CURIOSITA’ NOVARESI 16 – IL “BARBARO” ABBATTIMENTO DEL DUOMO ROMANICO

Antica Cattedrale romanica di Novara, disegno di N. M. J. Chapuy, 1835 circa)

Facciata del Duomo romanico

Angelo Stoppa inizia il suo saggio “A chi la responsabilità vera dell’abbattimento dell’antico Duomo di Novara”, pubblicato nella rivista annuale di studi storici “Novarien” del 1988, con la seguente citazione da uno scritto del 1861 dell’ingegnere milanese Raffaele Pareto: “…questo Duomo (di Casale) dovette subire… gravi vicende e… dovette la sua salvezza al celebre Canina… siamo lieti di… poter mostrare che dappertutto in Italia non si è barbari come a Novare” (da “Il Duomo di Casale” di R. Pareto).

I responsabili dell’abbattimento del Duomo di Novara sono quindi definiti “barbari” e da qui parte l’interessante analisi di Stoppa tesa ad individuare chi furono questi “barbari”. Egli, leggendo ed esaminando con grande attenzione i verbali delle adunanze del Capitolo dei Canonici della Cattedrale (giuridicamente responsabile diretto del Duomo) degli anni 1853-1865, relativi alla decisione di demolire l’antico e prestigioso complesso e agli sviluppi conseguenti (l’ultima e definitiva decisione è del 6 novembre 1863), offre una serie di notizie e di considerazioni certamente utili per chi voglia sapere qualcosa di più in merito alla triste vicenda e alle responsabilità dirette e indirette.

Portico del Paradiso, disegno di Frasconi, 1812

Prima di iniziare a parlare di tale decisione è il caso però di ricordare come il Duomo romanico fosse il più prestigioso monumento dell’antica Novara. Prima basilica paleocristiana, edificata nel V secolo nel luogo dove probabilmente già esisteva precedentemente un tempio pagano, in età carolingia si era evoluto in chiesa cattedrale di Santa Maria, per essere quindi ristrutturato in tempio di stile romanico, con la denominazione di Ecclesia Sanctae Mariae. Eccone una parziale descrizione desunta da uno scritto di Giuseppe Fassò, presidente della Società Archeologica di Novara: il Duomo antico, con esonartece a due piani, presentava all’esterno una facciata rettangolare col portico terreno in sette arcate semicircolari poggianti su pilastri. I due pilastri centrali, più grossi, salivano solo alla fascia sopra le arcate; mentre gli altri sei salivano fino al tetto, cosicché la parte superiore al portico era divisa in cinque campi, e decorata da archetti e da fascia a risalti o denticoli. Sul muro che divideva il portico e le gallerie sovrapposte dalla chiesa si alzava il frontone con una grande finestra in tre scomparti a semicircolo. Completavano la facciata le due torri laterali, di forma rettangolare, con archeggiature alla sommità sotto le gronde e con finestrelle bifore semicircolari. Il tempio presentava poi un’elegante cupola di forma ottagonale e il campanile, eretto verso il mille (nella foto la facciata del Duomo romanico).

“Si può anche asserire -scrive Stoppa- che il nostro antico Duomo era un tempio stilisticamente non molto dissimile dalla Basilica di S. Ambrogio, che i milanesi seppero conservare al proprio diletto e alla propria sensibilità culturale”. Certo nel corso dei secoli numerose devono essere state le manomissioni, le trasformazioni del complesso religioso. Qualche informazione più certa l’abbiamo dal XVII secolo, a partire dal 1651, in relazione alla erezione della cupola ottagonale sul presbiterio, fatta eseguire dal vescovo Benedetto Odescalchi, poi papa Innocenzo XI. Così come si sa dell’atterramento del primitivo presbiterio e relativo coro antistante, avvenuto per ricavare l’ampliamento di un nuovo coro circolare absidale eretto nel 1831. A proposito della nefasta demolizione anche gli storici Barlassina e Picconi, nel loro volume “Le chiese di Novara” del 1933, dopo avere fatto una puntuale descrizione dell’antico Duomo romanico, scrivono: “Purtroppo tutte queste antiche e storiche costruzioni dovevano cadere sotto il piccone demolitore di un Classicismo poco curante delle memorie patrie”. Numerosi sono gli studi realizzati sulla antica Cattedrale da autori non solo locali dall’Ottocento ad oggi, alcuni ancora manoscritti. Al proposito si ricorda in particolare l’esaustivo volume di Mario Perotti del 1980, dal titolo “L’antico Duomo di Novara e il suo mosaico pavimentale”.

Parliamo a questo punto degli interventi proposti e operati dall’architetto Alessandro Antonelli. Possono essere divisi in tre fasi comprensive dal 1832 al 1865. La prima fase è del 1832-36 e riguarda l’altare centrale, la cui realizzazione viene deliberata il 2 maggio 1832; il 20 novembre 1836 l’altare viene consacrato dal vescovo cardinal Giuseppe Morozzo. La seconda fase è quella della costruzione del grande portico esterno a colonne prospiciente il Broletto sulla piazza del Duomo (piazza della Repubblica). Al proposito si annota che la parte antica del porticato era denominata “Portico del Paradiso” (nella foto disegno di Frasconi dell’antico portico, 1812). I lavori, iniziati nel 1853, furono ultimati nel 1863. La terza fase delle opere antonelliane è quella che in particolare ci interessa, perché è quella della distruzione della monumentale facciata di base rettangolare a nartece con due torri di 28 metri e del cortile antistante che portava al battistero ottagonale paleocristiano (nella foto disegno del parigino M. J. Chapuy dell’antica cattedrale, 1835 circa).

A fronte delle proposte e dei disegni dell’architetto Antonelli, solo quattro sui dodici canonici del Capitolo della Cattedrale si dichiareranno nelle adunanze a favore della conservazione del Duomo romanico, mentre la maggioranza era per la parziale o totale demolizione. Il canonico Racca, autorevole cultore di storia locale e studioso di monumenti cittadini, stranamente nelle adunanze tace, pur dimostrando in altre forme (anche con pubblicazioni) la sua contrarietà. Inizialmente il mandato affidato dai canonici allo stimato e noto architetto Antonelli, che dal 1840 aveva avuto anche l’incarico del progetto della cupola della basilica gaudenziana, riguardava solo le case canonicali prospicienti alla piazza del Duomo e il porticato sulla piazza, ma dopo l’apertura del nuovo porticato a colonnato, il Capitolo dei canonici doveva affrontare il problema di un adeguato intervento interno dell’edificio. Il Capitolo, nella sua adunanza del 21 luglio 1854, deliberò di sentire il vescovo Giacomo Filippo Gentile, in quel momento a Gozzano, prima di assumere una decisione in merito al progetto dell’architetto Antonelli, concernente la ricostruzione della maggior parte della Cattedrale. Quindi una deputazione del Capitolo, assieme allo stesso Antonelli, di cui era nota la capacità suasiva soprattutto se si trattava di temi professionali e tecnici, così come ricorda Stoppa nel suo saggio, si recò dal vescovo presumibilmente il 22 luglio 1854, ottenendone l’approvazione del progetto, con parole di encomio e incoraggiamento.

A seguito di tale approvazione il Capitolo il 25 luglio 1854 approvò a sua volta, con motivazioni di economia e funzionalità (“la chiesa esistente minacciava rovina in alcune parti… non erano più possibili i restauri del vecchio duomo senza spese ingenti e senza sconciarlo ancor di più…”), l’intervento antonelliano, segnando così la fine dello storico e monumentale complesso (la decisione fu confermata in via definitiva nell’adunanza del 6 novembre 1863). Ci fu anche un sollecito a salvare l’antica Cattedrale da parte del ministro degli interni al sindaco Cesare Magnani Ricotti, ma il 7 novembre 1861 il sindaco rispose con una relazione in cui giustificava ampiamente la decisione del Capitolo, che aveva anche l’approvazione del Consiglio Comunale e, con motivazioni di carattere estetico, criticava gli argomenti di coloro che difendevano il monumento, tra i quali Michele Caffi, autore di un ricorso al ministro, Raffaele Pareto e il canonico Carlo Racca.

Circa dieci anni dopo, nel 1865, lo stesso vescovo Gentile approvò inoltre la proposta di Antonelli di demolire anche la cupola della Cattedrale e il Capitolo seguì nuovamente l’indicazione del vescovo. La Cattedrale di Santa Maria fu demolita dall’Antonelli nel 1865, mentre la nuova Cattedrale antonelliana venne consacrata il 2 ottobre 1869 (colgo l’occasione per una rettifica di “Curiosità novaresi 13”, dove si indica “la seconda metà del secolo scorso” e non invece correttamente “la seconda metà del secolo XIX”, come l’epoca delle fondazioni del Duomo dell’Antonelli).

A questo punto può essere interessante rapportare, come a suo tempo suggerito da Angelo Stoppa, il caso della demolizione del Duomo romanico di Novara con quello della sventata demolizione della Cattedrale romanica con nartece di S. Evasio di Casale, che ancor oggi tutti possono fortunatamente ammirare. L’incarico dello studio e della progettazione del Duomo di Casale era stato affidato allo stesso architetto Antonelli, che presentò un primo disegno nel 1852 e un secondo nel 1854, entrambi finalizzati al rifacimento della Cattedrale, ma l’intervento dell’illustre filosofo abate Rosmini, che ne parlò con determinazione con il vescovo Luigi Nazari di Calabiana, e dell’architetto casalese Luigi Canina, operante a Roma, a cui fu richiesto di pronunciarsi sulla questione, fecero sì che il pericolo fosse scongiurato. “Chi sarà quel barbaro –disse Canina nel 1856- che oserà dare primo un colpo di martello per abbattere questa stupenda e meravigliosa opera?”. Tutti a Casale decisero quindi di conservare l’antico edificio, con i restauri proposti dallo stesso Canina.

Enzo De Paoli