CURIOSITA’ NOVARESI 14 – IL CASTELLO, LA FINE DI LUDOVICO IL MORO E IL CAVALLO D’ORO
Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, è stato definito dal Guicciardini “arbitro di Italia”. Egli fu reggente del Ducato di Milano dal 1480 al 1494, quindi duca dal 1494 al 1499 e al contempo signore di Genova e inoltre duca di Bari dal 1479. La sua corte, a quei tempi, era considerata una delle più splendide d’Europa e per lui Leonardo da Vinci lavorò a lungo (è il periodo della famosa “Ultima cena”). Proprio a Novara, o meglio nel suo castello, fu segnata la sua fine, con il tradimento delle milizie svizzere, corrotte da Gian Giacomo Trivulzio, generale di Luigi XII. Il 10 aprile 1500, durante l’assedio al Castello di Novara, quando i mercenari svizzeri si rifiutarono di partecipare alla battaglia, si nascose tra le sue truppe, che cercavano di ripiegare verso Bellinzona, ma fu tradito da un mercenario svizzero e consegnato ai Francesi. Venne portato prigioniero in Francia, dove morì, rinchiuso nel torrione del castello di Loches, il 27 maggio 1508. Dopo la morte di Ludovico, l’imperatore Massimiliano riuscì a ricuperare Milano per il primogenito del Moro: Ercole Massimiliano, che fu duca per breve tempo. Gli succedette, sempre per pochi anni, il fratello Francesco II e, con la sua morte nel 1535, Milano (con Novara) passò, con Carlo V, sotto il dominio dell’impero spagnolo e vi restò per circa due secoli. C’è una leggenda legata al castello di Novara e a Ludovico il Moro, quella del cavallo d’oro. Si dice infatti che il Moro fosse così affezionato al suo cavallo da commissionarne a Leonardo da Vinci una statua in oro massiccio a grandezza naturale o più probabilmente in miniatura, statua che sarebbe stata nascosta nei sotterranei o nel fossato del Castello. Nella prima parte del secolo scorso e fino al 1960 circa furono effettivamente effettuati, senza risultato, alcuni tentativi di ricerca del cavallo d’oro nel Castello, come si legge anche in articoli del Corriere di Novara dell’epoca.
Dopo aver parlato di Ludovico il Moro e della leggenda del suo cavallo d’oro è ora il caso di soffermarci sul Castello che segnò la sua fine. La prima costruzione del castello di Novara risale probabilmente all’Alto Medioevo (X secolo), come “castrum”, cioè come semplice recinto difensivo che circondava e quindi comprendeva una serie di strutture, edifici o tettoie, probabilmente entrambi di legno, per i servi, il bestiame e i prodotti agricoli, quindi un nucleo quasi autosufficiente. Il recinto/palizzata di legno conteneva anche un edificio principale, a forma più o meno di torre, che aveva la funzione di residenza del Signore. L’ipotesi è di un recinto fortificato in una zona agricola, in un settore dell’area della città tardo-romana, un settore quindi liberato per una contrazione dell’abitato altomedioevale. Il toponimo tardomedievale della zona era infatti “gli orticelli”. Di queste antiche costruzioni oggi restano poche tracce, non visibili, inglobate nelle successive costruzioni. Il recinto a quadrilatero è una antica forma di struttura difensiva e, nel caso del Castello di Novara, ha una sua precisa fisionomia, considerando anche che i frammenti di struttura ai vertici del fronte sud sembrano individuare i resti di due torri angolari. Un buon tratto del fronte sud, a partire dal vertice est, è fondato, secondo Medardo Arduino, su di una muratura ascrivibile, per orditura ed allineamento, alla cinta urbana tardoantica. Si ha notizia nel 1272, con Francesco Torriani, podestà di Novara e fratello di Napoleone della Torre, signore di Milano, di una torre con recinto. All’interno del recinto sorgevano alcuni edifici di proprietà della famiglia vercellese dei Tettoni. La torre venne poi quasi distrutta alla fine dell’Ottocento e come scrive Arduino “i suoi resti si legano con alcuni frammenti di muratura e con una monofora a tutto tondo (entrambi inglobati nel muro verso corte dell’edificio trecentesco del fronte nord-est) e suggeriscono la presenza di una struttura precedente (torre e palacium) in parte riutilizzata per la sua costruzione” (nella foto gli edifici di nord-est dal cortile interno). Il Castello passa alla famiglia Visconti nel 1293 e proprio alla fine del XIII secolo Matteo Visconti decide di costruire un castello “imponente” anche a Novara. Vedremo così un recinto quadrilatero di caratteristica fisionomia castellana imperniato
sulla torre. Di questo restano ancora tracce all’interno delle mura del complesso attuale, perché nel suo ampliamento vennero utilizzate anche parti della struttura più antica (la torre venne incorporata a nord est). In seguito Giovanni Visconti, già vescovo della Città, che si era impadronito della signoria di Novara e poi di quella di Milano, completa la costruzione del Castello, aggiungendo edifici residenziali. Del castello visconteo oggi resta solo la torretta, all’angolo nord-ovest (nella foto) e ancora si possono intravedere le merlature viscontee ormai murate e i resti del portone, in passato protetto da un torrione quadrato. Nel secolo XIV il Castello fu però un po’ trascurato dagli stessi Visconti e cosa strana è che nel contesto delle difese della Città restò un nucleo separato, come risulta ancora dalle lettere del secolo successivo. Il Castello costruisce, tatticamente, una difesa a parte contro attaccanti esterni, ma anche contro la stessa Città. Lo dimostra il fatto che Galeazzo Visconti, verso il 1357, propone ai Novaresi di allargare la fascia di rispetto intorno al “castrum”, abbattendo il convento di S. Luca a sud oppure demolendo le fortificazioni (cinte) dei borghi di S. Agabio e S. Gaudenzio. Questo fino alla seconda metà del XV secolo, quando, nel 1468, Galeazzo Maria Sforza avviò la ristrutturazione dell’antica struttura fortificata, così da trasformarla in una fortezza adeguata alle nuove esigenze difensive, abbattendo anche la Cittadella, per evitare che potesse essere la base per la presa della Rocca. La nuova fortezza assunse così un aspetto abbastanza simile a quello attuale, fatta eccezione ovviamente per le parti crollate e quelle modificate o ricostruite negli ultimi decenni.
Tentiamo quindi una descrizione sommaria e ovviamente approssimativa del Castello. Il muro perimetrale è spesso circa 3 metri e alto circa 7. Ai quattro angoli vi erano torri quadrate, che probabilmente non furono mai terminate. L’ingresso principale era costituito dalla porta a nord (verso la Città), dove vi era un ponte levatoio che, calato, arrivava solo a metà fossato. L’altra metà del fossato, che ora, su lato nord, è stato parzialmente riempito, era superata mediante un altro ponte di legno, però stabile e fisso. Lo stemma sopra la porta è quello di Galeazzo Maria Sforza (nella foto). La seconda entrata del Castello era verso San Lazzaro, sul lato sud, ed era raggiungibile solo con un ponte levatoio; di questa seconda entrata restano solo una porzione di muro ed i cardini (nella foto). I “beccatelli”, che circondavano tutte le mura, sono attualmente visibili solo a sud-est. Questi “beccatelli” nei castelli avevano la funzione di sostenere parapetti merlati, che servivano per respingere gli assalitori. Nel secolo XVI la fortezza, ormai occupata dagli Spagnoli, ebbe solo interventi di manutenzione, ma il nucleo della Città fu dotato di bastioni, costruendo baluardi difensivi. Venne così realizzata una struttura bellica molto più estesa ed articolata di quella precedente, all’interno della quale il Castello assumeva il ruolo di centro di comando della guarnigione. Nel 1600 Don Pietro Enriquez de Azevedo, conte di Fuentes, governatore di Milano e di Novara provvede ad eseguire un imponente sistema di fortificazioni della Città, che termina intorno al 1630, rivedendo quindi ulteriormente anche il ruolo difensivo del Castello.
In seguito, con l’evoluzione dell’arte della guerra, le fortificazioni perdono di importanza, e la manutenzione della fortificazione viene gradualmente allentata fino ad arrivare alla trasformazione dei bastioni in luoghi di passeggio, sotto l’amministrazione sabauda del Settecento. Così il bastione ad est del Castello viene infatti trasformato in pubblico passeggio, secondo un progetto approvato nel 1788 e, poco più tardi, anche il baluardo di S. Giuseppe, di fianco all’attuale palazzo delle Poste Centrali, è trasformato in giardino.
Il Castello fu quindi utilizzato, a partire dal periodo napoleonico, come carcere e questo fatto fece sì che fossero effettuate molte modifiche all’interno della cinta muraria, con l’abbattimento di alcune parti e la costruzione di altre. Nel 1876 il torrione sul lato nord est viene parzialmente demolito e riadattato per collocarvi una vedetta del carcere. Resterà carcere per 170 anni, fino al 1973, quando venne aperta la nuova casa circondariale presso il quartiere Bicocca, e tra i vari detenuti è ricordata Claretta Petacci, amante di Mussolini. A metà dell’Ottocento fu abbattuta buona parte della cinta di bastioni e vennero realizzati su tre lati i giardini pubblici chiamati Allea. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo il Castello rischiò di essere abbattuto completamente per fare posto a un nuovo quartiere residenziale o a nuovi e importanti edifici. Fortunatamente così non avvenne; con la proprietà passata dallo Stato al Comune di Novara e dopo un parziale ma importante restauro (qualche polemica circa la ricostruzione di una torre), il Castello è stato riaperto nel 2016 ed è diventato sede di mostre ed iniziative di grande rilievo. Nel futuro dovrebbe essere la sede definitiva di raccolte museali della Città che, inizialmente esposte nel palazzo del Broletto, ormai, da tempo, non sono purtroppo più visibili.
Enzo De Paoli