CURIOSITA’ NOVARESI 47. ANTICHE CHIESE NEI PRESSI DEL DUOMO: S. AMBROGIO, S. GOTTARDO, S. GIULIANO, S. CARLO GIA’ SS. IGNAZIO E FRANCESCO SAVERIO
Gli storici Barlassina e Picconi hanno scritto nel loro libro sulle chiese novaresi del 1933 che la chiesa di S. Ambrogio sorgeva nella piazza del Duomo, all’angolo di corso Vittorio Emanuele II (oggi via Fratelli Rosselli) con via Prina (nella foto l’area indicata), nel luogo occupato al loro tempo dai negozi Galtrucco e Oreficeria Rossini. La chiesa fu fatta costruire dal canonico Arnaldo, tesoriere del Duomo, che aveva disposto, nel suo testamento del 1091, che “con le molte sue sostanze venisse compiuta la chiesa, già incominciata, in onore di S. Ambrogio e fosse costituito un beneficio per il rettore della medesima da nominarsi dai rappresentanti del Capitolo della cattedrale”. Nel 1925 durante la demolizione delle vecchie case si poté osservare dai ruderi emersi che la chiesa era ad una sola navata, era lunga 12 metri e larga circa 8 metri. Col tempo le case di abitazione e le botteghe che vennero costruite intorno all’edificio religioso finirono per togliere aria e luce, tanto che il vescovo Pietro M. Ponzone, nella sua relazione della visita pastorale del 7 agosto 1592, annotava che la chiesa era “troppo umida e ristretta tra botteghe e case di laici” e disponeva di sconsacrare e vendere l’edificio, utilizzando il denaro ricavato per decorare una cappella del Battistero (S. Giovanni ad fontes), dove trasferire anche il titolo di S. Ambrogio. La disposizione del vescovo non venne però rispettata e la chiesa cadde il 15 dicembre 1645, trascinando nella sua rovina anche la casa civile di un certo Varotti.
La chiesa di S. Gottardo si trovava invece vicino alla Porta di S. Gaudenzio (ai tempi in cui la basilica di S. Gaudenzio era appena fuori le mura cittadine) nell’area dove poi fu costruito il Palazzo del Mercato (nella foto il luogo indicato) e quindi all’interno della cinta muraria. Annesso alla chiesa era un ospedale che nel 1482 venne unito a quello di S. Michele. La chiesa restò aperta al culto fino al 1808, quando fu profanata e ridotta ad officina.
- Giuliano era la chiesa annessa all’omonimo ospedale, che si trova già ricordato in un atto del 1225. La prima sede dell’ospedale era nel distretto della parrocchia della Cattedrale, in locali che si trovavano fra il vicolo della Canonica e la via Vittorio Emanuele (oggi via Fratelli Rosselli), precisamente dove, ai tempi di Barlassina e Picconi, vi era l’albergo S. Giuliano. L’ospedale fu concentrato con quello della Carità che, nei secoli, assorbì tutti gli ospedali cittadini minori, solo con Napoleone. Tale fusione ebbe una durata breve, dal 1810 al 1817. Quindi fu restituito all’Università dei Calzolai, che già da lungo tempo l’amministrava. La sede fu però trasferita presso l’antico ritiro delle Convertite, detto di S. Maria Maddalena, in quello che era, negli anni Trenta del secolo scorso, il Palazzo Zorzoli, in via Carlo Cerruti, dove rimase fino al 1905, cioè fino al trasferimento nelle sede successiva, nel complesso eretto sull’attuale baluardo Alfonso Lamarmora. La chiesa di S. Giuliano era di piccole dimensioni, con una sola navata, un solo altare e la facciata rivolta verso la via Vittorio Emanuele.
La chiesa di S. Carlo, alla quale dedichiamo un più ampio spazio per il suo rilievo storico, ma soprattutto perché ha segnato, pur con le sue trasformazioni, anche tempi decisamente più recenti, sorgeva invece fra il corso Carlo Alberto (ora corso Giuseppe Mazzini) e la via Vittorio Emanuele, oggi via Fratelli Rosselli (nella foto del 1903 della piazza Umberto I -ora piazza Matteotti- si può vedere, sulla destra, di fronte al Municipio, sul corso Carlo Alberto -ora corso Mazzini- sul lato opposto di Palazzo Natta, sede della Prefettura, la chiesa di san Carlo, che verrà sconsacrata pochi anni dopo), nel luogo che nella prima metà del Novecento era occupato dal Bar Portorico, luogo di ritrovo per Novaresi di ogni ceto ed età, e dal negozio La Fonte (così ricordano Barlassina e Picconi). In questo breve tratto di strada, che porta verso l’antica piazza delle Erbe (ora piazza Cesare Battisti), era presente, a quei tempi, anzitutto il Municipio, che vi è tuttora (Palazzo Cabrino), quindi di fronte, aperti nella chiesa sconsacrata, dapprima una sala biliardo e poi appunto il Bar Caffè Portorico. Nello stesso tratto vi era, sul lato opposto al Portorico, il cinema Eldorado (ora sede del negozio di Zara) e la tipografia Miglio, che già nell’Ottocento pubblicava libri sulla Città e la sua storia. Sulla via, tra il Municipio e l’attuale negozio di Zara, vi era poi la pasticceria Caffè Rossanigo, aperta fino a pochi mesi fa e importante luogo di ritrovo della Novara del tempo. Infine, più o meno davanti alla pasticceria Rossanigo e al vicino vicolo, alcuni ricordano che vi era stata anche la gioielleria Lenti-Ferraris.
La chiesa, per tornare al suo originario utilizzo, come scrive anche il Bianchini nel suo volume su “Le cose rimarchevoli di Novara” (edizione anno 1828), era piccola con tre navate e una facciata a lesene di ordine composito. Nella chiesa si trovavano due tele dipinte di particolare valore: una “Deposizione dalla Croce” del Crespi, detto il Cerano, e “Il martirio di S. Agnese” del Gilardini. La chiesa inizialmente apparteneva alla Compagnia di Gesù con l’annesso collegio e, con i Gesuiti, era dedicata ai SS. Ignazio e Francesco Saverio. Dopo la soppressione dell’Ordine avvenuta nel 1773, una parte del fabbricato con la chiesa annessa venne acquistato dal conte Gaetano Caccia e quindi ceduto al vescovo Marco Aurelio Balbis Bertone dalla contessa Maria Egiziaca Caccia nata Natta con atto del 15 marzo 1780.
Nel 1782 vi si stabilirono quindi i PP. Oblati dei SS. Gaudenzio e Carlo, trasferendosi dalla chiesa di S. Giacomo, che si trovava di fronte a Palazzo Barbavara, sul corso di Porta Sempione (oggi corso Cavour). Nel 1801 fu soppressa anche la Congregazione degli Oblati, ma la chiesa fu conservata in qualità di parrocchiale fino all’anno 1806 e poi profanata a seguito della riduzione delle parrocchie. Nel 1818 gli Oblati la riaprirono al culto, vi ripristinarono il collegio e vi restarono fino al 1840, quando si trasferirono alla chiesa di S. Marco. La chiesa di San Carlo Borromeo e prima ancora dei Santi Ignazio e Francesco Saverio è stata demolita solo una sessantina di anni fa, qualcuno dice esattamente nel 1963, e con la sua demolizione, oltre alla costruzione del nuovo palazzo (nella foto il nuovo palazzo), fu anche ampliato il corso tra il Municipio e l’Angolo delle Ore. Questa demolizione purtroppo è la dimostrazione di come ancora nel Novecento Novara abbia potuto “snaturare” le proprie radici architettoniche.
Perché la chiesa di San Carlo, che pare fosse collegata con un ponte al Palazzo vicino, doveva essere sconsacrata e trasformata in bar? Ma soprattutto perché doveva poi essere abbattuta per far posto a un moderno palazzo con portici ben diversi da quelli vicini di piazza Cesare Battisti e di via Fratelli Rosselli? Nell’ultima foto la chiesa appare già sconsacrata e trasformata nel bar Portorico, con la parziale trasformazione della parte superiore per darle forse un aspetto più “laico”, mentre il resto dell’edificio era rimasto come prima. Alle spalle della chiesa si intravvede la struttura piuttosto alta di Casa Stoppani, costruita su progetto dell’Antonelli nel 1840. Anche questo edificio fu abbattuto, quando venne deciso l’ampliamento della strada che correva tra le abitazioni e la Prefettura, che era piuttosto angusta. Nella foto si può notare anche il semaforo, perché a quei tempi la circolazione automobilistica (siamo negli anni Sessanta del XX° secolo) era consentita in ogni senso di marcia. La foto è scattata appena prima della demolizione avvenuta appunto, come si è detto, negli anni Sessanta del secolo scorso.
Enzo De Paoli