CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. La chiesa di San Giorgio: forzata soluzione delle controversie

Curiosamente, il superamento dei dissapori fra il Rettore della chiesa di San Giorgio e i Frati Francescani Osservanti che dal 1531 si erano stanziati nei suoi pressi fu reso possibile dalla soppressione della Compagnia di GesĂą avvenuta nel 1773 per decreto del papa Clemente XIV.  In seguito a quell’evento, i Gesuiti residenti a Chieri dovettero abbandonare la monumentale residenza che si erano costruita nell’arco di un secolo e mezzo. Rimasto vuoto, quel grande complesso faceva gola a molti. Ad  avere la meglio fu il Ministro Provinciale dei Frati Minori Osservanti, padre Celestino Giardi di Sciolze, il quale il 24 settembre 1774, dal Vescovo di Torino mons. Rorengo di RorĂ  e dal Ministero dell’Interno che ne era diventato proprietario ottenne di potervi trasferire i suoi confratelli del convento di San Giorgio di Chieri. La convenzione per la cessione fu firmata il 7 gennaio 1775. Il 10 febbraio venne firmato l’atto di immissione in possesso. “In tre giorni – racconta con compiacimento una cronaca – piĂą di 200 carri di mobili, legni, fieno si sono trasportati, e dopo il terzo giorno tutti li Religiosi furono nel nuovo convento alla stanza destinata…”.

Invece, le controversie fra il Cappellano di San Giorgio e il Capitolo della Collegiata terminarono qualche decennio dopo, con l’invasione del Piemonte da parte dell’esercito rivoluzionario francese e in un certo senso grazie a quella. A livello sia centrale che locale, infatti, i nuovi padroni imposero le loro regole non solo in ambito civile ma anche in quello religioso. A Chieri giunsero ad immaginare una nuova organizzazione ecclesiastica, che contemplava l’istituzione di quattro parrocchie (cosa mai realizzata). Nell’aprile 1799, su sollecitazione della Prefettura, la Municipalità giacobina fece valere il suo peso per convincere il Capitolo della Collegiata e il Rettore di San Giorgio a trovare una soluzione alle loro tradizionali vertenze. Il Capitolo non poté dire di no. Al Rettore  di San Giorgio, don  Emanuele Borelli, simpatizzante per il nuovo regime e da esso ricambiato (abbiamo già accennato al fatto che fu più volte eletto Consigliere municipale), non sembrò vero che la faccenda si potesse finalmente risolvere e brigò per fare in modo che ciò avvenisse come piaceva a lui. L’11 Floreale dell’anno VII (30 aprile 1799), con strumento rogato Biglione, il Capitolo della Collegiata e don Borelli stipularono  una convenzione che fissava i rispettivi diritti e doveri. Per prima cosa, alla cura di San Giorgio veniva concesso l’uso del fonte battesimale, praticamente sancendo la separazione della parrocchia di San Giorgio da quella del Duomo. Don Borelli, però, non si rendeva conto (o se ne rendeva conto ma non gli importava) che con quell’episodio l’Autorità civile affermava il suo diritto a intervenire anche in materia religiosa. Cosa che, infatti, con il regime napoleonico diventò prassi.    

Antonio MignozzettiÂ