Asti- Il Coordinamento Donne Cgil risponde al vicesindaco Coppo
In risposta alla lunga lettera ai giornali del vicesindaco di Asti Marcello Coppo sulla vicenda Asti Pride e sottopasso Marconi, riceviamo la presa di posizione del Coordinamento Donne Cgil:
Abbiamo avuto modo di leggere la lunga lettera di Marcello Coppo in merito alla nota querelle sul sottopassaggio della stazione di Asti – scrivono le Donne Cgil – non vogliamo qui proporre una risposta articolata, se non manifestare un senso di profondo fastidio per la virulenza del tono e delle argomentazioni, sempre sul filo dell’insulto. Su un punto della lettera ci sentiamo però chiamate in causa e in dovere di prendere parola. Questo: “Famiglia: il matrimonio è l’unione tra uomo e donna al fine di potenzialmente generare figli e figlie. A questa cellula sociale la Costituzione ha dato valore e autonomia. Chiamare matrimonio un’altra cosa è semanticamente errato”. Il sig. Coppo è assolutamente libero di pensare questo e altro. 75 anni fa molte persone (che a lui forse non piacciono molto) sono morte perché lui – e tutti quanti/e avessero la libertà di parola e di pensiero. Se avessero vinto altri (che forse a lui piacciono di più), una libera manifestazione del pensiero avrebbe comportato la galera o peggio.
Ma anche noi siamo libere di dire: che misera concezione dell’amore e della famiglia! Miseria e squallore che traspare soprattutto dall’avverbio ‘potenzialmente’. Uomini e donne devono figliare, questo è lo scopo. Se non ce la fanno, vabbé pazienza. Quando si sono sposati, sembrava che potessero, ‘potenzialmente’ avrebbero dovuto avere figli, poi è andata male. Questo consegna ad una condizione di disprezzo e di minorità tutte le coppie (eterosessuali) che non possono avere figli o scelgono di non averli. Ovvio che, in tale concezione, le coppie omosessuali non siano proprio contemplate. Ma si consolino le/i nostre/i amiche e amici Lgbtqi, anche molte/i etero faranno loro compagnia, almeno nella concezione del sig. Coppo.
Nel corso della storia, quante donne sono state emarginate e vilipese perché non riuscivano ad avere figli? Sterile era, per una donna, un marchio di infamia. Una donna inutile, che non serviva allo scopo per il quale si trovava al mondo. Una donna che il marito doveva per sua disgrazia sopportare (in assenza di divorzio, istituto che forse il sig. Coppo non apprezza) ma che era autorizzato a disprezzare e maltrattare. E appena un po’ meglio era la condizione di quelle che partorivano ‘solo’ femmine. Poi la scienza ha spiegato che la sterilità è anche maschile e che il sesso della/del nascitura/o è determinato dal padre e non dalla madre. Poi una concezione più umana (umanistica?) ha affermato il valore della sessualità a prescindere dalla riproduzione. Poi, in tempi più recenti, siamo persino giunte/i (forse non tutte/i) a capire che l’amore è amore e basta, con l’unico limite che avvenga tra persone adulte e consenzienti. Dove c’è consapevolezza e libertà, nessuno può sentirsi offeso. Una puntualizzazione. La Costituzione della Repubblica Italiana all’articolo 29 secondo capoverso, recita: “Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
Coniugi, non uomo e donna. Chissà, tra le madri e i padri costituenti si annidavano quei plotoni di esecuzione della sinistra che tanto dispiacciono all’estensore della lettera. Sta di fatto che è il suo riferimento ad essere ‘semanticamente errato’. Un punto apprezzabile: pur nella scorrettezza formale del riferimento costituzionale, nella lettera si parla di generare ‘figli e figlie’. Abbiamo superato gli ‘auguri e figli maschi’. E’ già qualcosa, lo spirito dei tempi soffia anche dove non te lo aspetti, c’è speranza per tutti”.
Coordinamento Donne Cgil Asti