CURIOSITA’ NOVARESI 7. PRINA GIUSEPPE. CHI ERA COSTUI?

Una delle vie più note del centro storico novarese è intitolata a Prina Giuseppe (nella foto) con deliberazione consiliare del 29 maggio 1890 (fino ad allora si chiamava via dei Rigattieri); non lontano da questa via, sulla facciata del palazzo di via del Carmine 1 (nella foto), una grande lastra in marmo ricorda, nella sua iscrizione, che in quella casa è nato Giuseppe Prina, ministro delle finanze di Napoleone, ucciso barbaramente a Milano da una folla inferocita il 20 aprile 1814, pochi giorni dopo l’abdicazione dell’imperatore dei Francesi.

Inoltre è consuetudine per i Novaresi, che stanno parlando di un amico o conoscente che non vedono da tempo e che temono abbia subito qualche disgrazia, chiedersi in dialetto locale: “L’avrà mia fai la fin dal povar Prina?” (trad. “Non avrà mica fatto la fine del povero Prina?”), facendo riferimento ovviamente alla sua tragica morte.  Ma chi era Giuseppe Prina, politico italiano ed europeo di primaria importanza all’inizio del XIX° secolo e poi sottoposto a una sorta di “damnatio memoriae” e ormai tristemente dimenticato anche nella sua città natale?

Giuseppe Prina nacque a Novara il 20 luglio 1766, figlio del notaio Giovanni e di Giustina Portigliotti, figlia di un architetto idraulico e civile. Effettuati gli studi di diritto presso l’Università di Pavia, come ospite del Collegio Caccia, si laureò con brillanti risultati nel 1787 in giurisprudenza. Iniziò così la sua attività di avvocato, ma già nel 1791 entrò nell’amministrazione sabauda a Torino, come sostituto del procuratore generale e nel 1798 passò nell’amministrazione delle finanze. Con l’arrivo dei Francesi e l’abdicazione di Carlo Emanuele IV rassegnò le dimissioni, tornò a Novara, dove l’Amministrazione della Municipalità prima e del Dipartimento poi gli affidarono diversi incarichi, tra cui quello di grande rilievo di membro della direzione centrale di finanza del Dipartimento dell’Agogna. In quegli anni riuscì ad evitare che il capoluogo di Dipartimento fosse spostato da Novara a Vercelli e fece sì che a Novara restassero i tribunali e le scuole superiori. Chiamato a Milano il 28 febbraio 1802, fu membro del triumvirato che reggeva le finanze della Repubblica italiana, ma già il 20 aprile 1802 divenne Ministro delle Finanze e restò in tale ruolo anche sotto il Regno d’Italia, fino alla fine del Regno italico, che coincise purtroppo anche con la sua morte.

Come responsabile delle finanze dovette riorganizzare gli uffici, con una decisa riduzione degli organici e relativa riduzione dei costi, promuovendo anche il merito e lo spirito di servizio, ma soprattutto dovette riordinare e risanare il bilancio gravemente dissestato e per incrementare le entrate ricorse soprattutto all’aumento delle imposte indirette. Riformò inoltre l’intero sistema fiscale, monetario e finanziario: dalle imposte dirette a quelle appunto indirette, introducendo anche l’imposta di registro e quella tassa sul macinato che lo portò ad essere odiato da molti. L’ininterrotto stato di guerra dell’impero di Napoleone richiedeva sempre più uomini e risorse economiche e queste ultime si potevano ricuperare solo con tasse più gravose. Il suo operato fu sempre rigoroso e gli valse la gratitudine e le onorificenze dell’Imperatore, ma suscitò, come s’è detto, l’odio di una parte consistente della popolazione. Finché il 20 aprile 1814, dodici anni dopo aver ricevuto l’incarico di Ministro e pochi giorni dopo l’abdicazione di Napoleone, in una tragica giornata piovigginosa, ricordata come “la giornata degli ombrelli”, Giuseppe Prina morì a Milano, linciato dalla folla.

I tumulti erano iniziati con l’assalto e il saccheggio del Senato, ma Prina non aveva voluto lasciare Milano, come gli era stato consigliato dal suo omonimo cugino, l’abate Giuseppe Prina. La folla si era poi diretta al palazzo Sannazzari (poi distrutto), ove era l’abitazione del Ministro, in piazza San Fedele, di fronte all’omonima chiesa (nella foto la piazza San Fedele oggi). La cronaca dell’assalto alla casa, del saccheggio e del linciaggio che seguì è stata oggetto di numerose ricostruzioni, che pare abbiano anche ispirato Alessandro Manzoni quando, nella stesura de “I promessi sposi”, descrive l’assalto della folla al forno nel capitolo XIII.  Prina fu trovato nascosto in uno stanzino dell’ultimo piano e il linciaggio durò quattro ore. Alcuni tentarono di salvarlo, ma non vi riuscirono. Prina fu trascinato e spinto giù per le scale, quindi gettato da una finestra del piano terreno sulla strada. Infierirono su di lui anche con gli ombrelli, che molti portavano per la giornata piovosa; fu denudato e trascinato davanti al Teatro della Scala e poi in piazza Cordusio. Quello che restava del suo corpo straziato fu abbandonato nei portici del Broletto, dove fu trovato con il volto irriconoscibile.

Il cadavere fu poi portato al cimitero di Porta Comasina e seppellito, mantenendo segreto il luogo della sepoltura. Così anche dei resti mortali di Giuseppe Prina è scomparsa per sempre ogni traccia. In seguito anche il cimitero è stato soppresso.

Prina, benché i suoi incarichi l’abbiano portato a vivere una parte importante della sua vita lontano da Novara, ha dimostrato anche nella sua attività di sentirsi sempre “novarese”, operando, quando possibile, per il bene della Città. Per questo e non solo per gli importanti ruoli ricoperti e la sua triste fine Novara dovrebbe trovare la maniera di ricordarlo con qualche iniziativa.

Enzo De Paoli