PIEMONTE ARTE: MUSEO TESSILE CHIERI, MADONNA DELLE PARTORIENTI, GORREA, GALLERIE D’ITALIA, NOVARA E IL MITO DI VENEZIA, OSSOLANI, MERCURIO…

coordinamento redazionale di Angelo Mistrangelo

 

MUSEO DEL TESSILE DI CHIERI: SABATO 15 MAGGIO – DOMENICA 16 MAGGIO (DALLE 11 ALLE 18) INAUGURAZIONE DEL NUOVO ALLESTIMENTO

Tessere il futuro con le trame del passato. Telai, orditori, passamanerie, campionari di tessuti, figurini, piante tintorie, Fiber Art: tutta la storia del tessile dal Medioevo ad oggi

Sabato 15 maggio e domenica 16 maggio il Museo del Tessile di Chieri, in via Santa Chiara 11A, apre al pubblico il nuovo percorso espositivo, oggetto di un significativo riallestimento, che racconta la vocazione tessile del chierese dal Quattrocento ai nostri giorni.  In contemporanea, la sala della Porta del Tessile, in via Santa Chiara 5, ospita la mostra personale di Lisa Fontana, Premio “Navetta di rame 2021”, che con i suoi lavori d’arte tessile ha reinterpretato disegni di tradizione in chiave contemporanea utilizzando vari materiali -dal lino al rame, dal bambù alla seta -e tessendo ai telai storici del Museo del Tessile. Sabato 15 maggio, alle ore 11, inaugurazione ufficiale del nuovo percorso espositivo e della mostra temporanea, con presentazione di Melanie Zefferino, Presidente della Fondazione Chierese per il Tessile e Museo del Tessile che ne firma il riallestimento, e la partecipazione di Alessandro Sicchiero, Sindaco della Città di Chieri, Antonella Giordano, Assessore alla Cultura della Città di Chieri, e dei consiglieri di amministrazione Filiberto Martinetto, Laura Vaschetti, Renato Vasino e Giuseppe Vergnano. Sabato 15 e domenica 16 maggio, dalle ore 11 alle ore 18, sarà possibile visitare il Museo e la mostra temporanea: prenotazione obbligatoria per ingressi contingentati (prenotazioni@fmtessilchieri.org, tel.329/4780542), costo del biglietto unico 3 euro.

«Con questo riallestimento, accompagnato da un intervento di conservazione esteso, valorizziamo la collezione storica e diverse donazioni ricevute di recente, fra cui alcune bambole Lenci del primo e secondo Novecento, ma anche cartamodelli, incisioni e strumenti di misurazione», dichiara la Presidente Melanie Zefferino. E aggiunge: «il percorso espositivo è concepito come un ciclo epistemico, che si può percorrere per scoprire e approfondire la conoscenza del contesto chierese attraverso la cultura materiale e il patrimonio documentario di un museo che ha sede nel cuore della città, in quello che fu il primo opificio moderno di Chieri. Il nostro è un “museo scrigno”, in cui si conserva un patrimonio materiale e immateriale, ma al contempo un luogo di studio, ricerca e sperimentazione artistica spaziando anche nelle arti applicate, in particolare il laboratorio tessitura con Lisa Fontana e il laboratorio di tintura naturale e batik a cura di Giulia Perin, recentemente premiata alla Città delle Arti, che coltiva anche l’Orto Botanico del Tessile nel chiostro di Santa Clara. L’esposizione permanente include alcuni esemplari ricamo Bandera di tradizione Chierese, che Anna Ghigo e la sua Associazione promuove e rinnova operando stabilmente nel museo. Da quest’anno, è pure presente una sezione di Fiber Art con opere della collezione civica “Trame d’Autore”. Non a caso: il motto del Museo è “tessere il futuro nel presente con le trame del passato”, dunque preservare la tradizione tessile di ieri, valorizzare le produzioni delle manifatture tuttora attive sul territorio e dare voce anche alle declinazioni artistiche contemporanee. Le arti tessili corrono lungo un “filo” che da sempre insieme. Ecco perché sono in mostra uno strumento per il tissage en bande di tradizione medievale, un telaio ad arco come quelli usati per secoli dalle popolazioni sub-artiche (un esemplare analogo si trova al British Museum), un Marudai per il Kumihimo del Giappone, ma anche un telaio verticale semplice come quelli usati dai nativi americani . Altri oggetti e materiali d’interesse particolare sono disposti su due livelli di altezza (come al V&A Children’s Museum di Bethnal Green) per coinvolgere anche i più piccoli con le loro famiglie e i loro insegnanti. In generale si è costruito un percorso più intuitivo e accattivante, seppure filologico, anche grazie a soluzioni di illuminotecnica che esaltano il colore o suggeriscono il movimento di oggetti storici mediante effetti di luce che conferiscono loro un’aura suggestiva. È stato dato maggiore spazio e risalto ai materiali naturali (lana, seta, canapa, cotone, lino, bambù e ginestra) ma anche alla viscosa o rayon, ampiamente usata a Chieri nel Novecento.  La narrazione è adiuvata da pannelli illustrativi con QR Code che rimandano a brevi filmati realizzati da Pietro Robusto (proiettati anche in loop su uno schermo), che illustrano la storia o la funzione di vari oggetti esposti, mentre una cornice digitale offre scorci sui disegni e documenti d’Archivio, alcuni dei quali esposti nelle vetrine storiche restaurate. Presto attiveremo anche una sezione tattile per visitatori con disabilità visiva». Altra novità è il bookshop, dove si possono trovare pubblicazioni tematiche e manufatti realizzati al Museo, segnalibri, fiori-spilla in feltro e altro ancora. «Tutto questo è frutto dell’impegno e del lavoro congiunto di più soggetti. Un grazie particolare va al Comune di Chieri, che ha disposto la manutenzione straordinaria alle volte nel seminterrato e la messa in sicurezza del portico. Siamo grati a Laura Vaschetti, che ha curato i testi dei nuovi pannelli informativi realizzati da Claudio Zucca, il quale ha ripristinato gratuitamente le stampe a parete esistenti e ha donato una lampada multicolore mentre Roberto Zanin ha generosamente eseguito lavori di falegnameria. Grazie ai volontari del Museo, in particolare Bruno Eterno, restauratore di professione che si è prodigato, anche attuando pratiche di riuso; Carla Pedrali, che ha cucito le tende del museo; Dino Buriola, che ha eseguito i trattamenti anti-tarlo e le ridipinture, i tessitori esperti Maurizio Fasano, Giuseppe Masiero e Graziano Iseppi, che hanno ripristinato i telai storici e vari oggetti delicati e complessi ora perfettamente funzionanti grazie a loro. Uno dei nostri principali obiettivi è coinvolgere maggiormente i giovani, che ci auguriamo possano prendere parte più attivamente alla vita del museo impegnandosi in progetti di studio o di produzione creativa, ma anche unendosi alla nostra comunità di volontari in un dialogo intergenerazionale».

Melanie Zefferino

«L’inaugurazione del nuovo percorso espositivo del Museo del Tessile segna un momento molto importante per Chieri – dichiara l’assessore alla Cultura del Comune di Chieri, Antonella Giordano – in questi mesi è stato fatto un lavoro di riallestimento davvero straordinario, di cui siamo molto soddisfatti. Come amministrazione abbiamo fortemente creduto nel rilancio del Museo, che potrà diventare un vero polo culturale dinamico e attrattivo, dove le arti incontrano l’industria, dove la creatività del design, della Fiber Art e della moda si possano intrecciare con il fare produttivo di ieri e di oggi. Il Museo non solo come un luogo che custodisce oggetti ma come un’istituzione capace di parlare a ogni genere di pubblico ed in particolare alle giovani generazioni. Serviva un’iniezione di competenza e innovatività, e sono certa che chi verrà a visitare il Museo ne sarà sorpreso».

CHIERI E IL TESSILE

Chieri nel Basso Medioevo era un importante centro di produzione tessile. Nel XV secolo cotone e fustagno costituivano le due parole chiave della prosperità economica della città: qui nel 1482 nacque l’Università del Fustagno, la corporazione professionale dei fabbricanti e mercanti di tessuti. Chieri mantenne il primato di unico centro manifatturiero piemontese per la lavorazione dei cotoni e dei filati fino agli inizi del ‘700. Nella seconda metà del XVII secolo da Chieri si diffonderà in tutto il Piemonte il ricamo “bandera”, che si impose come moda nelle dimore signorili. Nel Novecento la città continuò a ricoprire un ruolo importante nel campo del tessile grazie all’innovazione delle lavorazioni e dei materiali ma verso finire del secolo la crisi del settore costrinse numerose manifatture storiche a cessare la propria attività. Nel novembre 1997, per iniziativa dell’imprenditore, ricercatore e collezionista Armando Brunetti (1934-2015), si costituì la Fondazione Chierese per il Tessile e Museo del Tessile con la partecipazione di Comune di Chieri, Regione Piemonte e Provincia di Torino (oggi Città Metropolitana), insieme all’Associazione Piccole Industrie e alla Camera di Commercio di Torino quali soci fondatori, oltre a un cospicuo numero di manifatture tessili del Piemonte e a privati cittadini.

LE COLLEZIONI DEL MUSEO DEL TESSILE

Il Museo del Tessile di Chieri nasce nel 1997, ha sede nell’edificio che un tempo ospitava il convento quattrocentesco di Santa Chiara, trasformato agli inizi dell’Ottocento in opificio dall’imprenditore David Levi. Il Museo ospita un’importante collezione di oltre 3.000 pezzi che raccontano la storia del tessile dal Medioevo all’Ottocento: telai perfettamente funzionanti, i più antichi risalenti al XVI secolo (telai a mano, telai con navetta, telai a nastro, telai a porgifilo a due, tre e quattro licci, telai con navetta volante fino ad un telaio Jacquard); strumenti di misurazione  (aspino a mano, bilancia romana, torsiometro); attrezzature per filare (conocchia, arcolaio, perfino una matassiera composta da canne di bambù); orditoi orizzontali e verticali; attrezzi utilizzati per la coltivazione del gualdo, per la tintura delle pezze, per la filatura, tessitura ed imbiancatura dei tessuti; passamanerie (nastri, cordoncini, fiocchi, frange, bordi e galloni per impreziosire abiti, arredi e tendaggi); campionari di tessuti e filati (cotoni, sete, lane); disegni tessili e messe in carta di diverse epoche; una collezione di oltre 200 figurini realizzati tra gli anni Trenta e i Cinquanta; l’Orto Botanico del Tessile (con piante tessili e tintorie); documenti e materiali provenienti dagli archivi delle aziende chieresi; cartoline ed affiches pubblicitarie; una biblioteca che custodisce oltre 600 testi sulla storia della moda e del tessuto a disposizione di studiosi e ricercatori. Parte della collezione, il cui nucleo deriva dal lascito di Armando Brunetti, è esposta all’Imbiancheria del Vajro, aperta al pubblico in occasione di “Tramanda”, rassegna di Fiber Art promossa dal Comune di Chieri.

IL NUOVO PERCORSO MUSEALE

Dopo l’iniziale riferimento all’Arte del Fustagno, si introduce il visitatore alla storia del Museo del Tessile e alle manifatture tessili che hanno animato Chieri e Torino nel Novecento passando in rassegna campionari di tessuti, cartamodelli e manufatti di aziende storiche chieresi che si sono distinte nel mondo: il Cotonificio Tabasso, la Passamaneria Luigi Gamba, la Tessitura Giuseppe Gallina, per esempio, ma anche la SNIA, fondata a Torino dal mecenate Riccardo Gualino insieme a Giovanni Agnelli, che produceva viscosa (o rayon). Non a caso è esposto un campione di tessuto con il logo FIAT realizzato dalla Tessitura Ghidini. La sezione “Miscellanea Novecento” non poteva non includere le famose bambole in feltro Lenci. L’area video, in cui fanno capolino le creazioni contemporanee di Fiber Art, prepara il visitatore a percorrere dall’inizio il ciclo del tessile – muovendo dall’idea ai materiali e ai processi. Si passano così dagli esempi di disegni tessili del famoso Studio Serra e Carli di Chieri alle “messe in carta”, ai figurini di moda, di cui il museo vanta una bella raccolta. Seguono le vetrine in cui sono esposte fibre tessili (lana, seta, canapa, cotone, lino, bambù e ginestra) e coloranti naturali ricavati dalle piante tintorie, a cominciare dal gualdo. Si passano quindi in rassegna la filatura e gli strumenti di misurazione della resistenza alla trazione dei filati e all’abrasione dei tessuti, quelli per il controllo della qualità, tra cui bilance e dinamometri  di diversa tipologia e dimensione. Segue l’orditura con un orditoio orizzontale “a spalliera” di tradizione chierese e uno verticale, la cosiddetta “giostra”, che risale all’800, interamente in legno, altezza di 3,30 metri e diametro di 2,40 metri. Infine, la tessitura è rappresentata attraverso vari tipi di telai: a porgifilo, con navetta volante, un telaio Jacquard per la realizzazione di tessuti operati più complessi, telai verticali e orizzontali per arazzi, fasce e tessuti vari, incluso quello per il ricamo Bandera. Qui troviamo anche le macchine con cui si creavano le schede perforate che venivano utilizzate per realizzare i disegni su carta millimetrata, strumenti tessili vari. Non possono mancare i campioni di tessuto, specialmente il fustagno di Chieri, antesignano del jeans, che come il gualdo connota la vocazione tessile della nostra città e del suo museo.

 

LA MADONNA DELLE PARTORIENTI DALLE GROTTE VATICANE

Palazzo Madama – Corte Medievale

Piazza Castello, Torino

14 maggio – 20 luglio 2021

 

Nell’immagine: Madonna delle Partorienti dopo il recente restauro.

Antoniazzo Romano, ultimo decennio del XV sec.

 

La Fondazione Torino Musei, con il patrocinio della Fabbrica di San Pietro in Vaticano e dell’Arcidiocesi di Torino, dal 14 maggio al 20 luglio 2021 presenta, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, il dipinto La Madonna delle Partorienti di Antoniazzo Romano (ultimo decennio del XV sec.). L’opera viene esposta in anteprima assoluta al pubblico dopo un lungo e complesso restauro, promosso dalla Fabbrica di San Pietro con il sostegno di Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking. La mostra, occasione unica e irripetibile per ammirare il prezioso dipinto, prima di fare rientro definitivo nelle Sacre Grotte della Basilica vaticana, è realizzata con il sostegno di Reale Mutua. “Per la prima volta la Madonna delle Partorienti, venerata da oltre cinque secoli nella Basilica di San Pietro, lascia il Vaticano per essere presentata a Torino in una mostra che ne racconta la secolare storia e il restauro. Vi giunge – non per caso – nel mese mariano, per portare conforto in questo tempo di pandemia e speranza per giorni meno difficili e più sereni”. Con queste parole del cardinale Mauro Gambetti, Arciprete della Papale Basilica Vaticana, il visitatore viene introdotto nella prestigiosa sede espositiva di Palazzo Madama a Torino per ammirare il restaurato dipinto mariano. Una Madonna “piena di grazia” che sostiene teneramente il Bambino Gesù, accostandolo a sé. I due volti, dipinti con sapienza e perizia, hanno una straordinaria forza espressiva: l’amorevole sguardo della Madre Celeste, serenamente diretto verso i fedeli, invita alla preghiera in un raccolto e silenzioso dialogo; quello del Figlio sembra invece estendersi all’intera umanità in un simbolico abbraccio. Un affresco – o meglio un frammento di affresco – di grande importanza per Fede e Arte. Realizzato da Antoniazzo Romano (1435-1508) alla vigilia del Giubileo del 1500, si trovava in origine nel transetto meridionale della vecchia basilica, sopra l’altare della cappella Orsini. Durante i lavori per la costruzione del nuovo San Pietro, fu staccato dalla parete e nel 1574 fu collocato in una nicchia dietro un altare a ridosso del muro che divideva l’antica chiesa dal cantiere del nuovo San Pietro. Qui continuò a raccogliere la devozione dei fedeli e, soprattutto, delle donne in attesa del parto. Rimosso anche da questo luogo nel 1605, venne poi portato nelle Grotte Vaticane e nel 1616 trovò definitiva collocazione in una cappella appositamente ricavata sotto il pavimento della basilica. L’immagine della Madonna delle Partorienti – o “degli Angeli” come veniva chiamata nel Cinquecento – venne allora ridotta di dimensione, perdendo l’originaria mandorla con variopinte figure di cherubini, che tuttavia possiamo ammirare nell’inedita e attendibile proposta ricostruttiva presentata in mostra. Il lacerto del quattrocentesco affresco della Madonna col Bambino (81 x 77 cm) subì, soprattutto a causa delle avverse condizioni microclimatiche delle Grotte Vaticane, una serie di interventi manutentivi tra il XVII e il XIX secolo e, dopo un restauro del 1950, nel 1981 fu ridotto di spessore (assottigliando drasticamente la porzione d’intonaco retrostante), per essere collocato su un nuovo supporto inerte di cadorite. A causa del precario stato di conservazione dell’opera, la Fabbrica di San Pietro a novembre 2019 ha intrapreso un nuovo e necessario restauro. Un lavoro lungo e complesso, condotto dai restauratori Giorgio Capriotti e Lorenza M. G. D’Alessandro sotto la direzione tecnico-scientifica della medesima Fabbrica. Grazie al recente intervento conservativo è oggi possibile ammirare il venerato dipinto nella sua ritrovata integrità, in un suggestivo allestimento curato dall’architetto Roberto Pulitani. La mostra rappresenta dunque un appuntamento imperdibile non solo per gli appassionati di arte, ma anche per tutti i devoti che a Torino avranno l’opportunità di conoscere la storia di questa straordinaria opera inedita. Il catalogo della mostra a cura di Simona Turriziani e Pietro Zander, edito da Sagep Editori, è illustrato con suggestive ed eloquenti fotografie e racconta la secolare storia e il restauro di questa straordinaria immagine mariana, che la prof.ssa Anna Cavallaro ha confermato essere stata realizzata dal celebre pittore Antoniazzo Romano nell’ultimo decennio del XV secolo.

 

ERNESTO GORREA, TRA PITTURA E PENSIERI, ALLA SALA DELLE ARTI DI COLLEGNO

A cento anni dalla nascita, l’Associazione Culturale «Gli Argonauti» ha organizzato un significativo omaggio all’esperienza di Ernesto Gorrea (1920-2001), pittore e scrittore, che ha attraversato le correnti e le trasformazioni artistiche del Novecento mantenendo una misura espressiva sempre fedele al paesaggio, alla natura e a una limpida narrazione. E venerdì 14 maggio, alle 18, si apre alla Sala delle Arti di Collegno, in via Torino 9, la mostra retrospettiva “Impressioni”, promossa con il Comune di Collegno e il patrocinio della Regione Piemonte, che presenta dipinti, pastelli, chine dal 1970 al 1991. Di formazione umanistica, educatore e insegnante, Gorrea è stato allievo dello studio torinese della ritrattista Ines Rosina, acquisendo quelle nozioni tecniche e compositive che gli hanno permesso di intraprendere, dopo l’incoraggiamento di Mario Reviglione, un lungo percorso pittorico tra scorci montani e limpide marine: «Talora scorgi/ il gabbiano/ sorvolare/ le vele». E in questi versi, o pensieri come li definisce nella raccolta inedita «Voglia d’altro» (1992), si coglie la profondità della sua visione della realtà, dell’ambiente, del rapporto tra arte e letteratura trasmesso con quella sensibilità che gli ha permesso di fissare l’atmosfera rasserenante dello «Stagno di Avigliana» o di uno scorcio del «Bosco a Giaveno» o del pastello «La prima luce». In ogni caso, il dato cromatico è il vero punto di riferimento di una pittura realizzata con un tono equilibrato e meditato, con una impostazione che, in occasione della personale al Foyer Teatro Erba di Torino del 1973, ha fatto dire ad Ernesto Caballo: «Per Gorrea non è stato difficile mettere i colori quasi dentro un rigo di musica con decisa timbratura subalpina, che però non esclude richiami a un post-impressionismo e anche ad un post-espressionismo». Un rigo musicale che allude alle canzoni di Gipo Farassino, che Gorrea ha interpretato con una intonazione legata alla cultura e al tessuto urbano della vecchia Torino. Mentre con il trascorrere degli anni i suoi dipinti si sono popolati anche di svelte figure di bambini, di chierichetti e di immagini della Val Germanasca, dove trascorreva l’estate: «la montagna/ resiste;/ domani: sarà/ roseo mattino». Dalle mostre allestite alla Galleria della Cassiopea, diretta da Marcella Brunati nello storico Palazzo Cavour di Torino, testimoniate da una fotografia che lo vede ripreso accanto al critico d’arte de «La Stampa» Marziano Bernardi, a quelle di Saint Vincent e Cogne in Valle d’Aosta, si nota il suo essere «piemontese puro sangue», come sottolinea Francesco Prestipino sul quotidiano milanese «Avvenire» del 1973, «che ha imparato fin da ragazzo ad accogliere il segreto respiro della sua terra, dopo lunga e privata preparazione tecnico-strumentale, ci dà oggi una immagine di essa che probabilmente noi non sapremo mai percepire». Impressioni, quindi, di una stagione che riemerge dopo anni di silenzio con un nucleo di opere che rinnova l’incontro con il fascino indiscusso di «Notre Dame» e «Place du Tertre» a Parigi, con una tradizionale «Processione alpestre» e una tormentata e intensa «Crocifissione»: «Ombra umida/ dell’abside,/ all’abazia di San Damiano;/ pende dal legno/ Cristo;/sciabolata rossastra/ d’un cero/ disegna le costole,/ paiono respirare». Il suo discorso si snoda secondo una nitida lettura e definizione dei soggetti elaborati, tanto che Nico Vergnano nel catalogo pubblicato nel 1990 ha scritto: «Sai cogliere l’anima di ciò che dipingi. Questa qualità dimostra la non comune capacità di penetrare a fondo nelle cose, per carpirne l’essenza e il divenire, concretamente, con immagini vive e palpitanti». E così la vegetazione nel vento, i cardoni e una contadina piegata dalla quotidiana fatica, costituiscono i momenti di un racconto delineato nello spazio della tela o del foglio di carta da disegno, con le giornate di sole sulle alte vette e un porticciolo immerso nella luce. “Certi suoi studi di paesaggio, mi hanno richiamato – suggerisce Marziano Bernardi – per qualche analogia di colore e di tocco, a certe “impressioni” del più tardo Fontanesi e del suo grande amico Auguste Ravier”. Sensazioni, ricordi, emozioni sono affidate alla vitalità del segno reso con la spatola che, pagina dopo pagina, descrive il sogno di un artista davanti alla poesia della natura.

                                              Angelo Mistrangelo

 Collegno, Parco Generale C.A. Dalla Chiesa, via Torino 9, orario: mercoledì-domenica 15-19, sino al 13 giugno.

 

INTESA SANPAOLO: A TORINO ENTRA NEL VIVO IL CANTIERE DELLE GALLERIE D’ITALIA DI PIAZZA SAN CARLO

 Entrano nel vivo i lavori per la realizzazione delle Gallerie d’Italia a Torino, il museo di Intesa Sanpaolo che nascerà in Piazza San Carlo. Ieri il Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli e il Presidente Gian Maria Gros-Pietro hanno visitato il cantiere accompagnati da Michele De Lucchi, architetto curatore del progetto, Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo, e Luca Tedesi, Executive Director Immobili e Logistica della Banca. Nel cantiere di 11 mila metri quadri lavorano a ritmo incalzante 40 progettisti e 22 imprese. Nei prossimi giorni una gru gigante, alta 45 metri con un braccio lungo 52, dalla portata di 5 tonnellate sarà montata nel cortile della Banca. L’apertura è ipotizzata nei primi mesi del 2022. Il nuovo museo, quarta sede delle Gallerie d’Italia con Milano, Napoli e Vicenza, sarà dedicato alla fotografia e alla video arte ed esporrà, oltre a mostre temporanee, una selezione di opere dalle collezioni di Intesa Sanpaolo, tra cui l’Archivio Publifoto, costituito da circa 7 milioni di scatti fotografici su eventi, personalità, luoghi realizzati dall’inizio degli anni Trenta agli anni Novanta del ‘900.

 

NOVARA, A OTTOBRE MOSTRA “IL MITO DI VENEZIA DA HAYEZ ALLA BIENNALE”

a cura di Fernando Mazzocca

Novara, Castello Visconteo Sforzesco

30.10.2021 – 13.03.2022

Per celebrare i 1600 anni della città di Venezia, la cui fondazione è stata tradizionalmente fissata al 25 marzo dell’anno 421, Mets Percorsi d’arte, la Fondazione Castello e il Comune di Novara propongono per il prossimo autunno (dal 30 ottobre 2021 al 13 marzo 2022) la mostra Il mito di Venezia. Da Hayez alla Biennale. Punto di partenza del percorso espositivo saranno le opere di alcuni dei più grandi maestri che hanno operato nella città lagunare nel corso dei primi decenni dell’Ottocento influenzando significativamente con la loro opera e il loro insegnamento lo svolgersi della pittura veneziana nella seconda metà del secolo, vera protagonista della rassegna. La prima sala sarà pertanto dedicata alla pittura di storia, considerato il “genere” più nobile della pittura, e verranno esposti importanti lavori di Francesco Hayez (1791-1882), Ludovico Lipparini (1800-1856), Michelangelo Grigoletti (1801-1870), artisti di rilievo nonché figure chiave nella formazione di autori di spessore della generazione successiva, anch’essi presenti in mostra, quali Marino Pompeo Molmenti (1819-1894), Antonio Zona (1814-1892). La seconda sala sarà dedicata a quegli autori, veneziani e non, che più di altri hanno contribuito via via alla trasformazione del genere della veduta in quello del paesaggio: tra questi Giuseppe Canella (1788-1847), Ippolito Caffi (1809-1866), Federico Moja (1802-1885) e Domenico Bresolin (1813-1899), quest’ultimo tra i primissimi ad interessarsi anche di fotografia e già nel 1854 indicato tra i soci dell’Accademia come “pittore paesista e fotografo”. Titolare dal 1864 della cattedra di Paesaggio, Bresolin fu il primo a condurre i giovani allievi a dipingere all’aperto, in laguna come nell’entroterra, affinché potessero studiare gli effetti di luce e confrontarsi sulla resa del vero in un ambiente nuovo e stimolante, diverso da quello cui erano abituati, per di più, codificato dai grandi vedutisti del passato. Tra loro si ricordano Gugliemo Ciardi (1842-1917), Giacomo Favretto (1849-1887), Luigi Nono (1850-1918), Alessandro Milesi (1856-1945) e Ettore Tito (1859-1941), autori sull’opera dei quali sarà incentrata la struttura portante della mostra. La terza sala sarà interamente dedicata ad uno dei più valenti e amati paesaggisti veneti, Guglielmo Ciardi, del quale saranno proposte una decina di opere che, come in una sorta di piccola esposizione monografica, partendo dagli anni sessanta documenteranno l’evoluzione della sua pittura fino ai primi anni novanta. Le sale successive, la quarta, la quinta e la sesta, saranno dedicate alla “pittura del vero” e avranno come tema la vita quotidiana, proposta e ordinata in tre sezioni tematiche: una prima dedicata agli affetti e alla famiglia, una seconda al mondo del lavoro e una terza agli idilli amorosi, un soggetto a metà strada tra il genere e il vero molto amato e frequentato dai pittori del secondo Ottocento. La settima sala sarà interamente dedicata a Luigi Nono e offrirà un focus su una delle opere più celebri del pittore, il Refugium peccatorum. Oltre alle redazioni del 1881 e del 1883, grandi tele condotte ad olio, saranno esposti studi, disegni ed altre significative opere di confronto. L’ottava e ultima sala della mostra sarà invece dedicata alle opere condotte dai medesimi artisti tra la fine degli anni novanta dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, tele di ampio respiro che rifletteranno il rinnovamento e il cambiamento di gusto indotti nella pittura veneziana dal confronto diretto con la cultura figurativa dei numerosi pittori stranieri che partecipavano alle nostre Biennali Internazionali d’Arte.

 

O COME OSSOLANI. Mostra fotografica di Francesca Rossi a Domodossola

Si è aperta lo scorso lunedì 10 maggio, presso lo spazio Gallery, ufficio dei Private Banker di Domodossola (Via G. Marconi 26) la mostra fotografica “O come Ossolani” di Francesca Rossi (orari di apertura al pubblico: da lunedì a venerdì 8,45-12,45 / 15,00-18,45; sabato 8,45 – 12,45). Il progetto della mostra è nato in pieno lockdown dall’impossibilità di viaggiare e quindi dalla riscoperta di usi e costumi autoctoni. Gli scatti, già esposti in due precedenti mostre, immortalano i volti della locale tradizione walser e puntano a valorizzare il patrimonio culturale dell’Ossola. Il progetto è anche da poco diventato un libro che raccoglie le storie e i volti di tanti personaggi dalla Valle Vigezzo all’Antrona. Nel corso di una bella intervista, pubblicata recentemente su “Eco Risveglio”, l’artista ha dichiarato di essere autodidatta, di usare la macchina fotografica, ma viaggiando, per praticità, di fare gli scatti col cellulare, perché risulta più discreto, specialmente, come ha precisato, nella street photography “dove inquadro le persone, che preferisco ai panorami, alle spiagge, ai tramonti e ai monumenti.” “Ritengo infatti –ha aggiunto- che una immagine debba anche raccontare la vita e la storia di chi è rappresentato”. Quanto al progetto “O come Ossolani”, questo aveva lo scopo di far conoscere le belle valli dell’Ossola ai forestieri attraverso i volti e le storie dei suoi abitanti, col desiderio anche di far riscoprire il territorio ai cittadini. Il racconto fotografico comprende gli spazzacamini della Val Vigezzo, le donne di Malesco che preparano i ”runditt”, i Walser, le signore della Valle Antrona con l’arte del ricamo, la “risela”. Con questo progetto insomma Francesca Rossi ha compiuto un viaggio interiore nell’animo del popolo ossolano. Per lei la fotografia è “immortalare un momento per renderlo eterno”. Ecco qui di seguito l’autopresentazione dell’artista: “Classe 1992, nata sotto il segno del Sagittario. Le Alpi ossolane e il Rio de la Plata fanno parte del mio patrimonio genetico. Amo le maschere di bellezza coreane, sorseggiare mate con papà e non sopporto i prepotenti. Negli anni ho fatto indigestione di kachapuri in Georgia, sono stata intervistata dalla TV bielorussa e sono stata trattenuta al confine kazako-uzbeko mangiando biscottini con i doganieri e declinando proposte di matrimonio. Nel gennaio 2020 ho visto la comparsa di quel re senza corona che si chiama COVID19 a 700 chilometri di distanza da Wuhan. Ho avuto l’onore e il privilegio di poter visitare 54 Paesi, quasi sempre in solitaria, dalla Corea del Nord all’Armenia. Mi sono spinta verso territori non riconosciuti come la Transnistria. Ho all’attivo due mostre fotografiche (ci tengo a precisare che non sono una fotografa professionista), un calendario e ‘O come Ossolani‘ è il mio primo libro.”

Enzo De Paoli

 

SAN ROCCO PROTETTORE DELLA CITTÀ DI TORINO E DEI CONTAGIATI. UNO SGUARDO FRA LE CARTE E L’ARTE DELLA CHIESA E DELLA CONFRATERNITA

Al Museo Diocesano, una mostra per ripercorrere oltre quattro secoli di storia della confraternita nata per assistere le vittime della pestilenza.

Museo Diocesano di Torino, chiesa inferiore della Cattedrale

Piazza San Giovanni, 4

Fino al 30 giugno 2021 negli orari di apertura del museo

Nel 1598 veniva formata a Torino una nuova confraternita denominata di San Rocco Morte ed Orazione, su autorizzazione dell’allora arcivescovo Broglia, in risposta alle prime avvisaglie di una nuova epidemia di peste che si stava approssimando. La confraternita ottenne la facoltà di officiare presso la cappella della Madonna delle Grazie in San Gregorio, poi San Rocco, di via San Francesco d’Assisi 1 ed ebbe il mandato di dare sepoltura ai morti abbandonati nelle strade o depositati nel cortile del municipio. Nel 1630 la “dama nera” causò la morte di quasi un terzo degli abitanti di Torino in poco più di un anno. I confratelli furono tra i pochi che provarono a combattere il contagio, s’immersero in quella sfida impari per cercare di alleviare la sofferenza dilagante, acquisendo prestigio e riconoscenza che portarono San Rocco a venire nominato copatrono della Città di Torino dal 1700 ai giorni nostri e la Confraternita ad essere presieduta da sindaci e prestigiose personalità pubbliche per molti anni. Una storia che era andata perdendosi fino a quando, a partire dal 2010, l’ultimo Commissario e Rettore in carica della Confraternita, don Fredo Olivero, ha dato impulso all’avvio di un percorso di riordino e recupero dell’archivio storico per sottrarlo allo stato di degrado e abbandono in cui si trovava. La mostra “Uno sguardo fra le carte e l’arte della chiesa e confraternita di San Rocco di Torino”, in programma al Museo Diocesano di Torino, rappresenta il punto di arrivo di questa riscoperta. Per la prima volta documenti, pergamene, disegni del 1600, arredi e opere d’arte riemergono dall’oblio e possono svelare al pubblico la memoria di un sodalizio le cui vicende sono intrecciate indissolubilmente alla storia di Torino, in un legame tra spiritualità e solidarietà, tra assistenza e filantropia. Le confraternite sono luoghi “carichi di storia”, il ricchissimo patrimonio documentario della confraternita di San Rocco è il presupposto per la ricostruzione della sua memoria e identità, ma costituisce anche una fonte importante per arricchire la storia sociale e artistica del territorio nel quale ha operato. Nella mostra sono presenti alcune opere d’arte e significative testimonianze dell’archivio. Tra gli oggetti in esposizione il reliquiario, contenente l’urna del XVII sec. donata da Madama Reale Cristina di Borbone, con all’interno una reliquia (parte di femore) di san Rocco, esposto su un tavolo, unitamente alle pante regie preziosamente ricamate, con gli stemmi di Casa Savoia e della Città di Torino, come anticamente veniva mostrata durante la festa del Santo. Con la pergamena che testimonia la traslazione della reliquia, le regie patenti del 1638, e i privilegi, del 1640 concessi da Casa Savoia a favore della Confraternita, si può ammirare anche l’antichissima statua in pietra scolpita e dipinta della Madonna delle Grazie (rappresentata seduta mentre sorregge il Bambino, in piedi, sul ginocchio sinistro) risalente al XIV sec., oggetto di indagini diagnostiche e restauro. Inoltre, due grandi quadri di Pietro Alessandro Trono, tornati al loro splendore grazie al restauro: in uno viene raffigurato il Martirio di Santo Stefano e nell’altro è rappresentato Papa Gregorio Magno; poi il bellissimo dipinto di Vittorio Amedeo Rapous (Raposo) il Beato Amedeo. Lo splendido Reliquiario Croce, in rame sbalzato e cesellato, argentato e in parte dorato della prima metà del XVIII sec. e l’Ostensorio in argento sbalzato, cesellato e in parte dorato del 1819 e tipi, disegni, pergamene e un paramento di quattro metri in velluto di seta e frange in argento con San Rocco ricamato. A corredo degli oggetti in visione, le carte archivistiche. La mostra, curata da Vanna Bruno, Emanuela Gambetta e Monica Regis, sotto l’egida di don Carlo Franco Direttore del Museo Diocesano e don Fredo Olivero, rettore della Confraternita prevede a corredo anche un progetto didattico. Se la normativa vigente lo consentirà, nel periodo di apertura si terranno nella sede del Museo Diocesano di Torino, quattro conferenze relative alla Confraternita, al culto di san Rocco, ai documenti d’archivio, al restauro e alla diagnostica delle opere restaurate. Il progetto espositivo si inserisce nell’ambito del Bando Luoghi della Cultura 2019 della Fondazione Compagnia di San Paolo, che ne ha sostenuto la realizzazione allo scopo di accrescere la conoscenza, valorizzare e promuovere il patrimonio della confraternita e chiesa di San Rocco di Torino. Inoltre, il percorso di recupero e valorizzazione storico artistica è stato reso possibile dal contributo della Fondazione CRT, che ha finanziato indagini diagnostiche e ulteriori restauri. Il catalogo della mostra e un volume sull’archivio della confraternita di San Rocco sono editi da SAGEP.

Orari attualmente in vigore: dal lunedì al venerdì, ore 14,00 – 18,00 (ultimo ingresso ore 17,15)

Ingresso museo e mostra 5.00€ (ridotto 3.50€)

Prenotazione gruppi obbligatoria: 327.3368422 (Sig.ra Jole Genisio).

Accesso dal Museo Diocesano o, se segnalato, dalla torre campanaria del Duomo dalla quale con percorso interno si raggiunge il sito della mostra.

 

 

MERCURIO “TRA NATURA E CULTURA”, SELEZIONE DI OPERE SCELTE.

Galleria del Museo d’Arte Urbana via Rocciamelone 7 c Torino

A cura di Daniele D’Antonio e Edoardo Di Mauro

Inaugurazione sabato 15 maggio 2021 dalle 17.00 alle 19.00

Fino al 26 giugno su appuntamento

Info : 335 6398351 info@museoarteurbana.it www.museoarteurbana.it

Un trasloco è stato il pretesto per concordare con la famiglia di Mercurio questo allestimento di opere scelte dell’artista, realizzate prevalentemente negli anni Novanta, presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana.  Un’ occasione in più per continuare a perpetuare la memoria di un autore troppo presto mancato, che il sottoscritto nel corso degli anni ha continuato ad inserire in qualificati appuntamenti espositivi, suscitando sempre l’attenzione degli addetti ai lavori, e del pubblico più giovane che non lo conosceva, in attesa di una sua definitiva rivalutazione istituzionale, che faccia seguito all’antologica organizzata nel luglio 2002 a Palazzo Bricherasio, a pochi mesi dalla morte. Siciliano trapiantato a Torino, Mercurio è apparso alla ribalta nei primi anni’90, dopo un tirocinio che lo vide occuparsi, tra l’altro, di cinema, con collaborazioni all’interno di produzioni della giovane scena italiana. Mercurio appartiene a quella generazione della post-Transavanguardia che avvalendosi di una grande capacità manuale, riscopre le possibilità analitiche e concettuali della pittura figurativa, in un’accezione ironica e demistificante. Le sue opere sono immediatamente riconoscibili per la costante iconografica di una fitta coltre di foglie dalla quale spuntano porzioni anatomiche e reperti visivi di varia natura, incorniciati da detti e citazioni di matrice filosofica, spesso in palese contrasto con  la decoratività della composizione. Gli ultimi anni della produzione artistica di Mercurio sono segnati da un interesse per la costruzione di oggetti che basandosi sulle più svariate contaminazioni, si manifestano come una sorta di raffinata tappezzeria artistica, in grado di infondere e donare intensità poetica e nuova linfa vitale al mondo esterno. La poliedricità del suo linguaggio, che tocca pittura, scultura e design è stata pari alla sua capacità evocativa ed immaginativa attraverso le quali ha ri-creato una realtà totalmente autonoma e nuova. La morte ha colto Mercurio in un momento felice della sua carriera, quando stava cogliendo anche in Italia, dove vantava un elevato numero di qualificate apparizioni, quei riconoscimenti già ottenuti all’estero, particolarmente in Germania, dove era spesso presente in fiere, musei e gallerie, da solo ed all’interno del gruppo laggiù definito del “Concettualismo Ironico Italiano”, insieme a Bonomi, Plumcake, Galbiati, Ghibaudo, Mazzoni, Riello, Albertini, Cella, Garbelli.

 

RADICI URBANE, NUOVA INSTALLAZIONE IN OCCASIONE DI GALLERIE DI PRIMAVERA, DAL 6 MAGGIO

In occasione della rassegna Gallerie di Primavera, dal 6 maggio, A PICK GALLERY presenta Radici Urbane, installazione site-specific di Matteo Ufocinque Capobianco, nell’ambito del progetto “Spazio Portici – Percorsi Creativi” della Città di Torino. Sono sempre visibili le due mostre appena inaugurate: Kitchen table artist, prima personale in Italia dell’artista spagnola Clara Sánchez Sala curata da Antonio De Falco e quella dell’artista messicana Julia Carrillo, La luz y su ausencia.  La prima riflette sull’idea di casa/studio quale spazio di luogo della creazione artistica; la seconda, attraverso una serie di lavori fotografici degli ultimi due anni, punta alla comprensione del moto e della luce, in un perfetto equilibrio tra arte e scienza. Le mostre saranno visibili fino al 18 giugno 2021. L’accesso alla galleria è previsto nei consueti orari di apertura, da martedì a sabato ore 15.30-20, preferibilmente su prenotazione, attraverso il modulo online:

 

 

 

CASTELLO DI AGLIE’ – CICLI DI CONFERENZE “UN’ORA DI VERDE” E “UN’ORA DI STORIA”

In occasione della riapertura del Castello di Agliè, la dimensione green di questo straordinario complesso museale è protagonista di due cicli di conferenze: Un’ora di verde, ideato dalla direttrice Alessandra Gallo Orsi in collaborazione con Marco Devecchi, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino, e Un’ora di storia, a cura della direttrice insieme alla curatrice delle collezioni Luisa Berretti. All’insegna del “verde” si apre quindi la stagione primaverile delle attività promosse dalla residenza alladiese. Per Un’ora di verde, dal 5 maggio al 9 giugno, ogni mercoledì alle ore 18 (ad eccezione del 2 giugno, Festa della Repubblica), docenti del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari approfondiscono temi legati alla gestione del verde all’interno delle dimore storiche, sia dal punto di vista naturalistico, sia trattando specifici argomenti di agronomia. Al centro dell’attenzione si pongono problematiche entomologiche e fitopatologiche, malattie e stabilità degli alberi, flore esotiche infestanti, non senza riflessioni sulla progettazione innovativa degli spazi verdi. Per Un’ora di storia, iniziativa che, da oltre dieci anni, si occupa di arte, storia e architettura al Castello di Agliè, dal 6 maggio al 10 giugno, ogni giovedì alle ore 18 (tranne il 3 giugno) si alternano, invece, ricercatori e docenti del Politecnico di Torino e dell’Università degli Studi di Torino, esperti di storia dell’architettura, nonché delle vicende costruttive delle residenze sabaude e di storia dei giardini. Si focalizzano così le trasformazioni che nei secoli hanno segnato le aree verdi per effetto delle scelte compiute dai proprietari blasonati del Castello. Un filo rosso che dai lavori avviati nel Seicento da Filippo d’Agliè congiunge gli albori del Novecento con le sistemazioni operate dai duchi di Genova, passando per la committenza regia di Carlo Emanuele III nel Settecento per il duca del Chiablese e di Carlo Felice nell’età della Restaurazione. Attraverso i due cicli di conferenze si delinea un excursus che prende le mosse dalle caratteristiche e dalle criticità che contraddistinguono la spettacolare cornice verde del Castello di Agliè: i Giardini e il Parco, quest’ultimo nuovamente accessibile dal 27 aprile dopo oltre un anno di chiusura. Nei mesi scorsi il Parco è stato interessato da interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, dalla verifica della stabilità degli alberi, con un piano di potature e abbattimenti di piante pericolose per l’incolumità pubblica, alla pulizia di fossi e canali di irrigazione, tra cui alcuni di quelli sotterranei facenti parte del sistema idraulico settecentesco ancora oggi funzionante. Alla seconda metà del Settecento risale infatti la “Fontana dei Fiumi”, opera dei fratelli Ignazio e Filippo Collino, con sculture in marmo di Frabosa che rappresentano affluenti del Po, mentre nel secolo successivo il paesaggista tedesco Xavier Kurten curò la sistemazione del parco all’inglese. I Giardini che circondano l’imponente struttura architettonica hanno origini persino più lontane nel tempo e recano tuttora importanti evidenze dell’impianto voluto da Filippo d’Agliè verso la metà del Seicento. Quasi duecento anni dopo, vi fu poi innestato l’intervento richiesto dalla regina Maria Cristina di Borbone-Napoli, consorte del re Carlo Felice, con l’inserimento di un giardino pensile e un giardino all’italiana. Le due iniziative, Un’ora di verde e Un’ora di storia, compongono, dunque, un percorso di conoscenza dedicato non solo agli aspetti formali e alle peculiarità storico-artistiche, ma anche incentrato sull’importanza delle attività di cura e manutenzione, promuovendo, al contempo, la formazione di una community di esperti, studiosi e professionisti che possa confrontarsi con consapevolezza sulle dinamiche di gestione delle aree verdi e sui valori culturali correlati.

Le conferenze si svolgono presso il Castello di Agliè, piazza Castello, 1 – Agliè (TO). Ingresso gratuito su prenotazione fino ad esaurimento posti: info e prenotazioni 0124 330102, drm-pie.aglie.prenotazioni@beniculturali.it.

 

 PROGRAMMA UN’ORA DI VERDE

Giardini e Parco del Castello di Agliè

Primavera 2021

a cura di Marco Devecchi e Alessandra Gallo Orsi

mercoledì 5 maggio 2021, ore 18

Giardino e problematiche entomologiche

Prof. Alberto Alma (Entomologia generale e applicata)

mercoledì 12 maggio 2021, ore 18

Malattie e stabilità degli alberi

Prof. Paolo Gonthier (Patologia vegetale)

mercoledì 19 maggio 2021, ore 18

Giardino e flora esotica infestante

Prof. Francesco Vidotto (Agronomia e coltivazioni erbacee)

mercoledì 26 maggio 2021, ore 18

Giardino e problematiche fitopatologiche

Prof.ssa Lodovica Gullino (Patologia vegetale) e Dott. Domenico Bertetti

mercoledì 9 giugno 2021, ore 18

Progettazione innovativa del verde

Prof. Marco Devecchi (Orticoltura e floricoltura)

UN’ORA DI STORIA

Giardini e Parco del Castello di Agliè

Primavera 2021

a cura di a cura di Luisa Berretti e Alessandra Gallo Orsi

giovedì 6 maggio 2021, ore 18

Il giardino di Filippo d’Agliè

Prof. Elena Gianasso

giovedì 13 maggio 2021, ore 18

Il giardino del Duca del Chiablese

Prof. Paolo Cornaglia

giovedì 20 maggio 2021, ore 18

La Fontana dei Fiumi

Prof. Giuseppe Dardanello

giovedì 27 maggio 2021, ore 18

Il giardino di Carlo Felice

Arch. Marco Ferrari

giovedì 10 giugno 2021, ore 18

Gli interventi dei Duchi di Genova

Prof.ssa Maria Vittoria Cattaneo

 

 

IN LIBRERIA LE “OPERE DI MARIO LATTES” (OLSCHKI)

Gli scritti editi e inediti, per la prima volta insieme, a vent’anni dalla morte

Tre volumi in cofanetto, per far conoscere il complesso degli scritti, editi e inediti di Mario Lattes (1923-2001), a vent’anni dalla morte, e considerare per la prima volta nella sua effettiva estensione e nel suo rilievo la presenza di Lattes nella scena letteraria del secondo Novecento. È l’insieme di Opere di Mario Lattes, pubblicato da Leo S. Olschki Editore, in libreria dal 3 maggio 2021, fortemente voluto da Caterina Bottari Lattes, che nel 2009 ha creato la Fondazione Bottari Lattes per portare avanti iniziative ispirate al lascito culturale dell’autore e promuovere presso il grande pubblico l’ampio patrimonio delle sue opere. Editore, pittore, incisore, scrittore, collezionista e animatore culturale, Lattes fu un intellettuale dai molteplici interessi e dalla personalità eclettica, testimone lucido e anticonformista del suo tempo, capace di misurarsi con l’arte, la letteratura, l’editoria e la promozione culturale. Opere di Mario Lattes, la cui edizione è diretta da Giovanni Barberi Squarotti e da Mariarosa Masoero, a vent’anni dalla morte dell’autore, raccoglie numerosi testi di Lattes che erano andati dispersi nel corso degli anni e un corpus importante di materiale inedito, riuniti grazie a un’attenta revisione portata avanti secondo criteri filologici, anche sulla base delle carte autografe conservate negli archivi personali (recentemente riordinati e tutelati dalla Soprintendenza), conservati presso la casa editrice Lattes e la Fondazione Bottari Lattes.

 

CONFERENZA “DAL SUD SUDAN A CALAIS, PER LA BALKAN ROUTE E LE ALPI”

Auditorium Mario Magnetto

Sabato 15 maggio 2021 ore 18.00

Visto il grande successo sia di critica sia di pubblico ottenuto dalla  mostra EXODOS|EXIT rotte migratorie, storie di persone, arrivi, inclusione, sabato 15 maggio alle ore 18.00 presso il Teatro Auditorium Mario Magnetto di Almese , si terrà la conferenza “Dal Sud Sudan a Calais, per la Balkan route e le Alpi” con  la partecipazione di Don Luigi Chiampo che accoglie al Rifugio Fraternità Massi di Oulx (TO) i migranti di passaggio sulla rotta alpina, Claudio Zingarelli della Regione Piemonte, i fotoreporter Paolo Siccardi e  Mauro Donato. La serata sarà presentata dalla giornalista Anna Olivero. EXODOS|EXIT rotte migratorie, storie di persone, arrivi, inclusione, organizzata dalla Regione Piemonte è patrocinata dall’Unione Montana Valle Susa e dal Comune di Almese è ospitata dall’Associazione Culturale Cumalè presso le sale espositive del Ricetto per l’Arte – Agorà della Valsusa. Considerato che, storicamente,  la Valle di Susa è stata da sempre  meta per l’accoglienza solidale dei migranti che sono stati seguiti dalle Amministrazioni locali e dalle Associazioni di volontariato e che si sono inseriti nella Comunità e che molti di loro risiedono tutt’ora in Valle, durante la conferenza  alcuni di loro porteranno la loro esperienza sul viaggio intrapreso dalla loro Terra di origine fino in Italia. La conferenza si terrà nel pieno rispetto delle linee guida indicate dal Decreto Legge 22 aprile 2021 n. 52  nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19.

Conferenza: EXODOS|EXIT rotte migratorie, storie di persone, arrivi, inclusione

Luogo:  Teatro Auditorium Mario Magnetto

Inaugurazione: Sabato 15 maggio 2021, ore 18.00

Info e prenotazioni: Associazione Culturale Cumalè – cumale.ass@gmail.com

Tel : 328 9161 589

 

DYLAN DAY CELEBRATION 2021

https://dylandaycelebration.jimdofree.com/

Il 14 maggio ritorna puntuale anche quest’anno il ricordo di Dylan Thomas, uno dei più grandi poeti del XX° secolo. Il DylanDay è stato istituito nel 2015 e, fin dal suo esordio, la città di Torino ha partecipato attivamente con conferenze e mostre che potessero mettere in luce i diversi aspetti della poesia innovativa e della vita avventurosa del visionario poeta gallese: ospiti illustri si sono avvicendati nel corso degli anni, da Paolo Bertinetti, anglista e professore emerito dell’Università di Torino a  Manrico Murzi che nel 1947 ha conosciuto personalmente Dylan all’Isola d’Elba. Tutti gli eventi creati a Torino sono stati riportati nella lista degli avvenimenti internazionali del sito ufficiale inglese  https://www.discoverdylanthomas.com/

Come nel 2020, anche quest’anno è stata programmata  una grande commemorazione on line con la creazione del sito Dylan Day Celebration  (https://dylandaycelebration.jimdofree.com/ ) che unisce poeti, scrittori, artisti, video-makers e musicisti dei cinque continenti. Dalla Nuova Zelanda alla Cina, dall’Algeria agli Stati Uniti, dal Messico all’Ucraina e all’Irlanda  oltre un centinaio di contributi testimoniano che la poesia di Dylan Thomas è più che mai attuale e ancora oggi fonte di ispirazione per molti. Una novità nel sito di quest’anno è rappresentata dalla sezione “Musica” , dove cantautori e gruppi  musicali hanno presentato le loro produzioni  ispirate alle poesia di Dylan Thomas: il rapper dello Zambia Mwelwa Ramon Kamry ha inviato una sua composizione rap ispirata alla poesia “Clown nella luna”. La poesia “Non andartene docile in quella buona notte” è stata la fonte di ispirazione per il gruppo gallese Brygin, per il cantautore spagnolo Rafa Bocero e per Robert Lloyd, poeta e compositore australiano. Il piemontese Bob Rocket (nome d’arte di Ermanno Capirone) ha dato il permesso  di inserire nel nostro sito  Enceladus, il video creato  da Gabriele Pastè 3D Generalist, e contenente le sue composizioni strumentali basate sui suoni emessi dallo spazio.

È stato detto che Enceladus porta la nostra mente ad affacciarsi sull’immensità del cosmo per vagare in dimensioni parallele, proprio come il verso di Dylan Thomas scelto dagli organizzatori inglesi per aprire le celebrazioni del 2021:

How time has ticked a heaven round the stars –

Come il tempo ha scandito un cielo attorno agli astri.

Lidia Chiarelli

 

ARTE IN VETRINA: CAMPIDOGLIO A COLORI

“Arte in Vetrina: Campidoglio a colori” è la seconda edizione della mostra collettiva diffusa di arte e artigianato territoriale in Borgo Campidoglio – A cura di Daniele D’Antonio. Per il secondo anno, il MAU tramite il progetto Fucina Campidoglio, propone una mostra territoriale che cerca di superare le difficoltà legate al Covid19, facendo conoscere l’arte, gli artigiani e gli artisti di Borgo Campidoglio grazie alle loro creazioni esposte nelle vetrine, la cui visione si inserisce fluidamente durante le visite al MAU, e agli spazi aderenti all’iniziativa. Le opere d’arte e artigianato saranno acquistabili rivolgendosi direttamente agli artisti e agli artigiani.

15 maggio ore 15.30 Vernissage tramite visita guidata al MAU e agli spazi aderenti

Punto d’Incontro: Chiesa di Sant’Alfonso Via Netro 3, Torino

La visita è a pagamento e su prenotazione: si svolgerà a raggiungimento del n.minimo di 8 adesioni e fino a n.massimo di 15 adesioni, nel rispetto delle norme anti Covid19.

Info:

CulturalWay, la guida turistica in Torino e Piemonte

3393885984

info@culturalway.it

Galleria del MAU Via Rocciamelone 7/c

Mercurio, “Tra natura e cultura”,  selezione di opere scelte a cura di Daniele D’Antonio ed Edoardo di Mauro

Inaugurazione sabato 15 maggio dalle 17 alle 19

 

POLO DEL ‘900: MOSTRA “DAI MEDICI CONDOTTI AL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE”

La mostra “Dai medici condotti al Servizio Sanitario Nazionale” è stata inaugurata il 5 maggio presso il Polo del ‘900, via del Carmine 14 Torino.