PERSONAGGI NOVARESI 6. GIOVANNI VISCONTI VESCOVO E SIGNORE DI NOVARA

Giovanni Visconti

Nella prima metà del XIV secolo Novara annovera una serie di podestà milanesi o viscontei; è in questo contesto che Giovanni Visconti (nella foto), dimenticando legami politici e di parentela, dopo essersi assicurato l’appoggio papale, diventa vescovo di Novara nel 1332; riesce a fare prigioniero Calcino Tornielli, che ne disturbava il potere, causando con ciò anche la fuga del fratello Robaldone. Subito dopo egli si fa proclamare conte di Novara e viene riconosciuto “dominus generalis” della città.

Il Comune di Novara, che era nato da una signoria episcopale feudale, diventava nuovamente signoria episcopale anche se con caratteristiche diverse.

Giovanni Visconti, nato nel 1290, era figlio di Matteo I e di Bonacossa Borri. Dedicatosi fino al 1316 alle armi, entrò poi, per volere del padre, nella vita ecclesiastica. All’atto dell’accordo di Azzone Visconti con l’imperatore Ludovico il Bavaro, nel gennaio 1329, fu dall’antipapa Niccolò V creato cardinale, legato di Lombardia e amministratore dell’arcivescovado di Milano; poco dopo, per ottenere l’assoluzione, concessa dal papa ai Visconti nel settembre 1329, depose questi uffici e quindi fu creato vescovo di Novara dove, come si è detto, fu eletto anche signore.

Castello di Novara

Nell’agosto 1339 fu poi eletto dal clero milanese arcivescovo di Milano (elezione approvata però dal papa solo nel 1342). Sempre nel 1339, dopo la morte di Azzone, con il fratello Luchino, divenne signore di Milano, ma finché visse il fratello non intervenne nel governo. Morto Luchino (1349), Giovanni ne spodestò il figlio Luchino Novello e richiamò i nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò, nipoti che Luchino aveva allontanato, facendo riconoscere loro il diritto di successione dal Consiglio generale.

Giovanni attuò sostanzialmente una politica estera di pacificazione e, malgrado gli impegni politici, si occupò molto del suo ufficio ecclesiastico, con numerose fondazioni pie e riforme della vita del clero.

In politica estera, continuando l’opera di Luchino, impostò un programma ambizioso di dominio

Stemma del Castello di Novara visconteo-sforzesco

sull’Italia settentrionale e centrale. Volle la pace con Genova, con i Gonzaga, con il Monferrato e con i Savoia. Nel 1350 si fece cedere Bologna per 200.000 fiorini dai figli di Taddeo Pepoli, riuscendo poi a far fronte alla reazione del papa, che dapprima lo colpì con scomunica e interdetto (1351), ma alla fine (1352) gli concesse l’assoluzione dalla scomunica e il vicariato della città. Nel 1353 Giovanni ottenne la signoria di Genova, vinta in mare da Venezia e premuta per terra dagli esuli.

Quando assunse l’arcivescovado di Milano, lasciò la carica episcopale di Novara, ma non quella di signore e conte, che aveva sempre tenuto distinta. A Novara peraltro pare non avesse mai soggiornato a lungo, preferendo la vita di Milano, anche se completò la costruzione del Castello (nelle foto), aggiungendo edifici residenziali.

La città era nelle mani di podestà fidati, parenti o amici, sotto i quali la vita del comune scorreva tranquilla, controllata com’era dalle compagnie di ventura al comando del podestà e dei capitani viscontei. Per raggiungere una pace duratura Giovanni aveva stabilito che le due fazioni cittadine dominanti e in lotta, dei Tornielli e dei Brusati, fossero entrambe coinvolte, in parti eguali, nell’amministrazione: nel consiglio privato, così come nel gruppo dei consoli di giustizia e in ogni altra carica del comune. Giovanni morì nel 1354, lasciando gli estesi domini ai tre nipoti eredi: Matteo, Bernabò e Galeazzo.

Novara, assieme a Vercelli, Alessandria, Asti, Alba, Tortona, Vigevano, Como e altre terre fece parte della signoria di Galeazzo. A Bernabò spettarono invece le città della Lombardia orientale e a Matteo Lodi, Piacenza, Parma, Bologna e le terre dell’Oltre Po. Con la morte di Matteo, avvenuta poco dopo, i due fratelli rimasti si ripartirono le sue terre e a Galeazzo spettarono ancora Piacenza, Bobbio e Monza.

Con Galeazzo II la terra novarese fu divisa in quattro zone ai fini dell’estimo dei beni catastali: il Ticino, l’Agogna, la Sesia e l’Inferiore.

Con deliberazione del Commissario Prefettizio nel 1926 venne intitolata a suo nome, nel borgo di S. Agabio, la via che precedentemente portava il nome di “Strada del Molino Diana”.

Enzo De Paoli