotá dal 1995 al 2005, ex candidato presidenziale e oggi senatore, grazie alla sua gestione anticonvenzionale, Antanas Mockus ha ottenuto risultati rilevanti per migliorare la vita dei cittadini di Bogotá: il numero degli omicidi è sceso del 50% e 66.000 famiglie hanno volontariamente scelto di pagare più tasse e una città problematica è diventata una capitale moderna ed efficiente. La vicenda di Antanas Mockus è stata ripresa da Sandro Bozzolo con il recente film “Nijole”, coproduzione italo-lituana. A partire dai materiali raccolti per la realizzazione della pellicola, di cui il Museo della Ceramica di Mondovì è partner di produzione, è stata concepita la mostra che propone una riflessione di Antanas Mockus: “quando in politica non paiono esserci soluzioni possibili, è utile chiedersi: “cosa farebbe un artista?”.