PERSONAGGI NOVARESI 4. CAIO ALBUCIO SILONE, AVVOCATO ED ORATORE DELL’ANTICA ROMA
Tra i personaggi storici novaresi dell’antichità romana (nelle foto resti delle mura romane cittadine) è certamente da ricordare Caio Albucio Silone (Silo) che fu magistrato a Novara, ma raggiunse la fama non per la sua carica municipale assunta in gioventù, ma per le sue doti di avvocato e soprattutto di oratore, di cui diede dimostrazione a Roma.
Nacque tra il 58 e il 53 a.C. a Novara, dove frequentò la scuola di retorica, diventando in seguito avvocato. A Novara fu quattuorviro (una sorta di assessore si direbbe ai nostri giorni), con compiti nell’edilizia e nei lavori pubblici. Doveva quindi occuparsi di costruire e conservare strade, acquedotti ed edifici pubblici.
Maltrattato da alcuni suoi concittadini durante una sua orazione in tribunale, lasciò Novara e arrivò intorno al 30 a.C. a Roma, dove fu aiutato da Munazio Planco e divenne avvocato e soprattutto oratore famoso, oltre a fondare una scuola di declamazione, grazie appunto alle sue capacità declamatorie. Seneca scrive di lui e ci dice che egli parlava raramente in pubblico, preferendo parlare in riunioni private, alla presenza di poche persone e di lui precisa che era uomo di grande onestà.
Così scrive di lui nel suo consistente volume “Storia di Novara” lo storico Francesco Cognasso (Libreria Lazzarelli Novara 1971, rieditato da Interlinea Novara 1992): “…Svetonio ricorda le caratteristiche della sua eloquenza: ‘declamabat genere vario, modo splendide atque adornate’. Seneca ci dice che Albucio non parlò in pubblico più di cinque o sei volte; parlava in riunioni private dove poche persone riuscivano ad essere ammesse. Incominciava a parlar da seduto quando il calore del discorso lo trasportava, allora si alzava… Era un declamatore inquieto, tormentato, che temeva sempre di aver parlato male… Non aveva molta fiducia nelle sue capacità, perciò era portato a cambiamenti continui… Era un uomo di grandissima probità, non era capace né di fare né di subire nessun torto”.
Da Roma Caio Albucio si trasferisce poi a Milano (dal 15 al 16 d.C.), dove riscuote ugualmente successo. Appare critico verso il nuovo governo imperiale, lamentando la scomparsa dell’antica repubblica romana. Infine, vecchio e malato, tornò a Novara, dove, imitando gli stoici, decise di lasciarsi morire di fame. Prima però volle parlare un’ultima volta ai suoi concittadini, spiegando loro i motivi che l’avevano portato a questa decisione (intorno al 20 d.C.).
Caio Albucio Silone fu autore di alcune opere di retorica su come organizzare le accuse e le difese, utilizzando, quando necessario, cioè secondo le circostanze, diverse parlate e toni di voce. Egli è raffigurato in un affresco, originariamente dipinto su un muro della casa della famiglia Canobio, in piazza Cesare Battisti, poi divenuta nei secoli sede delle prime scuole novaresi (la casa dietro l’edicola, dove si trovano attualmente un bar e la farmacia Vescovile). L’affresco (nella foto) è ora collocato nel salone Arengo del Broletto di Novara. La Città di Novara gli ha dedicato una via nel 1926.
Enzo De Paoli