Chieri, Barbarossa, le torri e…i dossi
Una simpatica lettera anonima ricostruisce una storia lontana ma…attualissima.
I dossi tengono banco a Chieri, sui social e non solo. C’è chi protesta, chi insulta, chi (pochi, ma ci sono…) è favorevole. E poi chi ci ricama con leggerezza. Come l’anonimo lettore che ha inviato questa lettera alla redazione di 100torri.
“Egregio Editore,
mi duole informarla che, secondo uno scritto di anonimo fortuitamente reperito in uno scavo (nel mentre mi apprestavo metter a dimora un alberello di rosa), lei dev’essere inciampato in un falso storico.
La scelta di battezzar “Centotorri” la sua simpatica rivista nacque presumo da la narrazione delle cento torri distrutte da Barbarossa in un giorno di cattivo umore.
Ebbene…. si tenga forte…..secondo questo scritto anonimo e di difficile lettura -sul quale non assumo alcuna responsabilità ma umilmente riferisco- i fatti si svolsero in questo modo:
Correva l’anno 1155 quando il Federico I di Hohenstaufen (per gli sparuti amici Barbarossa) che si intendeva bene per combinar guai con lo vescovo Carlo, mosse su Chieri con l’intento di offrire un gelato alla sua armata.
Ivi giunto entrò nella villa murata con pacifiche intenzioni, e subito si ritrovò a sobbalzare con li suoi carri tra un dosso e l’altro, perso in sensi unici rivoluzionati e cantieri, tra mugugni delle truppe e incespicar di cavalli nelle buche.
Acciocchè supremamente alterato esclamò:
“Ma chi l’è quel pirlun che l’ha riempì de doss lo villaggio?”
Convocò quindi immantinente li responsabili de lo villaggio per chieder conto di cotanta corbelleria!
I poveri malcapitati, messi di fronte all’imponente figura di Federico, principiarono a balbettare sproloqui su cambiamenti climatici, sulla necessità di essere accoglienti e inclusivi con li fratelli Normanni, sulla costrizione di adottare carri euro7 ed altre castronerie di tal portata.
Sentito ciò ed alteratosi grandemente, senza interporre indugio, lo Barbarossa iniziò giustamente a radere a suolo la piangente cittadina.
Si narra poi che ripartendo verso casa, marziale sul suo destriero, voltatosi indietro a rimirar le rovine, pronunciasse con maligneria:
“Tĕ cun i to doss de merda non sarai mai più chi eri”
Secondo questi fatti quindi, non le rimane che destinare allo oblio lo titolo “Centotorri” in favore di uno storicamente più fedele:
“CENTODOSSI”.
Nel declinare paternità e maternità di tali notizie, la saluto cordialmente.”
Anonimo