“Mia moglie morta all’ospedale di Chieri, 18 giorni dopo l’asl mi telefona e…”

Una storia straziante, con triste epilogo a Chieri, quella raccontata alla rubrica “Specchio dei Tempi” de La Stampa da un anziano torinese la cui moglie è stata vittima del coronavirus, di cui è morta a fine marzo. Ecco il testo della lettera, firmata:

«Sabato 18 aprile squilla il telefono, risponde una mia figlia, un incaricato dell’Asl chiede notizie sullo stato di salute di mia moglie. Strana domanda: la mia cara Gemma è morta, per Covid-19, il 31 marzo, all’ospedale di Chieri. All’incaricato si è spiegato che mia moglie (83 anni) era stata ricoverata al Gradenigo il 17 gennaio per una caduta in casa con frattura del bacino e poi trasferita il 30 gennaio nella struttura individuata tramite l’ospedale, Villa Adriana (Arignano), per la necessaria convalescenza. Il 5 marzo vengo bloccato all’entrata, da quel giorno le visite sono sospese e non la rivedo più: solo qualche telefonata con una certa difficoltà. Il 28 marzo da Villa Adriana ci avvisano che stanno per trasferire mia moglie all’ospedale di Chieri, con chiari sintomi di Covid-19. Nei giorni successivi, telefonando all’ospedale veniamo informati che la situazione è grave ma che mia moglie non sarà trasferita in terapia intensiva. Le viene data un po’ di morfina per attenuare gli spasmi. La mattina del 31 marzo la comunicazione della morte. Mia moglie non è stata considerata né come persona né come numero nei decessi. Queste situazioni sono a conoscenza della Regione Piemonte e della Procura?».