La storia dell’astigiano “carciofo del sorì” da uno scambio tra Mombercelli e Costigliole
La sua storia è secolare, risale al XV secolo ed è ricca di sfumature piacevoli, intanto perché un tempo era un prodotto destinato solo ai ricchi, coltivato in ville e castelli dai nobili, e poi perché ancora oggi lo si può trovare con facilità all’inizio dei filari dei vigneti: a differenza di altre zone vitate dove troviamo le rose. Infatti il sorì altro non è che il termine dialettale con cui si indicano i punti collinari dove si coltivano le vigne migliori, ovvero terreni che hanno l’esposizione a sud, nell’anfratto delineato dal fiume Tanaro e dai torrenti Tiglione e Belbo. Si hanno notizie certe sulla coltivazione del carciofo della Val Tiglione a partire dalla seconda metà del 1700. Questo prodotto conobbe la sua massima diffusione negli anni cinquanta del secolo scorso e viene raccolto tra il finire dell’inverno e l’inizio della primavera, è particolarmente tenero e pertanto si può consumare crudo in insalata, stufato o trifolato. La coltivazione ebbe la massima diffusione negli anni Cinquanta del Novecento, seguita da un netto declino nei decenni successivi, a causa della sua raccolta tardiva rispetto ad altre varietà provenienti da regioni più meridionali e la coltivazione del carciofo rimane solo come coltura marginale per il consumo familiare. Questa varietà è stata conservata e coltivata da un ottuagenario agricoltore di Mombercelli, Egidio Gagliardi e affinché la sua coltivazione non andasse perduta, ha donato al giovane orticoltotre Stefano Scavino che a Costigliole lavora nella sua azienda agricola e ha dato vita a un bella carciofaia e ad altri contadini, i carducci che custodiva da decenni. Da lì l’impianto di nuove carciofaie e il coinvolgimento di altri produttori della zona tra Mombercelli, Costigliole d’Asti, Asti e Castel Boglione. E’ una tradizione che era andata perduta e che quindi grazie ad Egidio e alla sua tenacia ha evitato che il carciofo piemontese venisse estinto e nel suo agriturismo la Tartufaia di Mombercelli ha continuato a coltivare questa varietà attraverso talee e all’attenzione dei fiduciari locali di SlowFood, oggi questo ortaggio vive una fase di riscoperta e valorizzazione. Non c’è più solo Egidio Gagliardi, il suo custode, a coltivarlo e preservarne la purezza: ora anche altri ortolani hanno scelto di metterlo a dimora e la stagione di raccolta è nel suo pieno. Di recente, il carciofo del sorì è diventato un presidio Slow Food e un gruppetto di giovani agricoltori ha ripreso la sua coltivazione che, dopo una buona produzione fino agli anni Cinquanta, ha vissuto negli ultimi decenni un declino sostanzioso, mentre oggi il Presidio ha nel suo intento la voglia di ridare valore al carciofo, sia in termini di reddito per gli agricoltori, che in quelli storico ed enogastronomico.
Alessandra Gallo