CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. Duomo di Chieri. Una piccola, importante lapide
Nella cappella del corpus domini, situata a destra del Presbiterio, c’è una lapide di marmo bianco, delle dimensioni di cm 112 x 73, che riveste una certa importanza sia storica che artistica. Attesta che nel XVI secolo in questa cappella c’erano non uno (come ora) ma tre altari, appartenenti ad altrettante importanti famiglie chieresi: quello dei Costa (del quale non si conosce il titolo), quello dei Raschieri dedicato a Sant’Andrea e l’altare di San Luca appartenente ad Ottavio, Giovanni e Scipione Scoto. Questi tre fratelli erano figli di Agamennone Scoto, dottore “in utroque jure”, che nel 1460 dalla natia Monza era approdato a Chieri, della quale nel 1464 fu anche eletto Podestà. Alla sua morte, avvenuta il 1° aprile 1509, i figli lo seppellirono nella loro cappella, e sulla tomba apposero questa lapide che recita (per comodità del lettore, completiamo le abbreviazioni proprie del linguaggio lapidario): “DEO OPTIMO MAXIMO. AGAMENNONI SCOTO MODOETIENSI, CAESAREI JURIS ET PONTIFICII DOCTORI, CHERIUM SUMMO CUM HONORE COLENTI, FILII PIENTISSIMI POSUERUNT MDIX KAL APRILIS”, cioè: “ A DIO OTTIMO MASSIMO, E AD AGAMANNONE SCOTO, DI MONZA, DOTTORE DI DIRITTO CIVILE ED ECCLESIASTICO, CHE CON SOMMO ONORE HA DIMORATO A CHIERI, I FIGLI DEVOTISSIMI POSERO IL 1° APRILE 1509”. Ai lati dell’epigrafe compaiono due puttini alati, recanti gli stemmi degli Scoto (quello a sinistra) e dei Piossasco (probabile famiglia di provenienza della moglie di Agamennone) quello a destra. Quando, nel XVII secolo, la Compagnia del Corpus Domini acquisì questa cappella ampliandola e trasformandola radicalmente, preservò questa lapide sia in quanto ricordo di un importante personaggio sia per il suo valore artistico. Si tratta, infatti, di un fine lavoro attribuito a Matteo Sanmicheli, scultore di primo piano nel panorama artistico piemontese di primo Cinquecento. A Chieri gli sono attribuite anche altre opere, fra le quali il tabernacolo marmoreo, detto del SS. Salvatore, affisso alla parete sopra l’altare del transetto destro del Duomo.
Antonio Mignozzetti