CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. La tomba di Enrico Rampart nel Duomo

 

Roberto Toffanello e la pietra tombale del Rampart appena ritrovata

La pietra tombale del can. Enrico Rampart

Il sacerdote fiammingo Enrico Rampart giunse a Chieri attorno agli Anni Novanta del Quattrocento e visse in questa città per oltre cinquant’anni. Fu a lungo “sindaco” e “governatore” dell’ospedale dell’Annunziata, che ricostruì interamente insieme alla  cappella omonima. Nel 1462 la famiglia Diano, che nella Collegiata di Santa Maria della Scala (Duomo) possedeva la cappella di San Martino, lo nominò cappellano della stessa.  Attorno al 1483 entrò a far parte del Capitolo dei Canonici. Fu un grande benefattore della Collegiata.  Morto nel 1509, venne sepolto nella cappella di San Martino. La sua tomba è stata al centro di una curiosa vicenda. Nel 1622 i Diano rinunciarono alla loro cappella e acquistarono quella dei Tabussi dedicata a San Lorenzo (la penultima della navata destra guardando l’altar maggiore) che da quel momento assunse il titolo di entrambi i Santi, Lorenzo e Martino. Nella nuova cappella trasferirono anche la tomba del Rampart. Alla fine dell’Ottocento, in occasione del grande restauro del Duomo curato da Edoardo Arborio Mella, la tomba finì sotto il nuovo pavimento. Lo storico Antonio Bosio, che la vide prima che scomparisse, annotò che si trovava nella cappella dei Santi Lorenzo e Martino “…  nel pavimento dal lato dell’epistola verso la Cappella della Visitazione… coperta con una grossa pietra sulla quale era incisa l’arma dei Fiordaligi ed il nome Henricus Rampart in caratteri gotici. In quel coperchio vi era incastrato un anello di ferro”. Qualche decennio dopo un altro studioso, Bartolomeo Valimberti sostenne una cosa leggermente diversa: secondo lui la tomba del Rampart stava nella cappella della Visitazione, spostata verso quella dei Santi Lorenzo e Martino. Le due indicazioni non combaciavano perfettamente, ma nessuno sul momento dette importanza alla cosa. Ma quando, nel luglio del 2007, Roberto Toffanello, curatore dell’archivio del Duomo, d’accordo con il Parroco del tempo, pensò che fosse opportuno, vista l’importanza del Rampart nella storia del Duomo, riportarne alla luce la tomba, fu necessario individuarne la localizzazione esatta. Per non dover smantellare metri e metri di pavimento alla ricerca della tomba, Toffanello ricorse al metaldetector  dell’amico Luciano Basso. Lo strumento segnalò prontamente l’anello di ferro di cui (come aveva annotato il Bosio) era dotata la pietra. Fece togliere un paio di metri di pavimento e la tomba tornò alla luce nel punto esatto indicato dal Bosio. Protetta da una robusta lastra di vetro, la pietra è rimasta visibile, con la sua scritta in caratteri gotici “H. Rampart” , lo stemma dai tre fiordalisi e il provvidenziale anello di ferro.

Antonio Mignozzetti