CHIERI. SORPRESE DI ARTE E DI STORIA. Il monastero di Sant’Andrea: la distruzione della seicentesca cappella del giardino
A proposito del monastero di Sant’Andrea, tutti sappiamo della chiesa progettata da Juvarra e distrutta nel 1811.
Pochi sanno che in mezzo al giardino c’era un’altra chiesa, più antica e più piccola, ristrutturata nel Seicento in meraviglioso stile barocco.
Acquistata dall’ebreo torinese Todros, era sopravvissuta alla prima ma nel 1833 subì la stessa sorte.
Questo il racconto costernato che della sua distruzione fa lo studioso chierese G. B. Gioacchino Montù:
“Cappella interna e 4 giornate di giardino circa, proprie dell’ebreo Todros… Belli ornati di stucco e oro e pitture: 4 Evangelisti, misteri della Madonna, S. Anna. L’incona di legno dorato (vi era San Bernardo, San Carlo, le nicchie con statue ecc.)… Non so se… per suggestione del diavolo, questo ebreo… che prima godeva certa stima per Chieri, ma ora non la merita più un’acca, fece incominciare la demolizione di questa cappella sorprendente e magnifica, composta di tre altari e sopracarica di ornati a stucco ed oro buono, con pitture forse di Taricco (1667)… Sono dunque stato io… spettatore, pur troppo, di questa demolizione che si fa dai due mastri da muro Giuseppe Lautier e Tommaso Scalero… La lanterna era tutta di legno ricoperta di latta a scaglie, con la croce di ferro sopra una base di piombo. Ogni puttino calato era il carico di un uomo… Tutto di gesso massiccio: io stesso ne feci la prova di alzarne uno da terra, ma inutilmente. E sono trenta questi puttini, più una decina circa di mezzi puttini tutti sparsi qua e là nella volta e negli angoli della cappella, conficcati a grossa caviglia di ferro dentro il muro. Nei quattro angoli erano quattro scudi dorati ovali e tutti di gesso massiccio, con ornati e testo scritturale nel mezzo. In uno di questi…, che stava nell’angolo in cornu epistole verso il bastione, giacché la faccia della cappella sta rivolta verso la distrutta chiesa, ossia verso la via maestra, che va alla porta nuova, ho scoperto, ossia mi fu mostrata dagli stessi muratori, la data incavata al di dietro: 1703… Detta cappella era tenuta da ebreo, vale a dire profanamente, tenendovi dentro il giardiniere fieno, badili, zappe bigoncie e verdura ecc. Non pericolava … E non so capire come, avendola conservata tanti anni il detto ebreo, amatore di belle arti, di musica ecc. e ricchissimo, e senza bisogno di trar partito da essa cappella, non so dico capire il motivo per cui ora siasi disposto a farla demolire … Che disgusto e che rammarico per un chierese stato testimonio di tanti così bei monumenti in piedi, ed ora testimonio a vederli diroccare per terra!… Dio vede e non provvede: provvederà quando stimerà. Maledetti destructores! Se non sotto l’oggetto di cappella, almeno sotto l’oggetto d’arte doveva conservarsi tale cappella …”.
Montù racconta anche di aver saputo che Juvarra, nel progettare la chiesa grande, si era ispirato a questa: “Lo Juvara, entrato nel vecchio monistero, e vista la superba cappella interna, da essa ne concepì l’idea della chiesa nuova! Tanto gli piacque quella cappella”.
Antonio Mignozzetti
(3 – Continua)