LE PERLE NERE DELLA MUSICA a cura di Edoardo Ferrati
LEGGENDE TENORILI: Giuseppe Di Stefano (1921-2004)- Nato il 21 luglio 1921 a Motta Sant’Agata (Catania), nel ’27 emigra con la famiglia a Milano nella prospettiva di una vita migliore. Il padre esercitò il mestiere di calzolaio nel popolare quartiere di Porta Ticinese, mentre la madre si dedicò a lavori di sartoria. All’inizio del ’34 Giuseppe cantava nel coro del Seminario Arcivescovile presso il Duomo. Fu Luigi Fois a intuire per primo le potenzialità vocali del ragazzo a cui offrì di finanziare le prime lezioni di canto. Nel ’38 vinse il concorso “Voci grezze” di Firenze. Seguirono alcune audizioni con il noto baritono Luigi Montesanto che, in seguito, diventerà suo agente. Chiamato alle armi nel ’41 nella divisione “Ravenna” con l’incarico di assistente di sanità, poi congedato per le non buone condizioni di salute. Decise di dedicarsi seriamente al canto (1945). Sposò a New York (1948) Maria Girolami, studentessa di canto da cui ebbe tre figli. La scomparsa della figlia Lucia (1975) segnò la vita del tenore, lasciando un velo di malinconia sul suo carattere espansivo, tanto da condurlo alla separazione coniugale. Nel ’77 in occasione di un tour in Germania conobbe Monika Curth, soprano di Amburgo con cui convolò a nozze e che gli dedicò assoluta attenzione fino al termine della vita.
Trascorse gli ultimi anni tra la Brianza e il Kenya dove la rapina nella villa di Diani lasciò Di Stefano in condizioni tali da rendergli impossibile il contatto con il mondo esterno. Ebbe un rapporto privilegiato con Maria Callas che scatenò la curiosità della cosiddetta stampa rosa. Il celebre soprano, attratto dalla forza vitale di Di Stefano, ritornò sulle scene con una serie di concerti in Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone e Australia. Il successo, nonostante la vasta eco suscitata, sul versante artistico sollevò pesanti riserve. Ormai due meravigliose voci erano giunte al crepuscolo.
La discografia copre l’intero percorso artistico del tenore siciliano e va suddivisa tra gli anni messicani e la Metropolitan Opera di New York (1945/49) e quelli del periodo 1952/66. I lives captati a Radio Losanna (1945) ,“Gianni Schicchi” (Rinuccio) e una selezione da L’elisir d’amore (Nemorino) a cui vanno aggiunti quelle del Palacio des Bellas Artes di Mexico City (Manon di Massenet, Faust, Falstaff/Fenton, La bohème, La Traviata). Si tratta di una tornata di registrazioni in cui Di Stefano sembrava destinato a riproporre la tradizione dei tenori di grazia italiani: estensione, morbidezza, uguaglianza, pienezza di fraseggio, e, infine, prestanza scenica. Cinque anni dopo la situazione muta in modo radicale: in opere come Aida, Lucia di Lammermoor, Tosca, Rigoletto, Il trovatore, Faust, Iris di Mascagni la voce mostra una tendenza all’espressione focosa, concitata dove gli accenti e i suoni venivano rinforzati a discrezione. I risultati furono la perdita di morbidezza nell’emissione. Lo spostamento dal repertorio lirico si fece sentire con qualche forzatura e la tendenza ad agire in modo eccessivo, tanto da risultare dura e tendente a compromessi con la cosiddetta tecnica del “falsetto”. Un peccato che i lives 1945/49 siano cassati da una registrazione precaria: E’ qui che alberga il Di Stefano migliore con una meravigliosa voce naturale. Per il resto, fino alle ultime imbarazzanti apparizioni, l’ascolto suscita non poche riserve. Comunque Di Stefani rimarrà nel palmares dei primi e versatili tenori del secolo scorso.
(3. continua)