ALLEGRO MOLTO a cura di Edoardo Ferrati

CHIERI- DOMENICA DELLA PALME: RIFLESSIONE IN MUSICA-  Qui tollis peccata mundi è il titolo del  tradizionale concerto della Domenica delle Palme inserito nella rassegna “Musica e Spiritualità” giunta alla dodicesima edizione dopo la forzata pausa biennale dovuta alla pandemia. Organizzata dal Comune (sevizio promozione del Territorio e Attività Culturali, è stata affidata all’Accademia dei Solinghi sotto la direzione di Rita Peiretti, un binomio ormai conosciuto e apprezzato dal pubblico cittadino a cui dona concerti di alto livello qualitativo che propongono autentici gioielli da quel mare magnum che è la musica barocca. Domenica scorsa un folto pubblico alla chiesa di San Domenico ha applaudito a lungo con vane richieste di bis.

Apertura dello scrigno con Baldassare Galuppi, nato nell’isola di Burano, vicino a Venezia nell’ottobre 1706, ricevette i primi rudimenti musicali dal padre violinista e di professione barbiere. Iniziò l’attività come organista presso varie chiese lagunari. Studiò in modo intenso il contrappunto con Antonio Lotti. Abile clavicembalista, autore di un centinaio di melodrammi di cui una ventina su libretto di Carlo Goldoni. La sua fama a Venezia iniziò a declinare verso il 1740: di qui la decisione di recarsi a Londra per un anno, ma senza successo. Obbligato a rientrare a Venezia, Galuppi risorge a 63 anni quando risponde alla chiamata dell’imperatrice Caterina II° di Russia che lo gratifica di un lauto stipendio, Torna ancora a Venezia carico di onori e beni dove morirà il 3 gennaio 1785. Importante nella sua biografia rimane la collaborazione con Goldoni in quanto entrambi segnarono la nascita e la diffusione in tutta Europa del dramma giocoso. Il brano Qui tollis peccata mundi, forse scritto per una Messa della basilica di San Marco di cui fu mastro di cappella, svela qualità di gusto e di stile ben diversi da quella della scuola napoletana. Evita il canto fine a se stesso e insiste su temi chiari e netti venati da alcune inflessioni patetiche.

La Messa in si minore di J.S. Bach, al di là del problema confessionale, è articolata in ventisei numeri con ogni probabilità ricavati da brani di lavori scritti in precedenza, Nasce così in tal modo un capolavoro mirabile che pareggia due espressioni del pensiero cristiano, ossia quello cattolico e quello luterano. Dalla Messa si è ascoltato l’Agnus Dei per alto e archi. A seguire l’aria Bir du bei mir BWV 508 in mi bemolle maggiore per soprano e continuo, attribuita a Bach, ma in realtà scritta per l’opera Diomedes da Gottlieb Heinrich Stolzel nel 1718 e ricavata dal n. 25 dell’Anna Magdalena Notebook (1725).

Il Concerto in do minore per due clavicembali BWV 1026, più noto  nella versione per due violini BWV 1043, è l’unico autografo pervenuto dei ben 14 concerti per uno o più clavicembali. Anche qui abbondano pagine precedenti. La trascrizione propone un importante lavoro di tessitura delle parti solistiche, soprattutto nello sviluppo della mano sinistra dei due clavicembalisti. Il risultato è quello di una partitura più tesa e concentrata di quella originale. Pagina nota è il vasto Andante, esempio d’incantata semplicità, mentre il conclusivo Allegro assai è animato da un implacabile moto meccanico dove i due solisti prendono il sopravvento con energia.

Il tedesco Johann Adolf Hasse ha chiuso il concerto con il suo Miserere per soli, coro e archi. Fece dell’Italia la sua patria d’elezione dove venne definito “Il caro sassone” .Da fanciullo cantore ad Amburgo si recò a Napoli per frequentare la scuola del celebre Nicola Porpora, ottenendo anche la tutela musicale dell’anziano Alessandro Scarlatti. A Venezia conobbe la famosa cantante Faustina Bordoni che diventerà sua sposa. Emigrò alla corte di Dresda e soggiornò a Milano, Roma e Londra dove rimase per otto anni. Stabilitosi a Dresda, durante l’assedio dei Prussiani del 1755 venne colpito dalla sventura della perdita di tutti i suoi manoscritti a cui si aggiunse la progressiva messa da parte della coppia Hasse-Bordoni. Il dolore fu grande tanto da imporre il rientro a Venezia dove morirà all’età di 84 anni.  Il dotto storico inglese Charles Burney, scomparso nel 1814, ne apprezzava il talento,, gli riconosceva   scienza, eleganza e qualità.

Con il Miserere lo stesso compositore manifestò l’intenzione di abbandonare il melodramma, di cui fu protagonista assoluto, a favore del genere sacro  il cui catalogo costituisce una parte importante con la frequentazione di tutte le forme e i generi riferiti al culto cattolico, Conteso da duchi, principi, sovrani e dai maggiori teatri europei, stupisce e sconcerta che un compositore di tale livello sia precipitato nell’oblio dopo la morte.

Accantonati i consueti limiti acustici della chiese, si può affermare che ormai l’Accademia dei Solinghi è una compagine notevole per qualità concertanti che dimostra con Rita Peiretti un affiatamento e intima consonanza. Nel concerto per due clavicembali è entrato in scena Luca Guglielmi, uno degli interpreti più accreditati a livello internazionale circa le cosiddette “esecuzioni storicamente informate”, condotte su una rigorosa indagine dei documenti storici al fine di avvicinarsi il più possibile alla prassi esecutiva dell’epoca. Perfetta l’intesa con Rita Peiretti, opportunamente depurata da ornamenti e calligrafismi superflui. Pregevoli le prestazioni dei solisti vocali: Anna Bergamini, Arianna Stornello (soprani) e Luca Parolin (controtenore). Note positive per l’Insieme Polifonico Femminile “San Filippo Neri”, diretto da Daniela Lepore, che è risultato meno  penalizzato dal problematico contesto acustico. Un programma ben scelto e per nulla scontato. Un autentico balsamo che aiuta a vivere gli attuali difficili momenti. Una pecca  non di poco conto: la mancanza di un programma di sala a commento, elemento indispensabile per questo  tipo di repertorio