Genitori separati e visita ai figli: in tempo di coronavirus è dura…
Il D.P.C.M. 9 marzo 2020, nonchè il D.L. 25 marzo 2020 n.19, hanno sostanzialmente ridotto sempre di più il diritto agli spostamenti, sia a livello nazionale che comunale (prova ne sono le oramai numerose versioni del modulo dell’autodichiarazione elaborato). Secondo l’attuale testo in vigore, i motivi per cui si può uscire di casa sono le comprovate esigenze lavorative; l’assoluta urgenza; la situazione di necessità o motivi di salute. Cosa fare allora in caso di separazione o divorzio tra i coniugi, quando ci sono dei figli. E’ possibile esercitare il diritto di visita previsto nelle condizioni dei provvedimenti relativi.In data 10 marzo 2020 il Governo ha precisato e chiarito che: “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio“. Tale disposto, parrebbe non lasciare alcun margine interpretativo.
Eppure, fin da subito si sono avuti contrasti tra i genitori, in considerazione del, ritenuto, preminente interesse alla salute del minore rispetto all’altrettanto rilevante ma gerarchicamente subordinato interesse del minore medesimo a mantenere un rapporto con l’altro genitore. Sul punto il Tribunale di Milano ha emesso un provvedimento l’11 marzo (quindi, rispetto all’evoluzione della situazione attuale, una vita fa!) secondo cui le previsioni di cui all’art. 1, comma 1, lettera a) del DPCM 8 marzo 2020 n. 11 non sono preclusive dell’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori, essendo in ogni caso concessi gli spostamenti finalizzati a rientri presso la “residenza o il domicilio”.
Tale previsione ora può ritenersi però superata, stante i divieti sempre più stringenti emanati dal governo.Pertanto si può ritenere che nel contemperamento degli interessi, vista l’aggressività del virus, oggi un giudice propenderebbe per la limitazione del diritto di visita, soprattutto se comprovato da elementi concreti che mettano a repentaglio la salute dei minori (ad esempio, nel caso di genitore non collocatario che ha contatti con molte altre persone per ragioni di lavoro e quindi lo rendano molto più “esposto al contagio” di un genitore che, ad esempio, è restato tutto il tempo a casa).
Inoltre in considerazione dell’esistenza di strumenti tecnici idonei a permettere la comunicazione, anche visiva, a distanza, è auspicabile che i genitori siano chiamati a porre in primo piano la tutela della salute dei minori, piuttosto che rischiare di esporli al rischio di contagio.
Monica Pelisssero