MATURITA’: 100 NON FA CULTURA, 60 NON FA PAURA
Il fatidico momento dell’esame di maturità è alle porte per migliaia di studenti; un esame tutto nuovo a causa del Covid-19, in cui però una costante c’è: il 100 non fa cultura ed il 60 continua a non far paura. Il 2020 sarebbe sicuramente stato un anno da ricordare sugli annuari ma quest’anno non ci sono state foto di classe e, a dirla tutta, oltre alla foto sono mancate anche le classi. Un duro colpo per tutti gli studenti, specialmente per coloro che si stavano lentamente e faticosamente avvicinando all’ultimo, tra gli ultimi, giorno di scuola; l’elettrizzante conto alla rovescia per il suono dell’ultima campanella si è trasformato in una monotona attesa davanti allo schermo di un pc, in cui l’unico conto alla rovescia da fare era quello per la fine del monologo del professore. In mille modi ci si sarebbe potuto immaginare un ultimo giorno: una festa con i compagni, i tradizionali gavettoni nel pomeriggio, una pizzata con i professori… Sicuramente nei piani non era inclusa una videochiamata per salutare lo storico vicino di banco e quel professore che proprio era impossibile sopportare. Gli studenti avranno però ancora un’ultima occasione per i congedi finali che, pur senza abbracci commoventi o fiere strette di mano, saranno dal vivo: l’esame di maturità di svolgerà infatti in presenza. Molte le polemiche di allievi e professori contro l’irremovibile decisione della ministra Azzolina: veri e propri movimenti di protesta online, con petizioni ufficiali, sono sorti per cercare di far cambiare la situazione. Nella moltitudine degli avversi all’esame in presenza, chi per ragioni di sicurezza e chi per motivi più pratici, ognuno ha la sua ragione, buona o meno che sia, per contestare la decisione presa: c’è chi ritiene che sia ancora poco sicuro con il Covid-19 dietro l’angolo e chi, invece, non pensa di aver ricevuto una preparazione adeguata negli ultimi tre mesi passati dietro ai monitor. Molte sono state le alternative discusse, a partire dall’iniziale proposta di abolire l’esame e terminare i cinque anni di scuole superiori con il famosissimo “60 politico”, ma questa opzione, seppur allettante per quella fetta di studenti un po’ svogliati che si sono sempre tenuti a galla a fatica e magari anche ricorrendo a metodi poco ortodossi, è subito sfumata. Più seriamente è stata invece considerata la possibilità di annullare l’esame e far diplomare gli studenti con la media dei voti ottenuti negli ultimi tre anni, soluzione che premia chi la pagella se l’è sempre sudata. La ministra però, dopo numerose riunioni con il comitato scientifico, ha comunque deciso che l’esame non sarebbe stato annullato, e, con l’allentare della pandemia, è stata anche felice di poter annunciare che non si sarebbe svolto online ma in presenza. Sicuramente non una buona notizia per coloro che si erano già preparati tappezzando la camera di appunti, ma senz’altro una scelta fatta per rialzare il morale dei ragazzi e per dare la possibilità di mettere in pratica ciò che si è imparato nei tre mesi passati (oltre alla capacità acquisita dalla maggior parte degli studenti di seguire videolezioni e contemporaneamente preparare il caffè). L’esame ha però subito modifiche rispetto alla formula tradizionale, e già si vocifera di un esame facilitato: i maturandi di cose facili però non ne vedono, anzi, all’orizzonte avvistano solo iceberg. Pochi giorni per ripassare moltissimi programmi con l’aggiunta poi, di un po’ di suspence: il ministero ha infatti deciso di annunciare agli studenti il giorno del proprio esame solo due giorni prima della data ufficiale d’inizio, fissata per il 17 giugno. A questa notizia c’è chi, preso dal panico, ha studiato giorno e notte, chi, convinto di non essere il primo, ha procrastinato, e poi c’è chi, fiducioso nel ritorno della pandemia, i libri non li ha nemmeno tirati fuori dallo zaino; fatto sta che un primo ci dovrà pur essere, e, se toccherà all’ansioso o al procrastinatore, agli studenti non è ancora dato saperlo.
Marta Pochettino