CURIOSITA’ NOVARESI 64. LO SVILUPPO DELLA CITTA’ DAL “MONTICELLO” AI GIORNI NOSTRI
Il centro storico della Novara dei nostri giorni corrisponde più o meno all’area dove dalle origini (forse addirittura da un primo abitato celtico) è sorta e si è sviluppata la Città. Al tempo dei Romani si sviluppava intorno al luogo dove il “cardo” e il “decumano” si incrociavano. “Cardo” e “decumano” erano infatti le due vie principali dell’impianto romano: il “cardo” corrispondeva all’asse Nord-Sud degli attuali corsi Cavour e Mazzini e il “decumano” all’asse Est-Ovest degli attuali corso Cavallotti e corso Italia. Certo l’abitato a quei tempi e anche molti secoli dopo doveva avere un aspetto completamente diverso da quello attuale.
Basti pensare, come sottolinea anche lo storico Dorino Tuniz in un suo scritto, che ancora nel 1300 il notaio e storico novarese Pietro Azario, trattando della Città, la descrive come un centro di non grandi dimensioni posto sopra un “monticello”, cioè sopra un’altura di modeste dimensioni.
Certo se dovessimo descrivere oggi il centro novarese ne parleremmo in termini certamente diversi, avremmo anche qualche difficoltà a individuare l’altura citata da Azario, perché non siamo più così abituati a percorrere vie e strade a piedi, come invece succedeva a quei tempi, fatto che non ci consente di notare caratteristiche e particolari che non sfuggivano invece ai Novaresi di allora.
Sappiamo che Novara è collocata su un terrazzamento, la cui altezza sul livello del mare è di circa 162 metri, ma è comunque difficile individuare il “monticello” e i dislivelli di alcune strade sono spesso attribuiti a ciò che resta dei baluardi spagnoli. Certo vi sono vie e vicoli che essendo in leggera salita conducono a punti della Città più elevati, basti pensare ad esempio a vicolo Monte Ariolo (nella foto) o a via Gaudenzio Ferrari.
Quando nel 1553, al fine di fortificare la Città con i baluardi e di renderla decisamente più difendibile, viene deciso dagli Spagnoli l’abbattimento dei borghi esterni alle mura, i rappresentanti della cittadinanza novarese tenteranno inutilmente di farli desistere dal loro intento, facendo presente che l’intera città ne sarebbe risultata danneggiata sia in termini economici che di popolazione. Così infatti avvenne tra il XVI e il XVII secolo. Dai 10.000 abitanti di fine Cinquecento si passò ai 3.800 del 1630 e non fu certo solo colpa della peste che aveva fatto solo (si fa per dire) 588 vittime. A Novara erano rimasti pochi artigiani, ma molti soldati della guarnigione del Castello e molte chiese e conventi di ordini religiosi, che spesso, avendo dovuto lasciare i loro edifici dei sobborghi prima dell’abbattimento, si erano trasferiti all’interno della cerchia delle mura. Una pianta di Novara del 1726, pochi anni prima che la Città passasse dal Ducato di Milano ai Savoia, documenta la presenza di quasi 30 complessi tra chiese e monasteri.
Di quelle chiese ne restano oggi aperte al culto una decina. Il resto o è stato interamente abbattuto oppure pesantemente rimaneggiato e trasformato, così da
non consentire più di riconoscere le costruzioni originarie. Tuttavia la memoria di molti di questi complessi è rimasta a volte nel nome di alcune vie del centro storico. E’ il caso dei vicoli San Giacomo, San Nicola, Santo Stefano, Santo Spirito, Santa Chiara, che ricordano l’area in cui sorgevano le quattro chiese omonime e il monastero di Santa Chiara. Quest’ultimo occupava quasi tutta l’area tra le attuali vie Antonelli, Gaudenzio Ferrari, Dolores Bello e appunto vicolo Santa Chiara.
Da largo Cavalli sono invece ancora visibili alcune strutture dell’antica chiesa di San Francesco, come si vede nella foto (i locali dell’attuale ristorante pizzeria con entrata in corso Cavallotti sono parte dell’antica struttura); i Francescani si erano infatti
qui trasferiti a seguito della demolizione del loro convento di San Luca che si trovava vicino al Castello, demolizione avvenuta alla metà del Trecento per rafforzare la struttura dello stesso Castello.
Da largo Cavalli, proseguendo per corso Cavallotti, all’angolo di via dell’Archivio, incontriamo poi l’attuale sede dell’Archivio di Stato (nella foto) che utilizza, assieme al Liceo Artistico, quanto resta della chiesa e monastero di Santa Maria Maddalena. Accanto all’area di questo antico complesso vi era la chiesa di San Maiolo (ora presumibilmente inglobata nel complesso del Liceo Artistico) e il monastero con la chiesa di Sant’Agostino (nella foto), che si affaccia su via Greppi. L’area del monastero di S. Agostino corrispondeva approssimativamente a quella attuale del Convitto Nazionale Carlo Alberto, tra via Greppi, via dell’Archivio e baluardo Partigiani.
Enzo De Paoli