PSICOLOGIA & SPORT – A Londra ha vinto lo sport giocato
11 luglio 2021: l’Italia ha vinto due volte in terra inglese, nelle due double-U, Wibledon/Wembley. Ha dominato nella terra culla dello sport, ha vinto in due discipline sportive che storicamente vedono i natali in questa Inghilterra che parla di fair play ma che concretamente non lo pratica. Lasciando stare la vena polemica dei calciatori anglosassoni che si levano la medaglia dal collo durante il cerimoniale di premiazione, ed evitando di descrivere l’aggressività manifesta dei tifosi che lasciano lo stadio in piena proclamazione e che attendono gli italiani fuori le porte dello stadio pronti a malmenarli, botta più botta meno, domenica ha comunque vinto lo sport giocato con dignità e onore.
Matteo Berrettini ha conquistato, in quel di Wimbledon, un secondo posto degno di essere ricordato come primo, considerando che dopo 144 anni un italiano è ritornato a disputare la finale di Wimbledon all’England Lawn Tennis and Croquet Club contro quel grande campione in carica che è Nole Djokovic. Prima di lui Nicola Pietrangeli, nel 1960 dove ha guadagnato una semifinale di tutto rispetto.
Il football italiano contemporaneamente, ha visto dopo cinquantatre anni riappropriarsi del titolo di Campione di Europa in un periodo storico particolare, in uno stadio, quello di Wembley, contornato da una maggioranza di tifosi inglesi che si sono spenti al pareggio, un goal che ha portato ai supplementari prima e alla solita lotteria dei rigori dopo, dove comunque un barlume di speranza azzurra veleggiava già piuttosto viva, nelle due “manone guantate” di Gigio Donnarrumma. Se dovessimo prendere in considerazione la cabala numerica, la data dell’undici luglio è anche quella del Mundial 1982 dove Rossi, Zoff, Tardelli, Cabrini e molti altri grandi calciatori alzarono la Coppa del Mondo (ex Rimet) nel cielo di Madrid per la terza volta nella storia. Una data che, ora possiamo dirlo, ha portato bene, replicando la vincita che tutti aspettavamo da tempo. Ciliegina sulla torta, questa data è stata propizia anche per la conclusione dei Campionati europei Under 23 di Atletica dove, ancora una volta i nostri atleti hanno trionfato a Tallinn per la prima volta nella storia con ben 13 medaglie.
Questa nazionale italiana dal punto di vista fisico ha avuto tutte le carte in regola per vincere, ma credo che molto abbia avuto dal punto di vista psicologico: intanto un grande gruppo unito, un team che doveva riscattarsi dall’assenza dei mondiali di tre anni fa, e che anche per questo, “a sto giro”, doveva dimostrare di esserci, fino in fondo. Poi, tutta una serie di eventi sociali, che hanno colpito duramente la nostra nazione, a partire dalla pandemia, che ha fermato, ovviamente, non solo l’economia e i rapporti sociali, ma tutto lo sport, e che in Italia ha portato a troppi morti e a quella disperazione impotente che però alla fine ti da una forza enorme per risollevarti. Siamo ancora in pieno momento pandemico, ma per qualche ora ci siamo potuti riprendere, nelle piazze italiane, quegli spazi e quegli abbracci che il Covid ci ha per mesi negato (e chissà gli effetti di questi assembramenti quali saranno fra qualche tempo …).
Non bisogna sottovalutare la presenza di due figure fondamentali per questo risultato: una è quella dell’allenatore Roberto Mancini e l’altra è quella di Gianluca Vialli, l’eterno amico, il capo delegazione che lavorando dietro le quinte ha dato un grosso sprone ai ragazzi, svolgendo un ruolo prezioso volto all’unità di gruppo, grazie anche alla sua grande esperienza di ex calciatore.
“In campo giocate e divertitevi”, questa l’essenza della frase detta più volte da Mancini ai suoi, e si è visto fin dalla prima partita. Giocare: il gioco è qualcosa che appartiene all’uomo fin da bambini e guardando le partite dell’Italia, in questo europeo l’aspetto ludico non è mancato, così come il divertimento consapevolmente accompagnato da una concentrazione altissima, che ha reso il tutto meno pesante. Osservando il team azzurro, prima dei tempi supplementari e soprattutto prima dei rigori (nelle diverse partite) si poteva notare il non verbale del CT, che infondeva gioia e rassicurava, non solo con le parole ma anche con lo sguardo.
Analizzando i vari match disputati, in ottica del modello S.F.E.R.A. (modello ideato dal prof. Giuseppe Vercelli), forse la Sincronia e la Forza tenute nelle varie partite non sono state sempre altissime ma l’Energia e il Ritmo si sono mantenuti piuttosto costantemente, mentre l’Attivazione è stata presente fine dalla prima partita. Alto fattore importante è stato il valore del sacrificio di questi ultimi tempi, l’iter delle vittorie che hanno portato gli azzurri di Mancini agli europei, che non potevano essere assolutamente buttati al vento.
Coesione, resistenza, emozioni che si evidenziano in quell’enorme abbraccio della squadra, in quel grande cerchio a ogni inizio dei supplementari, dei rigori, quasi a essere un rito “che se ci credi funziona davvero”. Chissà quali parole, quali suggerimenti hanno portato in uno stato ipnotico i nostri ragazzi, verso le vittorie, una dopo l’altra fino all’ultima, fino alla più grande di sempre.
Poi, non per ultimo, occorre considerare anche il decesso non previsto di Raffaella Carrà. Sembrerà assurdo, ma una morte che ha lasciato tutti sgomenti, la scomparsa della regina del varietà per antonomasia che ha segnato emotivamente giovani e vecchi, sportivi e non, accaduta in fase finale di un campionato europeo, come in questo caso, comporta a livello emotivo uno stato di condivisione e drammatizzazione. Il gruppo secondo il pensiero Moreniano diventa testimonianza e partecipazione da una parte, e organizzazione di sentimenti, idee, percezioni e sensazioni dall’altra, in una messa in scena psicodrammatica, dove il contesto teatrale diviene funzionale e i protagonisti assumono il ruolo di eroi al pari del teatro greco, come il personaggio principale (in questo caso la protagonista) che incarna la fragilità, la grandezza e la passione umana. Emblematica a proposito, l’immagine dell’allenamento pre – partita della semi-finale contro la Spagna, con le canzoni della Raffa nazionale diffuse nello stadio che hanno psicologicamente caricato questi atleti, rendendoli ancora più uniti e attivi.
Alla fine comunque gli azzurri hanno vinto e non possiamo fare altro che ringraziare, in attesa dei prossimi Giochi Olimpici e nella speranza i nostri atleti ci regalino un ricco medagliere.
Dott.ssa Roberta Benedetta Casti
Storica dello sport e Psicologa dello Sport