Galateo: espressioni da evitare a tavola
“Buon appetito” e “cin cin” sono espressioni che capita di sentire spesso come segno di cortesia, ma in realtà sono inutili einopportune.Secondo l’antropologo britannico Jack Goody, la locuzione “buon appetito” ha avuto origine all’epoca di Carlo Magno quando il ciambellano di corte sedeva a tavola gli ospiti e li esortava a mangiare di buon appetito per fare cosa gradita all’imperatore: non era un augurio, ma un’ammonizione! Secondo la cultura dell’epoca, una buona forchetta era espressione di nobiltà e virilità. L’espressione ha poi iniziato a diffondersi in Francia nove secoli dopo, ai tempi di Luigi XVI che usava fare lo stesso augurio per evitare che gli invitati avanzassero cibo durante i banchetti.Tuttavia, con la diffusione della forchetta, il piacere della socialità e della conversazione è prevalso rispetto all’interesse del mangiare e terminare il cibo presente in tavola.Anziché di buon appetito sarebbe più opportuno augurare “buon pranzo” o “buona cena”. Buon appetito non è quindi una vergogna, ma un refuso del passato che andrebbe evitato perché significa “ridare valore alla necessità di cibarsi” – precisa Samuele Briatore, presidente dell’Accademia Italiana Galateo.Secondo le regole delle buone maniere, quando si è a tavola o in occasione di bicchierate andrebbero anche evitate le espressioni “cin cin”, “prosit” e tanto meno “bollicine” che poco si prestano a omaggiare gli ospiti o celebrare un avvenimento. Durante il brindisi sarebbe più idoneo rivolgere una dedica, una riflessione o una frase breve. Altrettanto poco elegante è far tintinnare i bicchieri alzati: finché si è tra amici è accettabile, ma in contesti formali i bicchieri non devono sfiorarsi.
Luigi Marsero