I REPORTAGE SUI “RESTAURI D’ARTE” PROSEGUONO CON IL FORTE BRAMAFAM DI BARDONECCHIA

 La serie di reportage televisivi che la Direzione comunicazione e rapporti con i cittadini e il territorio della Città Metropolitana di Torino dedica ai “Restauri d’Arte”prosegue questa settimana con il filmato dedicato al Forte Bramafam di Bardonecchia. I filmati dei “Restauri d’Arte”vengono messi in onda dall’emittente televisiva locale GRP sul canale 114 del digitale terrestre, il venerdì alle 21,30, il sabato alle 13,45 e la domenica alle 20,45. Per visionare la playlist dei reportage video sinora pubblicati sul canale YouTube della Città metropolitana di Torino e le fotogallery basta accedere al portale Internet della Città metropolitana, alla pagina

http://www.cittametropolitana.torino.it/speciali/2021/riflettori_restauri_arte/

Per visionare tutte le fotogallery dei Restauri d’Arte e scaricare le immagini: https://photos.app.goo.gl/8BuMPaZv9P7xCco47

 

LA SENTINELLA DELLE ALPI COZIE

Il Forte Bramafam di Bardonecchia venne costruito tra il 1874 ed il 1889 sul colle che domina la località tanto cara ai torinesi appassionati di montagna e di sci, per proteggere lo sbocco della galleria del Frejus da eventuali incursioni di truppe francesi che non fossero state arrestate dai sistemi di distruzione interni al tunnel ferroviario. Il complesso venne realizzato in anni in cui i rapporti tra Francia e Italia non erano certamente idilliaci e divenne la più importante fortificazione delle Alpi Cozie. Il forte è letteralmente rinato grazie all’Associazione per gli Studi di Storia e Architettura Militare ed è un cantiere aperto ormai da 26 anni, con al centro il museo dedicato alla storia del Regio Esercito, che ha trasformato quello che era ormai poco più di un rudere in luogo dove si rivivono la storia con la S maiuscola ma anche la vita quotidiana dei soldati e degli ufficiali. Il Bramafam fa parte dal 2018 della Rete dei Forti, che raggruppa enti pubblici e privati che gestiscono le principali fortificazioni italiane ed è a sua volta entrata a far parte dell’International Fortress Council. Recentemente è stato completato un progetto avviato alcuni anni orsono con la mostra“Le uniformi della Repubblica italiana”, che racconta l’evoluzione dell’abbigliamento dell’esercito italiano dal 1946 al 2000. Nella galleria di gola è invece allestito il Bestiario fotografico della Valle di Susa”, una mostra che nasce dalle campagne fotografiche realizzate in quota da Alessandro Perron, un giovane fotografo naturalista bardonecchiese. Prima della pausa invernale, in cui i volontari dell’ASSAM si dedicano alla manutenzione del complesso, è ancora possibile visitare il Bramafam nelle domeniche 24 e 31 ottobre. Per informazioni si possono chiamare i numeri telefonici 333-6020192 o 347-3122958, oppure si può scrivere a info@fortebramafam.it, visitare il portale Internet www.fortebramafam.it e la pagina www.facebook.com/museofortebramafam.

 

UN CANTIERE APERTO DA 26 ANNI

“Nel maggio 1995 entrammo nel Bramafam, trovando una realtà molto diversa da quella attuale: c’erano rovi, piante cresciute disordinatamente, montagne di rifiuti. – spiega Pier Giorgio Corino, uno dei fondatori dell’ASSAM, direttore del Museo, ideatore e progettista dell’intero impianto museale – Aprimmo un cantiere, in cui, in prima persona, tagliavamo la vegetazione, pulivamo locali, smontavamo attrezzature. Poi arrivarono i primi contributi per il recupero del forte e iniziammo a delegare la parte tecnica ad imprese specializzate. Per noi fu possibile dedicarci alla progettazione del salvataggio della fortificazione e al recupero della memoria della vita quotidiana dei soldati che per decenni passarono di qui. Erano artiglieri da fortezza, soldati della Guardia alla Frontiera, soldati tedeschi”. Accanto ai pezzi di artiglieria che furono e sono stati anche recentemente raccolti, al Bramafam si possono vedere le uniformi nella loro evoluzione storica, funzionale e sartoriale, l’abbigliamento da fatica e quello intimo, l’armamento, l’attrezzatura per la vita quotidiana, l’igiene personale, la preparazione dei pasti per gli ufficiali e la truppa. “Abbiamo cercato di capire e di far capire ai visitatori come vivevano, come si vestivano, come si alimentavano, si lavavano e persino come espletavano le loro funzioni fisiologiche i soldati che qui prestarono il loro servizio. – sottolinea Corino – Perché chi visita oggi il forte può pensare che quei soldati fossero dei poveretti da compatire, perché stavano al freddo. In realtà abbiamo capito e vogliamo far capire ai visitatori che, sovente, quei soldati provenivano da famiglie contadine che vivevano, lavoravano e si alimentavano in condizioni molto peggiori di quelle che trovavano in caserma. Chi passava la visita di leva era dichiarato abile e quindi sano, a differenza di coetanei che si portavano dietro tare ereditarie. L’abile e arruolato andava al di là di quelle colline o di quelle campagne che non aveva mai superato; entrava in una realtà molto diversa da quella di provenienza. Veniva rivestito, gli davano due paia di scarponi, due uniformi, tre paia di mutande e due fazzoletti, un soldo per bere e per fumare, due pasti al giorno, un dormitorio riscaldato. Il graduato più fetente che avrebbe potuto incontrare in fortezza era meno cattivo del padre-padrone sotto il cui dominio aveva dovuto vivere fino alla visita di leva”. Insomma, al Bramafam, non si punta sulla reducistica o sulla passione per il collezionismo militare, ma si ripercorrono la storia materiale, economica, sociale e il costume di un Piemonte e di un Italia che non sono poi temporalmente così lontani da noi: in fondo nella storia della civiltà umana cosa sono 70-80 anni? La natura di cantiere permanente della fortezza di Bardonecchia è garantita dall’entusiasmo dei volontari che gestiscono il complesso, recuperando e acquisendo oggetti e attrezzature, spesso donate da persone che se le sono ritrovate in casa e intendono condividerle con chi è interessato alle vicende storiche del territorio. Ogni anno vengono allestite esposizioni temporanee e permanenti. Per il 2022, ad esempio, l’ASSAM intende ricostruire le cucine della truppa e risistemare la sala dedicata alle batterie del Monte Chaberton. Ad oggi solo il 50% del forte è recuperato a fini espositivi. Si dovrà ancora progettare e lavorare soprattutto nella parte in cui erano posizionate le artiglierie, sulla sommità del complesso. La piazza d’armi e gli interni già recuperati vengono continuamente migliorati, per poter ospitare gli oggetti acquisiti recentemente, come la piastra di corazzatura ritrovata in un settore del Vallo Alpino realizzato tra le due guerre mondiali. “A volte per noi recuperare la camicia, le pezze da piedi o altri oggetti appartenuti ad un soldato immortalato nella foto scattata per essere inviata ai parenti è un po’ come farlo rivivere, tramandando la memoria della sua vita quotidiana. – conclude Corino – Quella foto spedita a casa sarebbe stata esposta tra i vetri del buffet della cucina, il locale più importante dell’abitazione, quello in cui si trascorreva la maggior parte del tempo. Quell’immagine in posa dell’artigliere del Bramafam la madre del soldato l’avrebbe mostrata con orgoglio ai parenti, spiegando loro che il suo figlio al forte stava talmente bene da poter indossare un orologio. Anche questo è storia”.

QUANDO IL BRAMAFAM DOVEVA DIFENDERE L’ITALIA UMBERTINA

Il Bramafam è l’ultimo dei grandi forti italiani a struttura lapidea in granito. È caratterizzato da architetture maestose ed è un prodotto tipico dell’arte secolare dello scolpire la pietra, che caratterizzava la tradizione militare sabauda. A fine ‘800 quella di Bardonecchia era la più importante fortificazione delle Alpi Cozie, dotata di un armamento di prim’ordine, con due torri corazzate della Gruson per pezzi d’artiglieria da 120/21, quattro cannoni a tiro rapido da 57 millimetri in torrette a scomparsa, sei pezzi da 87 e due da 149. Era suddivisa in tre parti, visibili ancora oggi: la piazza d’armi, il forte principale e l’avanforte, situato verso l’estremità occidentale della montagna. La guarnigione era assicurata da truppe del presidio di Torino e del 6° reggimento Artiglieria da Fortezza. II presidio di guerra comprendeva 200 uomini e, in caso di necessità, il forte poteva ospitare su giacigli di paglia a terra altri 280 soldati. Adibito durante la Prima Guerra Mondiale a campo di prigionia per i prigionieri austroungarici, il Bramafam ritornò a svolgere la propria funzione difensiva negli anni Trenta del ‘900, quando i rapporti con la Francia si erano nuovamente deteriorati. Risale a quel periodo il potenziamento delle difese esterne, con la costruzione di opere in caverna per mitragliatrici e cannoni anticarro. La più importante, il Centro 14, che si affacciava sui versanti nord e ovest dell’altura, era armata con sei mitragliatrici e presidiata da 42 uomini. Come tutte le opere della zona di Bardonecchia, anche il Forte Bramafam fu affidato all’VIII Settore della Guardia alla Frontiera. I due pezzi da 120/21, ancora operativi, andarono così a formare la 516ª batteria GaF. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale i suoi cannoni non intervennero, ma il 21 giugno 1940, giorno in cui iniziò la breve offensiva italiana contro la Francia che sul fronte nord stava capitolando di fronte alle truppe tedesche, il sito subì un bombardamento aereo. Dopo l’8 settembre 1943 il Bramafam fu occupato dalle truppe tedesche che vi mantennero il comando del 100° Reggimento Gebirgsjäger, sino ad abbandonarlo all’alba del 27 aprile 1945. Nel primo dopoguerra il forte subì un sistematico saccheggio, che fu completato dallo smantellamento imposto dalle norme del Trattato di Pace di Parigi del 1947. Fino agli inizi degli anni Novanta il Bramafam è stato oggetto di asportazioni e atti vandalici: tutte le parti metalliche sono state rimosse, così come sono scomparsi i manufatti lapidei e sono stati demoliti numerosi tramezzi e muri di tamponatura, per recuperare i mattoni pieni. Nell’agosto 2015, all’ASSAM venne chiesta la disponibilità ad ospitare altro materiale d’artiglieria al Forte Bramafam. Prese così corpo il progetto di realizzare una mostra che narrasse l’evoluzione delle artiglierie del Regio Esercito nel magazzino d’artiglieria, ridotto però ai soli muri perimetrali e quindi completamente da restaurare. Giunto integro nelle sue strutture sino alla fine degli anni ‘60, utilizzato come colonia dai Salesiani, dal momento della cessazione di tale attività fu pesantemente smantellato per recuperare materiali da costruzione per uso pubblico. Con il recupero del magazzino d’artiglieria completato nel 2018, si è attivata la collaborazione con il Museo Nazionale d’Artiglieria, che già in precedenza aveva supportato il Museo del Bramafam con il prestito di materiale. Con il recupero del magazzino si sono potuti raccogliere oltre 80 pezzi del periodo che va dalla fine dell’800 alla Seconda Guerra Mondiale. La raccolta proveniente dal Museo Storico Nazionale d’Artiglieria di Torino può essere apprezzata dal visitatore in sequenza temporale e nel suo sviluppo tecnologico, dal cannone da montagna da 75 BR Ret impiegato nella battaglia d’Adua del 1° marzo 1896 all’imponente cannone da Corpo d’armata da 152/45, la stessa bocca da fuoco che armava nella Prima Guerra Mondiale le corazzate della classe Caio Duilio. Ci sono anche la bombarda da 400 del Duca d’Aosta ed un un susseguirsi di bocche da fuoco tra cannoni e obici tra le due guerre mondiali sino al cannone da 149/40.