PERSONAGGI NOVARESI 1. GIUSEPPE RAVIZZA E IL CEMBALO SCRIVANO

Una nuova rubrica dedicata ai personaggi che nei secoli si sono particolarmente distinti e meritano quindi di essere ricordati e con loro le epoche in cui hanno vissuto.

 

Giuseppe Ravizza

Inizia con questo articolo, dopo l’esperienza di “Curiosità novaresi”, una nuova rubrica di storia locale novarese, che avrà una periodicità bisettimanale, dedicata ai personaggi che nei secoli si sono particolarmente distinti e meritano quindi di essere ricordati e con loro le epoche in cui hanno vissuto.

Passeggiando per il centro storico capita spesso di passare per via Ravizza, a lato del palazzo del mercato. La targa della via, già contrada del mercato, indica come la stessa sia dedicata a Giuseppe Ravizza (nella foto una sua immagine), storico e inventore del cembalo scrivano, nato nel 1811 e morto nel 1885 (pare che proprio in questa via il Ravizza lavorò e concepì la sua invenzione e qui, sotto il portico del Palazzo del Mercato, come si vede in altra foto, è murata una lastra marmorea che ricorda l’uomo e il suo operato). Non molti sanno che proprio a lui si deve l’antenata della notissima macchina da scrivere, che volle chiamare appunto “cembalo scrivano”.

Nato a Novara il 19 marzo 1811, si laureò in giurisprudenza all’Università di Torino, ma la meccanica era la sua grande passione.  Dopo la laurea svolse per qualche anno la professione di avvocato a Novara e di sindaco a Nibbiola (dal 1848 al 1854), dove a quei tempi risiedeva nella casa ereditata dalla madre. Il 20 dicembre 1854 presentò però le sue dimissioni da sindaco del comune per tornare stabilmente a Novara, dove era già consigliere municipale, direttore delle Scuole Canobiane e amministratore del Monte di Pietà.

Fu in quel primo periodo che venne a sapere che l’ingegner Pietro Conti di Cilavegna (1796-1856) stava progettando una macchina in grado di scrivere meccanicamente. Dopo l’incontro con Pietro Conti (tra il 1832 e il 1833), nel 1835 allestì un laboratorio in casa, cominciando anche lui a progettare una macchina di quel genere.

Cembalo scrivano

Realizzò molti modelli di macchine per scrivere (il primo nel 1837) e nel 1855 ne presentò un tipo (con 32 tasti) all’Ufficio Centrale Brevetti di Torino, che gli rilasciò un attestato di privativa industriale, per quello che lui chiamò, come si è detto, “cembalo scrivano”, una vera macchina da scrivere a tasti (nella foto), così chiamata per la forma dei tasti simili a quelli dello strumento musicale (per il suo prototipo utilizzò infatti i tasti di un pianoforte). Nel 1858 ne presentò una versione definitiva all’Esposizione Industriale di Torino e ad una mostra a Novara del 1856 ricevette anche un ambito premio. All’Esposizione purtroppo gli acquirenti furono pochi, infatti il “cembalo scrivano” non ebbe anche in seguito la fortuna commerciale sperata.

Nel 1868 però l’americano Christopher Latham Sholes (1819-1890) brevettò, per conto della Remington, una macchina da scrivere che si basava su principi simili a quelli della macchina del Ravizza. Il “cembalo scrivano” tra l’altro aveva dei congegni in più, come la possibilità di ottenere, secondo l’esigenza, le lettere minuscole o maiuscole. Tuttavia, entrata in produzione nella fabbrica Remington, nel 1874, la nuova macchina fu lanciata con grande successo sul mercato degli Stati Uniti e due anni dopo arrivò anche in Europa, anche qui con grande successo.

Trasferitosi a Livorno nel 1873, Ravizza poté vedere, con amarezza, alcuni esemplari della macchina Remington, che muoveva dagli stessi principi della sua. Egli volle tuttavia ancora sviluppare il suo “cembalo scrivano” e nel 1883 brevettò, insieme al genovese Carlo Fantoni, un nuovo modello “a scrittura visibile”. Fino ad allora la macchina non consentiva di vedere quello che, di volta in volta, veniva scritto, in quanto il telaio portacarte nascondeva il foglio di scrittura alla vista di chi scriveva, cosa che le macchine di Remington non potevano fare (in quanto la prima macchina a scrittura visibile in commercio sarebbe stata realizzata nel 1898 dalla compagnia statunitense Underwood). Tuttavia il “cembalo scrivano”, anche così migliorato, non trovò in Italia il contesto necessario alla sua trasformazione in prodotto industriale.

Lastra marmorea dedicata a Giuseppe Ravizza

Già anziano, Ravizza realizzò anche la costruzione di un telaio meccanico per tessuti, che venne presentato all’Esposizione Nazionale di Milano del 1881. Morì a Livorno il 30 ottobre 1885, mentre le macchine Remington venivano vendute in tutto il mondo.

La produzione industriale di macchine da scrivere venne invece avviata in Italia da Camillo Olivetti nel 1908. Lo stesso Olivetti nel 1927 dichiarò che tutti i principi meccanici di una moderna macchina da scrivere si trovavano già applicati nel “cembalo scrivano” di Ravizza.

Inoltre nel 1940 il Podestà di Ivrea, per conto della Società Olivetti, ha donato al Museo civico di Novara un modello del “cembalo scrivano” di Giuseppe Ravizza, con tutti i brevetti che documentavano la priorità dell’illustre novarese nell’invenzione della macchina da scrivere.

E’ comunque opportuno ricordare che Giuseppe Ravizza non fu però solo un inventore. Si occupò anche di studi storici e filologici e nel 1878 fu pubblicata la sua traduzione italiana commentata dell’opera “Novaria sacra” del vescovo Carlo Bascapé, originariamente edita in latino nel 1612.

Enzo De Paoli