Chieri. “Dentro” l’occupazione del Monti
Occupazione al Monti di Chieri: a una settimana dalla fine dell’occupazione, vediamo che cosa è stata davvero.
Dal 14 al 17 febbraio 2022 il liceo Augusto Monti di Chieri è stato occupato da circa 200 studenti e studentesse, dando origine a una mobilitazione studentesca sconosciuta, finora, nella provincia chierese. Coloro che hanno organizzato l’iniziativa, contrariamente alle altre scuole torinesi, non erano né i rappresentanti d’istituto né quelli di consulta: l’intenzione di occupare è stata concretizzata da un gruppo di studenti che in maniera indipendente rispetto all’opinione che i rappresentanti avevano in merito, hanno occupato la mattina del 14 febbraio parte della scuola con un’assemblea nel cortile interno del complesso scolastico, dove è stato possibile condividere i nostri pensieri sulla società attuale, le nostre preoccupazioni per la precarietà di un futuro sempre più buio, e le critiche rispetto a un sistema scolastico che non si preoccupa di dar voce a tutto quello che proviamo.
Ma perché si è scelto di compiere un’azione così clamorosa?
Si premette che “occupazione” significa, per noi studenti, riappropriazione di spazi legittimamente nostri non solo da un punto di vista ideologico, in quanto la scuola è il luogo di formazione scolastica, ma anche sul piano fisico, concreto: si tratta di un luogo che dovrebbe essere vissuto materialmente dagli studenti, organizzato e pensato da loro. L’occupazione è uno strumento di protesta che attraverso l’azione fisica mette in evidenza un malessere, una disfunzione nel sistema e pretende un cambiamento radicale nella struttura attuale della scuola. La morte di Lorenzo Parelli e di Giuseppe Lenoci avvenute mentre stavano svolgendo un’attività di alternanza scuola lavoro, costituiscono eventi inaccettabili agli occhi di coloro che vogliono costruirsi un futuro stabile e concreto affermandosi in un mondo del lavoro serio, attento, che non uccide o sfrutta i lavoratori. A questo si aggiunge il disagio psicologico non tenuto in considerazione dalla scuola, che esisteva già prima della pandemia e che a causa di questa si è ulteriormente acuito; la richiesta della trattazione di materie attuali, vicine al mondo odierno e che guardino al progresso, come educazione sessuale; la denuncia dell’alienazione cui spinge l’attuale meccanismo scolastico, che porta a un’identificazione errata della persona con il voto e a uno studio spesso vuoto e fine a se stesso.
Molti hanno accusato l’occupazione di essere un semplice pretesto per saltare la scuola e divertirsi senza regole; ma in realtà quello che l’occupazione è stata davvero, è crescita collettiva, è innovazione, è politica, è presa di coscienza e posizione: è stata disobbedienza volta a una cambiamento culturale da parte di soggetti politici consapevoli.
Anna Carfì