La Casa di Riposo Giovanni XIII
All’inizio del Trecento, Stefano Farerio ed altri chieresi della Collegiata fondarono la cosiddetta Casa dell’Elemosina: una pia opera che, come scrive il Cibrario, “… esercitava quel santo officio di vestire e d’alimentare una quantità di poveri dell’uno e dell’altro sesso”. All’inizio l’opera si resse sui beni messi a disposizione dai fondatori. Ben presto, però, incominciò a ricevere aiuti di vario genere da altri cittadini.
Quando Vittorio Amedeo II, nel desiderio di regolamentare nei suoi Stati l’assistenza ai poveri, con regi editti del 6 agosto 1716 e del 19 maggio 1717, stabilì che in ogni città venisse fondata una “Congregazione di Carità” che come primo compito avesse quello di costruire un ospizio per accogliere i poveri, in Chieri fu la Casa dell’Elemosina che si trasformò in Congregazione di Carità.
La trasformazione non fu soltanto nominale, ma diede un forte impulso all’attività dell’istituto, tanto che in breve venne decisa la ricostruzione della sede. Ne fu dato l’incarico al giovane architetto torinese Ignazio Galletti il quale, fra 1756 e il 1767, realizzò un grande edificio completamente in laterizio, composto di due corpi ad “L”, che costeggiano le vie Palazzo di Città e Cottolengo (l’ala nord è di costruzione ottocentesca; gli edifici ad angolo fra via Cottolengo e via Balbo sono ancora più tardi). L’ingresso principale si apriva, e si apre, nell’ala Sud, di via Cottolengo. Quello originale del Galletti, però, si trovava qualche metro a sinistra di quello attuale, sormontato dallo stemma marmoreo dell’Ospizio di Carità, che è stato disegnato dal Quarini nel 1772. L’ala Ovest, che si impone per austera solennità, si estende lungo la via del Palazzo di Città per 75 metri, appena movimentata da tre corpi che sporgono leggermente al centro e alle due estremità e ritmata dalle lesene che fiancheggiano le finestre. Al centro della lunga ala si apre l’ingresso della cappella della Purificazione e di San Grato, essa pure disegnata da Mario Ludovico Quarini. All’interno le due ali sono interamente scandite da portici e loggiati.
L’Ospizio di Carità, oggi Casa di Riposo Giovanni XXIII, possiede un rilevante numero di opere d’arte e di artigianato di buon livello, in gran parte frutto dei lasciti che si sono succeduti nel tempo.
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Sala del Consiglio
Cappella
bibliografia
Bosio Antonio, Memorie storico-religiose e di belle arti del Duomo e delle altre chiese di Chieri, Torino 1878.
Chiri Pignocchino Elena, L’Immacolata dei Fustanieri di San Giorgio, in: aa.vv. O del cielo Gran Regina! La Madonna e la città tra Medioevo e Novecento, Chieri 2016
Cibrario Luigi, Delle storie di Chieri libri quattro, Torino 1827.
Cottino Alberto (a cura di), Aspetti della pittura del Seicento a Chieri. Scoperte e restauri, Chieri 1999.
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Marchesin Alberto, scheda: S. Carlo in adorazione del Sacro Chiodo, in: Cottino Alberto (a cura di), Aspetti della pittura del Seicento a Chieri. Scoperte e restauri, Chieri 1999
Mignozzetti Antonio, Chieri: i monumenti, gli artisti, Chieri 2016.
fonti archivistiche
Casa di riposo Giovanni XXIII, Schedario delle opere d’arte appartenenti all’Istituto.
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