Piovà Massaia. Torna Profumata-Menta dal 2 al 4 giugno
Fervono i preparativi per il tradizionale appuntamento di Profumatamenta, che torna dopo il successo della scorsa edizione, realizzata con grandissimo impegno dopo due anni di arresto forzato a causa della pandemia, e con il riconoscimento di “fiera regionale”. Quest’anno la manifestazione, che è stata inserita tra gli eventi di “Voler bene all’Italia”, si terrà dal 2 al 4 giugno.
L’evento, che vuole ricordare un tentativo di coltivare l’erba aromatica nel territorio piovatese, si presenta con un programma fittissimo di appuntamenti.
La coltivazione della menta piperita, introdotta in Italia dall’Inghilterra nel 1850, si diffuse nel dopoguerra anche nell’Alto Astigiano e in particolare a Piovà, soprattutto in frazione Gallareto, dove vi erano terreni particolarmente adatti. Coltivare quest’erba medicinale, infatti, era facile ma richiedeva terre fertili e ricche di materia organica, oltre ad un grande quantitativo di manodopera. Il lavoro veniva spesso delegato alle donne, che la piantavano in primavera, sarchiandola sovente, al fine di levare le erbe infestanti e trattenere l’umidità del terreno. In estate, quando fioriva, veniva raccolta in fascine e portata all’ingresso del paese, dove ora si trova la Bocciofila. Qui sorgeva un grande alambicco, proprietà della famiglia Robba e De Vecchi, attraverso il quale veniva distillata, per essere venduta al paese di Pancalieri. All’epoca per i produttori rappresentava un importante introito economico, dato che l’essenza poteva essere esportata per i suoi numerosi utilizzi in confetteria, liquoreria, profumeria e anche in medicina. Un particolare curioso, citato da alcune donne di Piovà, è che data la ricchezza del profumo, persino l’acqua di scarto della distillazione non veniva sprecata, ma riutilizzata per il lavaggio dei pavimenti. L’alambicco invece era un’irresistibile attrazione per bambini e ragazzi, che si radunavano ad osservare, incuriositi, la trasformazione delle piantine: gli stessi, ancora oggi, sebbene siano trascorsi tanti anni, ricordano vividamente l’intenso profumo che ne scaturiva. Anche se in seguito la coltivazione venne abbandonata, a causa di alcune annate sfavorevoli, la menta non ha smesso di crescere spontanea, e pertanto essere utilizzata, in questo paese. Dal 2012 si è scelto quindi di riscoprire e festeggiare questa antica tradizione, favorendo nuovamente la coltivazione e l’utilizzo di questa preziosissima erba medicinale.
Le giornate di venerdì e sabato saranno un avvicinamento alla fiera, con l’inaugurazione delle mostre e svariati eventi collaterali.
Venerdì si inizierà con una passeggiata naturalistica che vedrà anche l’inaugurazione di un nuovo sentiero didattico. Poi nel pomeriggio si terranno i Laboratori di carta – Costruire, colorare e restaurare carta e libri. In serata alle 21 la compagnia teatrale ASP Siparietto di San Matteo di Moncalieri interpreterà la commedia dialettale in due atti di Secondino Trivero L’hai falo per amor. A seguire la menta incontrerà i cocktails, la musica e la moda, con una sfilata di abiti della sarta Michela Eccelso e acconciature a cura dell’hairstylist Michela Spera. A seguire si ballerà con la musica di DJ Matthew presso la Bocciofila, dove un tempo sorgeva l’alambicco di distillazione.
Sabato si terranno letture e laboratori per grandi e piccini presso la Biblioteca, oltre che il Mojito Party con DJ Matthew e l’evento Conversazioni sulla Luna, una serata con osservazione astronomica del cielo e visita alla mostra “Dalla Terra alla Luna e ritorno?” – in collaborazione con l’associazione Magmax e l’Osservatorio Astronomico di Cerreto.
Domenica sarà la giornata cardine della festa con la fiera della menta e il paese invaso dalle bancarelle del mercatino. Sarà possibile girare in trenino per il paese, ma anche in pony; vi saranno giostre e giochi per bambini, musicisti e artisti di strada, il Gran Teatro dei Burattini dei Fratelli Niemen e l’immancabile banco di beneficenza. Nel pomeriggio potrete fare una sessione di biodanza al profumo di menta, oppure un corso e degustazione di birre artigianali, rilassarvi presso l’area relax e ballare latino americano con stage, animazione, esibizioni e tanta buona musica delle scuole astigiane Salsadura e Salsabor.
Per tutti e tre i giorni potrete visitare i musei e le mostre allestite.
LABORATORIO DIDATTICO CULTURALE PER IL TERRITORIO DEL MONFERRATO
Il Laboratorio didattico culturale per il territorio del Monferrato è uno spazio che intende creare cultura parlando delle peculiarità, dell’arte e dei personaggi più illustri del Monferrato. Il laboratorio permette di immergere letteralmente il visitatore nei boschi monferrini, di farlo volare sopra i coltivi e sugli andamenti sinuosi dei borghi sul crinale delle colline, di farlo entrare in ambienti e guardarsi intorno; tutto questo senza muovere un passo dalle sale del palazzo comunale di Piovà Massaia!
All’ingresso, il primo dei quattro grandi pannelli riassume che cosa e come potrà osservare nelle sale; la prima di queste dispone di dieci postazioni con oculus e visori multimediali che consentono una visione immersiva del nostro territorio: una esperienza suggestiva in cui il visitatore, stando seduto nella sua comoda postazione, accompagna nei boschi il Cardinale Massaja interpretato da padre Mario Durando e può volgere il suo sguardo intorno a sé, come se davvero si trovasse in quei luoghi. Nella stessa sala, puntando i vari QR code del pannello, legge ed ascolta la narrazione dei momenti significativi della vita del Cardinale sino alla partenza per l’Etiopia ed una sintesi dei suoi anni africani, immerso nell’ambiente selvaggio di quelle terre.
Nell’altra grande sala, a sinistra dell’ingresso, un terzo grande pannello illustra con lo stesso metodo dei QR code il territorio nei grandi temi delle permanenze e dei mutamenti rispetto al secolo di cui fu testimone Massaja e del possibile dialogo fra passato e futuro; il quarto ci accompagna in un percorso artistico fra le chiese romaniche visitabili in un giorno partendo da Piovà ed alcuni esempi di barocco alfieriano, dalla Parrocchia dei Santi Pietro e Giorgio ai palazzi nobiliari di Asti. Altre due postazioni consentono l’uno un viaggio virtuale fra i punti salienti di Piovà accompagnati dalle musiche del suo violinista Giovanni Battista Polledro, l’altro una riscoperta di quelle donne e di quegli uomini del Monferrato un tempo famosi ed ora quasi sconosciuti: qualche nome fra tutti? Ecco, i santi sociali, le donne partigiane, Giovanni Battista Polledro, Giuseppe Govone, Umberto Cagni, Giacomo Bove, Cosma Manera, Giovanni Pastrone.
Entrando invece in quello che un tempo era IL PALAZZO DEI MARCHESI RICCI E POI IN SEGUITO CINEMA PARROCCHIALE PIEMONTE, sarà possibile visitare le esposizioni:
LA SCUOLA DELLA MAESTRA CLARIN
Si tratta di un bellissimo viaggio nella scuola elementare degli ultimi cento anni, passando dalla maestra Clarin, figura storica per il paese di Piovà.
Quasi sempre la professione di insegnante si declinava al femminile perché nell’immaginario della società del ‘900 la donna, magari già mamma, appariva come la figura più adatta ad avviare bambini e bambine alla pubertà. C’era anche una ragione più pratica che, soprattutto nelle campagne, aveva a che vedere con una nascente società piccolo borghese: i maschi, con eccezione di qualcuno da avviare al sacerdozio, erano tradizionalmente destinati a dare continuità all’attività famigliare, in agricoltura come nella piccola imprenditoria, appena dopo aver ricevuto un’istruzione essenziale.
Clarin, Clara Bertorello, era nata nel 1897, quinta di sette figli di una famiglia di agricoltori benestanti. Diplomata maestra ad Asti, aveva iniziato a Piovà la sua professione e qui l’aveva conclusa dopo quarant’anni senza mai abbandonare quelle aule. Si dice che avesse rifiutato un promesso sposo per dedicarsi completamente alla scuola. Il suo mondo aveva confini precisi: erano i brevi lati di un triangolo che aveva per vertici casa, scuola e chiesa parrocchiale. Chi la ricorda percorrere gli spazi fra i banchi con passi impercettibili per sorprendere i disattenti ha ben presente anche il righello che teneva in mano, pronto a cadere inesorabile sulle loro dita.
L’applicazione della Legge Coppino del 1877 aveva imposto un’edilizia scolastica uniforme sul territorio del regno, ma poiché le spese per l’educazione continuavano a rimanere a carico dei Comuni, e così sarà fino al 1911, solo le città vi si erano potute allineare grazie a bilanci adeguati. I piccoli comuni avevano preso in affitto locali o avevano adattato ambienti di proprietà. Piovà aveva scelto il palazzo comunale, altri paesi vicini, il castello abbandonato dagli antichi proprietari.
Con una dovizia di particolari davvero meticolosa, l’allestimento narra com’era l’aula, attraverso i suoi elementi essenziali: il banco, la lavagna, i quaderni, i grembiuli, la radio, narrando i tempi e le attività: si passa così dall’intervallo, all’ora di educazione fisica, all’interrogazione, alla visita della direttrice e alla consegna della pagella. Di questa mostra è stato realizzato anche un catalogo.
GIOVANNI BATTISTA POLLEDRO: IL MUSICISTA RITROVATO
Un’esposizione che illustra la casa (ancora esistente in paese) e la vita di uno dei cittadini illustri di Piovà: il compositore che partendo da queste terre arrivò a suonare con Beethowen.
Nato a Piovà il 9 giugno 1781, Giovanni Battista Polledro viene affidato negli studi musicali prima al casalese Maurizio Calderara poi all’astigiano Gaetano Vay, che per tre anni e mezzo ne guida gli esercizi quotidiani, e poi ancora a Pietro Paris, effettivo della Cappella Regia di Torino. Ancora un breve periodo di apprendimento con il virtuoso violinista Gaetano Pugnani e il sedicenne Giovanni Battista è pronto per la prima esecuzione al Teatro Regio di Torino. Ma quando il re di Sardegna Carlo Emanuele IV deve lasciare Torino, spinto dall’occupazione francese, Polledro comprende che per un lungo tempo la città non sarà più quella di prima. A ventiquattro anni lascia il mondo conosciuto di Piovà e di Torino e inizia un lungo viaggio che lo porterà dal 1805 al 1810 a San Pietroburgo alla corte del principe Tatishceev. La fama raggiunta lo richiama presso l’aristocrazia di Bratislava, Varsavia, Vienna, Monaco e Karlsbad, dove esegue un concerto in duetto con Beethoven al pianoforte, Lipsia, Berlino, Praga. A Dresda rimane alla corte dell‘imperatore Federico Augusto di Prussia fino al 1821. E ancora fino ai suoi quarant’anni si sposta a Breslavia, Praga e nuovamente a Dresda. Con il rientro dei Savoia dall’esilio sardo, Torino cerca di rinascere. Polledro è così richiamato a corte da re Carlo Felice che gli affida la direzione del Teatro Regio. Passano dieci anni, Carlo Alberto succede a Carlo Felice, pur senza amare in ugual grado musica e teatro. Ma si stanno manifestando in Polledro i primi sintomi della malattia che lo perseguiterà fino alla morte: dopo essere stato insignito della carica onoraria di professore violinista all’Accademia di Santa Ceclia, nel 1845 Polledro è dispensato dall’incarico, perché colpito da quel “tremolo alle mani ed ai bracci” che gli impedisce di suonare e dirigere. Ha sessantaquattro anni quando, lasciato l’appartamento che gli era stato assegnato a Palazzo Reale a Torino, si sposta in altra abitazione in via delle Rosine e riprende, anche se non frequentemente, la strada di casa per occuparsi dei positivi risvolti economici della sua brillante carriera. Ed a Piovà muore il 15 agosto 1851.
PUCCINI
“Puccini” fu un film del 1953 diretto da Carmine Gallone che ebbe un grandissimo successo. La pellicola, girata a Cinecittà in co-produzione italo-francese, narra la biografia romanzata del noto compositore.
Con la fortuna di incontrare la figlia del produttore di questo film, Luigi Rovere, l’Associazione Fra’ Guglielmo Massaja quest’anno potrà esporre del materiale inedito e bellissimo, tra cui gli abiti originali e alcuni elementi di scena.
Il film narra la vita del compositore costellata di amori e sregolatezze, a partire dal periodo giovanile in cui, dopo essersi innamorato di Cristina che lo aveva aiutato a raggiungere il successo, convince Elvira, una mite ragazza di provincia, a seguirlo a Milano. Elvira gli dà presto un figlio e gli rimane vicina nonostante i suoi tradimenti. Cristina, divenuta ormai un famoso soprano, ricompare di nuovo nella vita del maestro e cerca di allontanarlo dalla compagna ma, dopo il trionfo de La bohème, spinto dalla riconoscenza verso Elvira, Giacomo decide di sposarla. Non per questo terminano le sue infedeltà e Elvira, sempre più sola, decide di separarsi dal marito. L’episodio del suicidio di una giovane domestica follemente innamorata di lui e il clamoroso insuccesso di Madama Butterfly sconvolgono la vita di Puccini: Elvira a questo punto si riconcilia con lui e gli rimane accanto assistendolo generosamente fino alla sua morte, avvenuta per una malattia incurabile che lo colpisce durante la composizione di Turandot.
C’ERA UNA VOLTA IL CINEMA…
L’allestimento vuole raccontare in modo semplice, ma curato e interessante, il passato dei cinema parrocchiali e in particolare di quello che sorgeva, dal 1930 al 1955, proprio in questi locali: il “Cinema Piemonte”. La sala è stata dedicata a Giuseppe Vianelli, ex Messo Comunale, purtroppo scomparso, che qui per tanti anni svolse il ruolo di cineoperatore.
“In molti paesi, subito dopo la guerra – aveva raccontato Vianelli in un’intervista – sorgevano questi cinema parrocchiali, con le sale ricavate negli spazi dell’oratorio, i sedili a tavoletta di legno, oppure a panche, come nel caso di Piovà, il fascio di luce del proiettore che sbucava da un foro nella parete sovrastando e sfiorando una selva di teste, un brusio continuo, i commenti ad alta voce, una colonna sonora che accompagnava la proiezione e poi, molto spesso, di colpo la sospensione per la rottura della pellicola… La televisione non era ancora arrivata nelle nostre case e il cinema era allora l’unico modo di guardare i film, soprattutto quelli americani, e di sognare ad occhi aperti…I film proiettati erano sempre gli stessi, non c’era la possibilità di cambiarli troppo sovente, per cui la bobina molte volte si rovinava e quando si spezzava, si era costretti ad aggiustarla, tagliandone qualche pezzo e cambiando così la trama del film o rendendolo meno comprensibile al pubblico, che si arrabbiava e fischiava. Per far fronte a questo problema, io m’inventai la soluzione di passare dell’acetone per unghie sulla pellicola… funzionava!”
La sala raccoglie numerosi cimeli dei cinema di quegli anni, in primis il vecchio proiettore, un Matador Reform 2 con gruppo illuminante del tipo “Saturn”, fabbricato nel 1926, un pezzo davvero significativo per quei tempi e per la storia del cinema. I visitatori sono particolarmente colpiti anche dall’ingresso, con la biglietteria originale con lo “scatolotto” che si illuminava per comunicare a che punto fosse il film, se al primo, al secondo, al terzo tempo o alla fine. Sono inoltre esposti alcune “pizze” di ferro con le pellicole originali, le locandine
dei film, tra cui quella di un grande classico, “Riso amaro”, con Silvana Mangano e Vittorio Gassman e quella di un altro film di cui tutti gli anziani del paese si ricordano, “Canto ma sottovoce”, una commedia del 1945 con la regia di Guido Brignone. Come era inevitabile, vi è anche la locandina del film “Abuna Messias” di Goffredo Alessandrini, girato nel 1939, che racconta le vicende della seconda missione etiopica dell’illustre frate cappuccino nato a Piovà, il Cardinal Massaia, e che avrebbe dovuto essere il più grande colossal dell’epoca, essendo stato girato in Africa e avendo vinto anche la Coppa Mussolini per il miglior film italiano presentato alla Mostra di Venezia, ma che le vicissitudini storiche invece hanno lasciato cadere nel dimenticatoio.
Al termine ci si potrà rilassare invece nel Giardino di Illeana, uno spazio fiorito meraviglioso.
DALLA TERRA ALLA LUNA E RITORNO?
Questa mostra è un’esposizione di immagini, oggetti, frammenti di meteorite e altri gadget che hanno a che fare con la luna, in collaborazione con l’associazione MAGMAX e l’Osservatorio Astronomico di Cerreto. La sua location è molto particolare, essendo la Chiesa di San Carlo, nel Cinquecento chiesa della Confraternita dei Battuti.
LA CARTA PARLA
Questa mostra raccoglie oggetti, dettagli e curiosità che si collegano al laboratorio del sabato pomeriggio. La fabbricazione di carta a mano, infatti, ha origini antichissime, è iniziata in Cina nel 105 d. C., poi si è diffusa in estremo oriente, successivamente nei paesi arabi e nel nord Africa; in Italia la produzione è iniziata nei primi anni del 1200 ad Amalfi (Salerno) e a Fabriano (Ancona). Il visitatore qui potrà scoprire tante cose interessanti che ancora non sa!