CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. Il rinascimentale tabernacolo marmoreo del  SS. mo Salvatore

Sopra l’altare del transetto destro del Duomo di Chieri, detto anche “cappella del SS. mo  Salvatore”, campeggia un grande tabernacolo di marmo, stupendo manufatto cinquecentesco carico di storia e di mistero.

La sua collocazione attuale è il risultato di vari spostamenti. Al tempo della visita apostolica di mons. Angelo Peruzzi (1584) il tabernacolo si trovava sopra un altare addossato alla parete sinistra del presbiterio e vi si conservava l’Eucaristia. Mons. Peruzzi “… notò che non era possibile accedere al Sacramento se non in modo poco dignitoso e anche molto scomodo… “.  Perciò dispose che per conservare il SS. mo Sacramento “… si provvedesse un tabernacolo di legno di forma conveniente…  da collocarsi e mantenersi in perpetuo sopra l’altar maggiore”. Evidentemente, quando tale disposizione venne attuata, il tabernacolo di marmo diventò inutile, tanto che venne trasferito nell’abside con funzione puramente decorativa, e vi restò per  tre secoli, fin quasi alla fine dell’Ottocento.

Negli anni 1874-80, in occasione dei restauri generali del Duomo, il responsabile degli stessi, il conte Edoardo Arborio Mella, ritenne che, per rispettare i canoni dello stile gotico, era necessario trasferire nell’abside il coro ligneo quattrocentesco che fino ad allora era stato, secondo lui in modo improprio, alle spalle dell’altar maggiore, con gli stalli aderenti alle pareti laterali, dieci per parte. Il tabernacolo marmoreo, perciò, dovette farsi da parte e lasciare il posto agli stalli del coro. La sua nuova sistemazione fu sopra l’altare del transetto destro, dove si trova tuttora.

Il problema di chi sia l’autore della preziosa opera scultorea è da sempre al centro di una controversia che a tutt’oggi non ha avuto una soluzione definitiva. Due sono le opinioni che si contrappongono: c’è chi lo ritiene opera dello scultore Antonio Trucchi di Beinasco, e chi lo attribuisce all’artista veronese, di origini luganesi, Matteo Sanmicheli, che a Chieri vanta anche altre opere. I primi sono convinti che si tratti del famoso tabernacolo che l’artista di Beinasco eseguì nel 1459 per il Duomo di Torino per custodirvi l’Ostia del miracolo accaduto il 6 giugno 1453 e che, rimosso in occasione dei restauri che quella chiesa subì nel 1492,  in qualche modo sia arrivato a Chieri. I secondi ritengono che si tratti di un’opera scolpita appositamente per il Duomo di Chieri.

Non è nostra intenzione tentare di risolvere il dilemma. Di questa preziosa opera ci basta sottolineare l’eleganza dell’insieme e la finezza tutta rinascimentale di ogni figura e di ogni scena (Cristo Risorto, l’Ultima Cena,  la Crocifissione, di nuovo due scene dell’Ultima Cena ai lati della portina, il corpo esanime di Cristo nel sepolcro e, “fuori campo”, due Angeli e i Santi Giuliano e Basilissa).

 

Antonio Mignozzetti