CURIOSITA’ NOVARESI 18 – IL PALAZZO DI CITTA’ DALLE ORIGINI AL BROLETTO E A PALAZZO CABRINO
Nel Medioevo, a Novara, pare che gli amministratori o rettori della Città si riunissero inizialmente sotto il “Portico del Paradiso”, sul lato nord del Duomo, che si affacciava alla piazza omonima, ora piazza della Repubblica, attraverso di esso. L’avvocato Bianchini nel suo volume “Le cose rimarchevoli della Città di Novara” del 1828 scrive: “Sotto di questo portico prima del 1364 si rendeva la ragione; eravi il marmo…, sul quale salendo il tubatore del podestà bandiva le sentenze, ed ancora vi si conserva in oggi ( nel 1828) un vecchio capitello, che serviva di pietra per la giudiziale cessione de’ beni: questo portico mette alle case de’ parrochi e ad una torre quadrata finiente in bassa cupola coperta di rame…” (portico e case furono abbattute da Antonelli appena prima della demolizione del Duomo romanico). Pare proprio che almeno fino al 1298 la giustizia venisse amministrata sotto il citato portico della Cattedrale, dove si trovava il capitello su cui sedevano i debitori falliti. Si ha anche notizia che i consoli avevano le loro
adunanze nella Casa della Credenza, sulla stessa piazza del Duomo. Per la necessità di spazio, fu poi costruito un apposito palazzo dove potersi riunire. I documenti più antichi che ne trattano risalgono al 1208. Stiamo parlando del palazzo dell’Arengo o del Broletto, anche se il complesso del Broletto è in realtà costituito da quattro corpi distinti, attorno al cortile, costruiti in momenti successivi: sul lato Nord il palazzo più antico dell’Arengo, sul lato Sud il palazzo del Podestà (XIV e inizio XV secolo), a Est il palazzo dei Paratici o Corporazioni (risalente probabilmente alla metà del XIII secolo), poi nascosto dalla loggia barocca e ad Ovest il palazzo dei Referendari (risalente al XIV –XV secolo, ma rimaneggiato nel Novecento). Per ciò che riguarda il palazzo del Podestà (nella foto), si ha notizia che nel 1298, a seguito delle lamentele dei canonici per il chiasso che proveniva dal portico del Paradiso e disturbava le funzioni religiose, il podestà Francesco de Lando decise la costruzione di un nuovo palazzo, costruito nell’area del Broletto, ossia la piazza del mercato, nel quale si trovava anche la
cosiddetta camera del curlo (dal nome di un uccello canterino, perché chi vi entrava doveva “cantare”), cioè la stanza della tortura. Nel 1346 poi il podestà Tomasino Lampugnano fece ampliare il suddetto palazzo; nel nuovo edificio si trasferirono, come dice il Bianchini, “i presidi della comunità”. Per ciò che riguarda il palazzo dei Referendari, cioè degli esattori fiscali (XIV-XV secolo), fu anche sede di una parte degli uffici giudiziari e dal 1550 dell’ufficio dei contabili del Comune.
Il palazzo di cui però intendiamo parlare in maniera approfondita è quello più antico dell’Arengo, sul lato nord del cortile, che si affaccia da una parte sullo stesso cortile e dall’altra su corso Italia, palazzo che ancor oggi (fatta eccezione per la sua scala esterna ricostruita) presenta la forma originaria, ricuperata grazie ai restauri del 1928-1934, che demolirono quanto era stato aggiunto nei sec. XVII-XIX, quando il complesso del Broletto divenne anche sede degli uffici dell’amministrazione e quindi dal 1800 degli uffici giudiziari e del Tribunale. Il termine “Broletto” deriva dal “brolo”, latino medievale che significava campo per lo più cinto da muro e poi cortile e assunse poi il significato di palazzo municipale da Milano, dove in un “broletto” veniva amministrata la giustizia fin dal secolo XI. A Milano il nome passò poi al palazzo dei Consoli e quindi al palazzo municipale di quei tempi. Troviamo un Broletto non solo a Milano e a Novara, ma anche in altre città come Como, Monza e Brescia
A Novara, prima della costruzione del palazzo dell’Arengo, l’area era “libera”, interamente utilizzata per la fiera o mercato. In questo edificio non si ospitavano solo le riunioni, vi si amministrava anche la giustizia e nel Broletto il banditore dava le comunicazioni al popolo. Il Broletto è ovviamente vicino agli altri luoghi di rilievo novaresi, a partire dalla piazza del Duomo e da piazza delle Erbe (ora piazza Cesare Battisti).
A proposito delle origini del palazzo municipale o di Città è opportuno però citare anche quanto scriveva al proposito l’avvocato Bianchini nel suo già citato volume “Le cose rimarchevoli della Città di Novara”. Egli, per ciò che riguarda le origini del palazzo di Città, ricorda che “già prima del 1064 il palazzo de’ Rettori del Comune trovavasi nel sobborgo di Barazzolo edificato in fregio di una contrada verso il mezzogiorno vicino al monistero di santa Maria Maddalena de’ Gritti. Aveva quel fabbricato una gran porta a volta sotto della quale eran le monache nel dritto di transitarvi per portarsi sulla strada maestra” (questo avveniva evidentemente nella prima fase medievale, prima dell’uso del portico del Paradiso e della costruzione del palazzo dell’Arengo e del complesso del Broletto). Il Bianchini dichiarava anche che non doveva sembrare una cosa strana il fatto che il palazzo del governo della Città fosse a quei tempi fuori dalle mura della Città stessa, perché come mostra l’antica topografia di Novara, prima dell’anno 1552, nei sobborghi si trovavano importanti edifici religiosi (basti ricordare l’antica basilica di San Gaudenzio) e i palazzi di illustri e facoltosi cittadini novaresi.
Tornando al palazzo dell’Arengo (nella foto la facciata sul cortile) è il caso di sottolineare come sia un importante esempio di architettura romanica, costruito in laterizio (mattoni) e con una importante fascia pittorica che si vede sotto la grondaia verso il cortile, databile tra il 1230 e il 1260-70 (nella foto un particolare). Sono rappresentati combattimenti con animali, duelli, castelli, figure in fuga. Il tutto diviso in una serie di riquadri indipendenti tra loro. Poiché molte immagini sono considerabili come allegorie di virtù cavalleresche, si ipotizza che i committenti dell’opera appartenessero alla antica classe aristocratica e guerriera, che voleva mostrare a tutti, attraverso queste pitture sul palazzo del Comune, i valori fondanti la loro classe e quindi il proprio potere dominante sulla città stessa. Anche a Novara infatti, come altrove, il Comune urbano era nato da un gruppo di famiglie feudali. Queste famiglie aristocratiche, nell’epoca di costruzione del palazzo dell’Arengo, erano in lotta con la nascente classe borghese alla quale si contrapponevano. Al momento del dipinto del fregio queste famiglie erano evidentemente le più potenti a Novara e il dipinto stesso testimonia questo potere. Non si hanno elementi per individuare con certezza l’artista o gli artisti che hanno realizzato il fregio. Maria Laura Tomea in un suo studio ha ipotizzato l’intervento di maestranze novaresi vicine alla cultura francese dell’epoca oppure l’intervento di pittori provenienti dall’area francese. Interessante poi osservare come le pitture non siano state realizzate ad affresco. Nel corso di lavori di restauro si sono rilevate tracce di cera sulla superficie pittorica e si sa che questo materiale era utilizzato nell’antica tecnica ad encausto, per fissare e rendere più brillanti i colori.
Nel cortile del Broletto c’era la pietra del banditore ed il pozzo, ancora presente nell’angolo a Nord-Est del cortile. Si dice che nel cortile si trovasse anche la pietra o capitello rovesciato, dove venivano fatti sedere con la forza i cittadini morosi, con il fondo schiena nudo, dopo aver ricoperto la pietra stessa di fascine ed averla arroventata a dovere. Qualcosa di simile avveniva a Torino. Ai piedi della torre detta del Burro (all’angolo fra via Milano e via Corte d’Appello) c’era una pietra dove i debitori venivano condotti e, dopo la lettura della sentenza, due guardie li afferravano e li facevano ritmicamente battere con le natiche sulla suddetta pietra.
Il piano terreno del palazzo dell’Arengo, che ricordiamo è sul lato nord del cortile, è costituito da un porticato con archi a tutto sesto. Nel porticato, nel Medioevo, si trovavano i banchi dei consoli di giustizia, i magistrati che giudicavano le cause civili. I banchi portavano stemmi con figure di animali e si distinguevano con il nome dell’animale dello stemma (banco del cervo, dell’aquila ecc.). Questo per aiutare gli utenti che erano per lo più analfabeti. Dei reati di sangue e delle cause d’appello si occupava invece il Podestà. La scala d’accesso al salone superiore attuale non è la scala originaria. La sua ricostruzione, avvenuta durante i già citati lavori di restauro, ha avuto come modello probabilmente la scala del palazzo del Podestà di Castell’Arquato (Piacenza). Al di sopra del porticato, al piano superiore, si trova il salone delle adunanze o Arengario o Arengo, coperto a capriate e diviso sul fondo da una balaustra ed illuminato da finestroni trifori. Sulle pareti sono esposti alcuni affreschi del Quattrocento provenienti da chiese oltre all’affresco di Caio Albucio Silone, proveniente dalla novarese Casa Canobio di piazza delle Erbe. Era il luogo dove i rappresentanti della Città si riunivano per decidere tutto ciò che riguardava la Città stessa: politica ed economia. Il salone è molto grande anche perché le votazioni sulle proposte avvenivano per spostamento dei votanti da una parte per il sì e dall’altra parte per il no (nella sala è documentata la presenza anche di 250 persone).
Con l’arrivo delle truppe di invasione francesi, nel 1798, allo scopo di avere un palazzo con la disponibilità di più locali per gli uffici, la sede del governo viene portata nel palazzo già della famiglia Cabrino, ma respinti i francesi nel 1799, si ebbe un nuovo trasferimento nel palazzo Bellini. Tornati poi i francesi nel 1800, si tornò a palazzo Cabrino, che è tuttora sede del Municipio della Città (nella foto). Il palazzo in quell’epoca aveva al suo interno un portico a colonne, che circondava da tre lati il cortile. Si accedeva quindi al piano superiore mediante uno scalone e lì si trovava un salone affrescato che serviva per le adunanze e i vari uffici. Nello stesso palazzo veniva collocato anche l’archivio civico, purtroppo seriamente danneggiato al tempo dell’incursione del marchese di Monferrato nell’anno 1356, come ricorda il Bianchini nel suo volume.
Diamo quindi qualche notizia su Palazzo Cabrino (via Fratelli Rosselli 1), che è stato edificato su proprietà della famiglia Boniperti. Carlo Cabrino, tesoriere del Contado e gestore dell’amministrazione delle fortificazioni, lo acquistò nel 1660 e alla sua morte nel 1669 fu confiscato e affittato dal Comune di Novara come abitazione per il governatore della Città. Durante il periodo napoleonico, il palazzo fu sede, come si è detto, dell’amministrazione. Proprio con il XIX secolo l’edificio ha subito molti lavori di ristrutturazione ed è quindi divenuto sede del Municipio della Città. Nel palazzo si trovano tuttora ambienti affrescati secondo lo stile delle dimore signorili lombarde della metà del XVII secolo. Vi hanno lavorato i fratelli Danedi Giuseppe (1609-1679) e Giovanni Stefano (1612-1689), detti i Montalto. Nella volta del salone è rappresentato “Il carro dell’Aurora” e due locali al primo piano hanno soffitti cassettonati e fasce affrescate con soggetti di carattere morale.
Enzo De Paoli